Vincenzo Ferrieri, presidente di Ubri e fondatore di Cioccolatitaliani
Unione brand ristorazione italiana (Ubri) chiede fra l'altro al Governo di distinguere tra movida informale e chi si muove, invece, a fronte di prenotazioni online

L'Unione brand ristorazione italiana (Ubri), rappresentata oggi da più di 30 imprese, con oltre 500 locali e più di 4.500 dipendenti, non poteva far mancare la propria voce nel coro di protesta sollevato dal Dpcm del 18 ottobre 2020, che prevede le serrate di tutta la ristorazione dalle 23 alle 5. Ubri rilancia con una proposta, articolata in 4 punti, una serie di richieste che corrispondono anche a temi fondamentali nell'attuale mercato della ristorazione commerciale.

1. Accesso sicuro e garantito a fronte di prenotazione

Come ulteriore sicurezza per chi vuole (o deve) pranzare o cenare fuori casa, o andare in una realtà medio grande come un centro commerciale, Ubri propone la formula della prenotazione obbligatoria: i cittadini si muovano da casa o ufficio esclusivamente con la certezza del loro posto o pasto riservato. "Abbiamo investito cifre ingenti in app dedicate alla sicurezza della clientela che oggi può ordinare e scegliere da remoto, ritirare alla cassa, saltare la fila, ordinare e pagare al tavolo, tutto con pochi clic dal proprio device -spiega Antonio Civita, vice presidente di Ubri e Ceo di Panino Giusto-. Chiediamo quindi ai governanti di distinguere tra chi si è attrezzato responsabilmente e quella esigua percentuale che non lo fa, creando le condizioni di assembramenti non giustificabili.

2. Delivery: "tema ignorato dal Dpcm"

"Sul tema delivery, ignorato nel Dpcm, benché rilevante nel mercato della ristorazione e nelle richieste dei cittadini, stiamo dibattendo da settimane alla ricerca di una soluzione per la sua sostenibilità -prosegue Civita-. Sono infatti insostenibili per le nostre imprese le provvigioni richieste dai grandi gruppi del settore che operano ormai in una situazione di oligopolio e di abuso costante della loro posizione dominante".

Antonio Civita

Ubri chiede al Governo di restituire agli imprenditori della ristorazione che ne fanno uso una quota del 20% delle commissioni sul pagamento in forma di sostituto di imposta; e chiede un intervento governativo, così come avvenuto in molte metropoli del mondo, per calmierare le commissioni fino alla fine della pandemia.

3. Locazioni

Ubri segnala come la ristorazione a catena è stata la più penalizzata a causa anche del massimale di 5 milioni di fatturato. In presenza di proprietà non riconducibili a gruppi, ma proprietà fisiche, le situazioni da gestire sono state molto complesse e hanno spesso portato a escussioni delle fidejussioni e a intimazioni di sfratto. Solo con la relazione tematica della Corte Suprema di Cassazione - Ufficio del Massimario - si è introdotto il principio secondo il quale "la rinegoziazione a fronte di sopravvenienze che alterano il rapporto di scambio, diventa un passaggio obbligato".

Ubri vorrebbe più chiarezza sulla possibilità di rinegoziare i contratti almeno fino al termine della pandemia. L'associazione chiede che lo Stato legiferi per riconoscere al locatore il credito di imposta corrispondente alla riduzione attuata nei nostri confronti; e che i contratti in essere possano essere prolungati di un anno, essendo il 2020 da considerare quale annualità non rilevante a livello di ricavi.

4. Tavoli di confronto

"Come imprenditori, persone per loro natura abituate a innovare, trovare soluzioni, accettare sfide e -nel caso di Ubri- affrontarle in modo unitario, chiediamo -conclude l'altro presidente di Ubri, Vincenzo Ferrieri di Cioccolati italiani- di essere ammessi ai tavoli di lavoro che elaborano e decidono per nostro conto poiché siamo certi di offrire un decisivo apporto in termini di soluzioni, chiarezza di linguaggio, prospettiva, non in senso corporativo ma per tutta la comunità".

 

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