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Una scarsa consapevolezza che va colmata anche in materia di normativa
Pur discutendo molto in Italia di prodotti a denominazione d'origine, si incorre ancora in grossolani errori, come quello di confondere i prodotti tipici con i prodotti a denominazione d'origine, le Doc e le Igt, il cui utilizzo, ricordiamo, è riservato dalla legge italiana esclusivamente ai vini (ancora per poco visto che dall'1 agosto 2009 le denominazioni Docg, Doc e Igt verranno inglobate in Dop e Igp), oppure capita ancora di scorgere sugli scaffali di vendita etichette con loghi e menzioni che poco hanno a che fare con i riconoscimenti certificati. Disinformazione mediatica, confusione e ambiguità del sistema delle certificazioni rischiano di banalizzare il significato dei marchi, penalizzando complessivamente un mercato che, in termini di numeri e valore, dà un contributo fondamentale all'agroalimentare italiano. Oggi, i prodotti con certificazione di qualità europea sono arrivati a quota 853, una corsa al riconoscimento comunitario da parte dei paesi membri che non sembra trovare fine, se si contano anche le circa 40 domande pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (l'ultimo passaggio formale prima della registrazione) e le quasi 300 richieste ancora da esaminare dagli uffici comunitari preposti. La posizione dell'Italia nell'ambito di questi elenchi è di assoluto predominio: 178 prodotti sono italiani di cui 115 Dop, 62 Igp e 1 Stg. A questi vanno anche aggiunti gli altri 300 in attesa di registrazione presso il ministero.
A fronte di una tale estensione di denominazioni a livello nazionale, occorre però sottolineare che i primi 15 prodotti Dop e Igp per dimensione economica rappresentano il 93% del fatturato complessivo dell'intero paniere che equivale a 9,3 miliardi di euro al consumo e 4,8 miliardi di euro alla produzione, stando alle stime dell'Osservatorio economico dei prodotti agroalimentari italiani Dop e Igp della fondazione Qualivita. In particolare, degli oltre 9 miliardi di euro di valore al consumo, quasi il 70% si riferisce ad appena quattro prodotti, le cosiddette “Big Dop”: il Parmigiano-Reggiano, il Prosciutto di Parma e di San Daniele e il Grana Padano.
Altra questione che si associa a tali produzioni è la scarsa consapevolezza del significato dei marchi Dop e Igp da parte dei consumatori. Pur essendo aumentate negli ultimi anni le campagne informative sulle denominazioni d'origine, a livello di comunicazione si rileva ancora una certa confusione informativa e una frammentarietà e incoerenza dei messaggi. A livello grafico-simbolico, poi, si lamenta l'indistinguibilità percettiva dei loghi che non favorisce la loro differenziazione, anche se, con l'entrata in vigore del nuovo regolamento che ne distingue i colori, dovrebbe farsi un po' di chiarezza.
La normativa oggi
Nella primavera del 2006, l'Europa ha varato due nuovi regolamenti: il 510/06, relativo a Dop e Igp, e il 509/06, che disciplina la normativa sulle Stg, dei quali ciascuno Stato membro è chiamato ad applicare le norme di regolamentazione. Con i due nuovi regolamenti, l'Europa applica le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) per eliminare, almeno in parte, gli ostacoli alla concorrenza che da queste norme derivano, permettendo che i paesi terzi non siano più tenuti al requisito della reciprocità e alle equivalenza delle forme di protezione (cioè ad avere per forza dei marchi di qualità equivalenti alle Dop e alle Igp dei paesi europei). In Italia le procedure per la registrazione di Dop e Igp, ai sensi del regolamento comunitario, sono state stabilite dal il dm 21 maggio 2007 del ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali. Per ultimo, in ordine di tempo, è intervenuto in materia anche il Regolamento 628 del 2 luglio 2008, con il quale è stata approvato una modifica al logo Dop (si tratta di un cambio di colore, dal precedente blu al rosso), volta e renderlo immediatamente distinguibile dal logo Igp, fino ad allora molto simile. È comunque stabilito un periodo di transizione, fino all'1 maggio 2010, in cui potranno essere usate indifferentemente entrambe le versioni del logo Dop.
