Dop Economy: il settore tiene e supera la contingenza straordinaria

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È un 2020 con diverse sorprese quello che emerge dal XIX Rapporto Ismea-Qualivita, con crescite per il Sud. Conflitto sulle nuove normative europee

“Il modello delle dop e igp a filiera corta è efficace anche in un momento straordinario come è stato quello della pandemia”. Sintetizza così il direttore generale Fondazione Qualivita, Mauro Rosati, i risultati fotografati dal XIX Rapporto Ismea-Qualivita sulla Dop Economy.
Un calo del 2% nel 2020 che mantiene integro sostanzialmente il valore alla produzione di 16,6 miliardi di euro grazie al lavoro svolto da 200.000 operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino. Un settore che rappresenta il 19% del fatturato totale dell'agroalimentare italiano e innalza il valore del made in Italy nel mondo. Il comparto alimentare dop igp vale 7,3 miliardi di euro alla produzione e il vitivinicolo raggiunge 9,3 miliardi di euro.

Stabile l'export (-0,1%) con 9,5 miliardi di euro, pari al 20% delle vendite totali fuori dall’Italia.

Si tratta di un risultato importante, in cui viene compensato il calo collegato alla pandemia nei mercati extra-UE, con una crescita delle esportazioni verso destinazioni europee.
Il valore complessivo è frutto anche di un andamento diverso fra i due comparti: il cibo con 3,92 miliardi di euro registra un incremento del valore esportato del +1,6%, il vino con 5,57 miliardi di euro mostra un calo del -1,3%.
“Il sistema italiano delle Indicazioni Geografiche è tra i migliori al mondo, un sistema che ha introdotto il valore la qualità all’estero e ha resistito alla pandemia; bisogna quindi portarlo avanti all’insegna della sostenibilità economica, sociale e ambientale, difendendolo dagli attacchi normativi europei” afferma Cesare Mazzetti, presidente della fondazione Qualivita.

Reazione inconsueta

Un mondo da difendere, composto da 841 riconoscimenti che ha reagito all’impatto Covid sul valore di produzione in modi inconsueti. I formaggi sono calati del 7,8%. Ad esempio, a giugno 2020 il parmigiano reggiano segnava un preoccupante -31%. Altri settori, come quello ortofrutticolo, hanno invece registrato importanti crescite (+26,9%) trainati da exploit come quello dell’arancia rossa di Sicilia, richiesta dai consumatori in cerca di vitamina C.
A fronte della chiusura del canale Horeca le vendite al dettaglio hanno vissuto grandi incrementi, ma soprattutto in alcuni settori come le vendite a peso fisso nella GDO che sono cresciute del 9,7% e sono continuate a crescere nei primi mesi del 2021 dell’1,7%.

Il peso del modello

Ovunque esistono prodotti IG nella Penisola. Tutti i 7904 comuni italiani hanno almeno un prodotto a indicazione geografica che svolge un suo ruolo nel territorio anche economico poiché il 70% dei comuni hanno almeno un operatore che lavora in questo settore.

La ricerca evidenzia anche il peso nel territorio del modello di produzione dop e igp. Il 20% degli operatori dell’agroalimentare sono coinvolti in questo settore e anche se sembra che in cima alle classifiche di produzione svetti il Nord, l'area "Sud e Isole" segna un incremento complessivo del valore rispetto all'anno precedente del +7,5%, soprattutto grazie a Puglia e Sardegna.
Come sempre le prime dieci indicazioni geografiche rappresentano il 77% del valore prodotto (ma una volta superava l’80% quindi ci sono progressi nella distribuzione produttiva). Le prime 10 province producono il 64% del food e il 57% del vino.
“Tuttavia il valore è estremamente diffuso e radicato in Italia tra Nord e Sud” osserva il dirigente ISMEA. Fabio Del Bravo. Infatti, se prendiamo le superfici destinate a IG del mondo food, Toscana, Sicilia e Puglia sono le regioni più importanti. Se si considerano le regioni destinate a produzioni vitivinicole, le prime sono Veneto, Sicilia, e Toscana. Per quanto attiene agli operatori del food invece, primeggiano Sardegna, Toscana e Trentino Alto Adige, mentre i produttori del vino arricchiscono in particolare il Veneto, la Sicilia, la Puglia e l’Emilia Romagna.

Il comparto per regione

Il direttore generale della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati, illustra quindi la ricchezza del comparto per regione. La Toscana è al quinto posto della classifica con 1,151 miliardi di fatturato, il Piemonte al quarto con 1,387 miliardi, la Lombardia al terzo posto con 2,073 miliardi, l’Emilia Romagna al secondo posto con 3,265 miliardi e infine al primo posto il Veneto con 3, 699 miliardi di valore. “Un Veneto che scalza l’Emilia Romagna grazie al primo posto, grazie all’intesa sul sistema Prosecco delle Venezie dop che ha letteralmente cambiato le sorti del territorio” osserva Rosati.
Tra i trend da segnalare anche la crescita della nocciola del Piemonte (+36%) “in cui ha certamente influito l’accordo siglato con Venchi” osserva Rosati. Il Chianti in Toscana invece raccoglie i risultati dell’attivazione della vendita eCommerce per tutti i suoi produttori in pieno lockdown. Tra le performance migliori oltre quella dell’arancia rossa di Sicilia, il rapporto segnala l’exploit della pasta di Gragnano grazie alla nascita del Consorzio ha fatto volare sia l’export di questo prodotto che la vendita in gdo.

Stefano Patuanelli

In questo quadro di eccellenza sono tuttavia molti i timori degli operatori di settore per le nuove normative europee che mettono a rischio l’intero sistema. Una preoccupazione condivisa da Stefano Patuanelli ministro delle politiche agricole “La nostra produzione è basata sulle eccellenze, ed a livello europeo c’è un contrasto con questo modello”. È evidente – conclude il ministro - che c’è una propulsione forte verso l’omologazione agricola che è inaccettabile per le nostre produzioni, dove a distanza di pochi chilometri cambia totalmente la geomorfologia e le tradizioni culturali”.

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