Dov’è finito il mio target?

ESPERTI – le scelte di acquisto sono subordinate a un modello individualistico dove la famiglia È in secondo piano (da MARKUP 224)

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Ancora oggi nelle riunioni di lavoro molti manager, che si occupano in prevalenza di marketing, citano la "famiglia" come target di riferimento di prodotti/servizi della propria azienda, un vezzo nostalgico da attribuire più alla crescita continua dei consumi in Italia negli anni passati piuttosto che all'idealizzazione del modello socio-culturale (spesso più socio- che culturale) "genitori-figli-carrello", ormai scomparsa da anni per colpa dell'individualizzazione delle scelte di acquisto/consumo.
Il malessere di questi manager deriva dalla scomparsa di un mondo di certezze: la storia italiana degli ultimi vent'anni è caratterizzata dall'accesso del ceto medio (che sembrava non finire mai) al mondo dei consumi: un target che acquistava "a prescindere" tutto quanto veniva immesso sul mercato. L'atto stesso del consumo e la frequentazione dei suoi luoghi di riferimento diventavano simboli di uno stile di vita moderno. Le marche e i centri commerciali facevano pendant con le partite Iva e i capannoni, in un'Italia che cresceva e spendeva svincolandosi dalla cultura del risparmio, infischiandosene delle debolezze strutturali del Paese, contrapponendole la fede del "fare" tipica dell'imprenditoria.

Polarità accentuate
Questa piccola, piccolissima America, si basava su un processo di "cetomedizzazione" su larga scala del nostro Paese, sulla creazione di una massa di consumatori affluenti, sulla replicabilità dei formati distributivi per raggiungere le località più provinciali. Un fenomeno che ha coinvolto in proporzione più i territori come il Nord est che le grandi città come Milano o Roma.
Sappiamo tutti, com'è andata a finire: i capannoni chiudono, i centri commerciali si svuotano, i consumi crollano. Il mercato mainstream implode, o meglio esplode in una miriade di nuovi comportamenti di acquisto, la crisi diventa più sociale che economica, l'identità di questo ceto medio scompare in modo drammatico, il legame con il territorio diventa fonte più di tensioni che di opportunità.
Nel settore distributivo non mancano interrogativi sulla funzionalità e il senso generale della proposta commerciale e delle esperienze di acquisto causati da fatturati negativi a doppia cifra. Emerge una polarizzazione dei consumi che fa riscoprire parole come indigenza e povertà, uno dei nuovi target di consumo, che alcune insegne per giustificare i prezzi bassi interpretano come segnale di impoverimento qualitativo invece che come servizio alle persone. Intanto, in questo mondo fluido, i consumi di prodotti bio aumentano del 10%, acquistati da chi cerca semplicemente qualità e sapore.
Dimenticata la famiglia, o il ceto medio, lavorare sui nuovi significati di consumo vuol dire puntare su sviluppo e innovazione invece che sulla crescita, sulle idee più che sui muscoli, sull'adattabilità piuttosto che sulla replicabilità del commercio.

Locale e globale
Il campo di gioco si amplia e si perfeziona: il collegamento con il territorio è una fonte di senso per gli imprenditori/distributori e un riconoscimento legittimo per i consumatori, mentre il mondo è per forza di cose lo sbocco di riferimento per le aziende caratterizzate da una storia e un valore, spesso più facilmente riconoscibile all'estero che in patria. La tecnologia, social o e-commerce, è uno strumento di relazione con i clienti , ma non è la soluzione dei problemi strategici aziendali né un target di vendita. Il nuovo marketing e il nuovo commercio devono ritornare al mondo delle persone e non più dei consumatori, il cliente come partner oltre l'acquisto, l'azienda e l'insegna come icone di serietà e innovazione. E, se ci tenete, pensiamoci tutti come una grande famiglia... *M&T

Allegati

224_Target-Scomparso

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