Regolamenti Ce n. 509 e 510/1996: cosa cambia
Le principali novità normative riguardanti il sistema di registrazione dei prodotti agroalimentari vertono su tre aspetti: la semplificazione della procedura per ottenere la certificazione; l'apertura del sistema ai produttori dei paesi extra Ue; alcune variazioni alle categorie dei prodotti registrabili.
Per quanto riguarda la semplificazione della procedura, c'è da dire che questa è stata abbastanza snellita, attraverso un rafforzamento del livello nazionale di esame della domanda di registrazione, e all'indicazione più chiara degli elementi che la stessa deve contenere. Rispetto alla normativa precedente (regolamenti 2081 e 2082/1992), lo Stato membro che riceve la domanda non si limita più a verificare il rispetto dei requisiti del Regolamento e a inviare subito tutta la documentazione alla Ce, ma svolge un primo livello di esame e, dopo aver avviato la procedura nazionale di opposizione, può decidere di rigettare la domanda. In tal modo l'esame da parte dell'Ue viene semplificato, ed eventuali ulteriori opposizioni possono provenire solo dalle parti interessate presenti negli altri paesi Ue. La Comunità poi ha 12 mesi di tempo per esaminare la domanda pervenuta dallo Stato membro, cui se ne aggiungono altri 6 per la presentazione delle obiezioni.
Per quanto riguarda l'apertura ai produttori non comunitari, nel 2005 l'Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) aveva chiesto alla Ue di eliminare i vincoli fino ad allora previsti per la registrazione dei prodotti provenienti dai paesi terzi; vincoli fondati sul principio di reciprocità ed equivalenza, secondo il quale il paese terzo doveva fornire garanzie simili a quelle previste dal disciplinare di produzione, un equivalente sistema di controllo e una protezione analoga per i prodotti provenienti dalla Ue.
I regolamenti 509 e 510/1996 hanno accolto la richiesta dell'Omc: ora i produttori dei paesi extra Ue possono costituirsi in associazione e richiedere direttamente (o tramite la propria Autorità nazionale) la registrazione di un prodotto seguendo le stesse indicazioni valide per i produttori dei paesi Ue. Analoghe anche le norme riguardanti la possibilità di opposizione alla procedura di registrazione, la designazione delle autorità di controllo e i controlli sul rispetto del disciplinare di produzione. Per quanto riguarda le variazioni alle categorie dei prodotti registrabili, i nuovi regolamenti hanno stabilito alcune modifiche alle categorie in cui sono suddivisi i prodotti candidati alla registrazione, introducendone altre (bevande a base di estratti di piante - Dop, Igp, Stg; acque minerali naturali e acque di sorgente - Dop, Igp ma solo per registrazioni ante 31/03/2006; gomme e resine naturali - Dop, Igp; oli essenziali - Dop, Igp; fieno - Dop, Igp; sughero - Dop, Igp; cocciniglia - Dop, Igp; paste alimentari - Stg; cioccolata e altre preparazioni con cacao - Stg; piatti composti - Stg; minestre o brodi - Stg; gelati e sorbetti - Stg). Mentre restano quasi identici rispetto alla precedente normativa gli elementi che devono figurare nel disciplinare, il nuovo regolamento insiste in particolar modo sul legame tra il prodotto e l'ambiente geografico da cui ha origine, ovvero su quel nesso di casualità tra la zona geografica e la qualità o le caratteristiche del prodotto che lo differenziano dallo standard qualitativo di prodotti dello stesso tipo ottenuti al di fuori della zona di produzione. A tale proposito, sono legittimate a presentare domanda di riconoscimento per una Dop solamente le associazioni di produttori e trasformatori che effettivamente “lavorano” il prodotto agricolo alimentare e le organizzazioni o comitati promotori “idonei” a rappresentare gli interessi economici dei produttori e trasformatori che ne fanno parte. Una precisazione che serve a risolvere le dispute, nel caso in cui più soggetti presentino richiesta di registrazione per lo stesso prodotto. Il regolamento è chiaro: per essere legittimato a proporre il riconoscimento in sede comunitaria, il richiedente deve “rappresentare una percentuale della produzione oggetto di riconoscimento superiore al 50% della produzione attuale della zona delimitata, nonché una percentuale superiore al 30% delle imprese attualmente coinvolte nella produzione”. In pratica, si limita la registrazione di Dop alle realtà che siano rappresentative dell'effettivo potenziale produttivo.
