Dove va lo shipping: dalla crisi a un nuovo super-ciclo?

I settori marittimo e cantieristico evidenziano una ripresa superiore e più veloce rispetto alle previsioni, nonostante la congiuntura geopolitica

La pandemia ha rappresentato un elemento di discontinuità nelle supply chain globali e un blocco dell’ingranaggio logistico del just in time. Dal momento che l’80% circa dei traffici di merci avviene attraverso il mezzo navale, le ricadute degli eventi internazionali sul trasporto marittimo sono ovviamente pesanti. Gli effetti, tuttavia, si sono rivelati meno rovinosi di quanto ci si potesse attendere.
Lo shock dei primi mesi del 2020 ha prodotto una contrazione dei traffici ma, già nella seconda metà dell’anno, si è avviata una ripresa, sebbene discontinua e asimmetrica, nei vari comparti. Questo processo è stato sostenuto dal diverso ritmo di diffusione della pandemia nelle diverse aree del mondo, dall’avanzamento del processo vaccinale e dai rinforzi offerti dai pacchetti di sostegno emanati dai diversi governi. Più che una contrazione dei traffici, di conseguenza, si è assistito a una redistribuzione dei medesimi. La guerra in Ucraina sta ulteriormente contribuendo al fenomeno: la Russia cerca nuovi mercati di destino per le sue merci, mentre il resto d’Europa si rivolge a nuovi mercati di fornitura, allungando le rotte e sostenendo così i traffici in termini di tonnellate miglia.

Tra il 2019 e il 2020 l’economia mondiale ha visto una caduta del 4,4% vivendo, secondo il Fondo Monetario Internazionale, la seconda peggior recessione del secondo dopoguerra, ancora peggiore della crisi sub-prime del settembre 2008. La crisi ha investito anche il mondo dello shipping che ha fatto registrare cadute nel settore dry bulk (-2,1%), tanker (-9,6%) e container (-1,4%).
Tuttavia, a partire dalla metà del 2020, si è avviato un processo di ripresa a ritmi piuttosto sostenuti.
Per quanto riguarda in particolare il segmento delle rinfuse liquide (principalmente greggio e derivati), a causa dell’effetto combinato del covid, dei boicottaggi, dei tagli alla produzione dei Paesi Opec, delle tensioni geopolitiche (in primis la battaglia instaurata dall’Arabia saudita per il controllo del mercato) e, più recentemente, della guerra in Ucraina, gli ultimi anni hanno fatto registrare un andamento decisamente altalenante, con l’alternarsi di picchi negativi e positivi in uno spazio di tempo molto breve. Questo andamento è il frutto di determinanti agenti su fronti contrapposti. I lockdown, le restrizioni alla circolazione di merci e di persone e i tagli alla produzione hanno ridotto la domanda di trasporto. D’altro canto, il crollo del prezzo del petrolio ha prodotto una corsa all’accumulo di riserve, incrementando la domanda di navi da utilizzare come mezzo di stoccaggio galleggiante e determinando una carenza di flotta per il trasporto di greggio immediatamente consumabile.

Il segmento delle rinfuse solide ha beneficiato della domanda sempre sostenuta di materie prime da parte della Cina (principalmente minerali di ferro e granaglie), l’unico Paese ad aver registrato una crescita anche nel 2020. Se il passaggio a fonti di energia e produzioni più sostenibili fa preconizzare un calo dei traffici per le rinfuse maggiori (nonostante il revival del carbone dovuto alla guerra in Ucraina), altri traffici sono destinati a crescere in quanto relativi a materiali determinanti nella produzione di energie rinnovabili (principalmente metalli non ferrosi come nichel, rame, litio, cobalto e bauxite). Anche se i volumi sono certamente più ridotti, tali traffici svolgeranno presumibilmente un ruolo di compensazione all’interno del comparto.
Nel segmento delle merci containerizzate, gli operatori hanno reagito al calo di domanda legato alla pandemia tagliando capacità di carico e servizi. Dopo il periodo di chiusure forzate, si è registrata una crescita della domanda superiore alle aspettative su ogni tratta. La carenza di capacità creatasi si è tradotta in enormi ritardi delle spedizioni, con un rispetto delle schedule per i vettori al di sotto del 50%, ma anche in una forte ripresa dei noli.

Problematiche logistiche, carenza di stiva e questioni geopolitiche hanno avuto ripercussioni su tutti i segmenti dello shipping. In aggiunta, l’aumento del costo delle materie prime e della trasformazione dei prodotti finiti ha provocato un aumento dei prezzi e, quindi, un aumento dei noli. A questi fattori va ancora sommato l’effetto sulle politiche di investimento degli armatori delle nuove normative tese a ridurre l’impatto ambientale delle attività di trasporto marittimo. Per effetto combinato di queste forze, già all’inizio del 2021, i noli marittimi hanno raggiunto livelli record, con utili inaspettati per le compagnie e con impatto diffuso. Il settore marittimo e, parallelamente, quello cantieristico, sembrano dunque essere entrati in un nuovo super-ciclo, con una ripresa di gran lunga superiore e più veloce rispetto alle previsioni, anche nel permanere di una situazione sanitaria e politica globale non ancora risolta.
Più che di una manovra speculativa da parte delle compagnie, quindi, si può parlare di un fenomeno generalizzato con effetti a catena, legato alla globalizzazione dell’economia e al ruolo di primo piano che il trasporto marittimo ricopre sul commercio internazionale.

*Professore associato di Economia e gestione delle imprese presso l’Università degli Studi di Genova

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome