È scommessa subtropicale Sicilia sui superfood

Vendite da primato per l’avocado italiano: l’isola puntasulla produzione bio dell’Etna che garantisce alta redditività. E un consorzio locale apre ad altri frutti esotici (da Mark Up n. 267)

Sicilia Avocado fa un prodotto biologico, di qualità, che sfrutta un terreno vocato, sabbioso e di origine vulcanica, ricco di humus, alle pendici dell’Etna. Il trend dell’esotismo che conquista soprattutto i Millennial e la maggiore redditività dei cibi del benessere spingono, del resto, ad ampliare la gamma produttiva. A cominciare proprio dalla Sicilia. Andrea Passanisi, 33 anni, laurea in Giurisprudenza, è fondatore dell’azienda, leader nella produzione nazionale con circa 300-400 tonnellate. Una scelta che ha cambiato la tradizionale produzione dell’impresa di famiglia, i limoni. “Come coltura l’avocado esiste in Sicilia dagli anni Cinquanta: poche piante presso le università e le famiglie di immigrati che avevano portato i semi dal Sudamerica. La mia decisione di passare dal limoneto all’avocadeto nasce dalla costatazione di un graduale interesse da parte degli interlocutori commerciali”.

La produzione riguarda quattro cultivar commerciali, ognuna con diversa stagionalità, da ottobre fino a maggio-giugno. “Iniziamo con Zutano, poi Bacon, Fuerte e Hass. Il nostro frutto ha maggiore freschezza, una polpa compatta e cremosa e priva di fibra, con un retrogusto di noce e pistacchio più intenso, se parliamo della varietà Hass.”. Il grosso del mercato è al Nord: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna. L’azienda punta a piazze di nicchia, dove c’è già un consumo procapite alto, per esempio Milano. Sta crescendo anche il Lazio. “In Italia il prodotto viene importato soprattutto dal Sudamerica, Cile e Perù, e in parte dalla Spagna che è leader in Europa con 17mila ettari. La nostra è una filiera corta: in Italia il prodotto parte la sera e la consegna è per il mattino dopo. La richiesta di avocado sta crescendo soprattutto in Francia, che chiede qualità, in Svezia, Polonia e in altri Paesi dell’Europa dell’Est. Ma noi stiamo puntando sull’Italia, dando identità a un prodotto locale: il trend è positivo, sono certo che tra cinque-dieci anni sarà un’abitudine: non una moda”.

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