Gli effetti positivi per le imprese produttive
- Garanzia fornita sulle caratteristiche del prodotto verso coloro che abbiano conoscenza del sistema di garanzia sottostante il Reg. Ce 510/06 (Regolamento di riferimento per Dop e Igp), a oggi più diffusa presso i clienti sia intermedi “professionali” sia finali
- Crescita della logica della qualità all'interno dell'azienda grazie all'adozione di sistemi di certificazione della qualità
- Qualificazione complessiva dell'offerta (assortimento), che utilizza il prodotto Dop-Igp
- Possibilità di consolidare canali commerciali esistenti
- Realizzare l'apertura di nuovi canali e mercati (in particolare Gda, export, canali lunghi)
I costi di Dop e Igp
Costi preliminari di istruzione dell'iter: consistono nell'insieme dei costi sostenuti per ottenere la protezione della denominazione, generalmente di natura fissa, che riguardano per esempio consulenze a esperti per la predisposizione del Disciplinare, della relazione tecnica e della relazione storica, che lo accompagnano.
Costi diretti: sono costi legati alle attività inerenti al controllo per l'accertamento del rispetto del Disciplinare, la cui entità è funzione di molte variabili, quali la tipologia di prodotto e di processo produttivo, l'entità dei volumi produttivi delle singole imprese e complessivi, la struttura della filiera, ma è comunque strettamente dipendente dalle specifiche disposizioni contenute nel Disciplinare e nel Piano di controllo che ne deriva.
Costi indiretti: sono i costi di adattamento strutturale e operativo da sostenere per rispettare i contenuti del Disciplinare, che riguardano sia le imprese sia il sistema nel suo complesso.
Costi derivanti dal verificarsi di non conformità: questi sono determinati dal mancato collocamento sul mercato (o dall'inferiore posizionamento sullo stesso cosiddetto declassamento del prodotto) dei prodotti che non sono conformi allo standard qualitativo previsto dal Disciplinare di produzione.
Costi complementari: derivano dalla necessità di realizzare attività promozionali e di vigilare circa il corretto uso della denominazione. Questi costi normalmente sono sostenuti attraverso organizzazioni collettive e/o Istituzioni pubbliche.
Totale prodotti inseriti nei registri Dop, Igp e Stg a livello Ue n. 178
115 DOP, REG. (CE) 510/06 | 62 IGP | 1 STG, REG. (CE) 509/06 |
Perché una denominazione possa essere Dop, tutte le fasi della produzione (cioè ottenimento delle materie prime, pulitura e calibrazione, trasformazione, invecchiamento, condizionamento del prodotto finito ecc.) devono, in linea di massima, avere luogo nell'area geografica designata e le caratteristiche del prodotto devono essere esclusivamente o essenzialmente dovute all'origine geografica |
Per ottenere il riconoscimento come Igp, almeno una fase della produzione deve avere luogo nell'area geografica designata e il legame con quest'ultima deve essere giustificabile in base a una particolare qualità, reputazione o altra caratteristica ricollegabile all'area geografica |
Designa un prodotto agricolo o alimentare ottenuto attraverso l'utilizzo di materie prime tradizionali, oppure che possiede una composizione tradizionale o ancora che ha subito un metodo di produzione e/o trasformazione di tipo tradizionale. La specificità non si basa sul legame territoriale del prodotto, tanto che il territorio può essere l'intera Ue |
REG. N. 479/2008 - RIFORMA OCM VINO |
Dall'1 agosto 2009, potranno essere classificati come Dop i vini in cui il 100% delle uve proviene dall'area di produzione indicata nel disciplinare e Igp quelli realizzati con almeno l'85% di uve provenienti dalla zona di riferimento |
Allegati
- FoSaGa-Dop-Igp
- di Vittorina Fellin / giugno 2009