Editoriale | Effetto umano

Copertina Mark Up 304 novembre 2021
Inseguiamo i big data, ma non perdiamo di vista l’intuito: la via per innovare è nelle idee, nell’osservazione sul campo, nell’ascolto empatico. Nei dati non ci sono “colpi di genio”

L’abbiamo scritto, lo abbiamo detto e ripetuto, i dati oggi sono importanti, un Crm evoluto fa la differenza, l’intelligenza artificiale può fattivamente prendere decisioni veloci e informate (dai dati per l’appunto) in maniera automatica, così come i dati possono dare la misura se un’azione di marketing sta andando o è andata per il verso giusto, ottenendo i risultati prefissati. Migliaia di laureati in statistica hanno trovato nuovi sbocchi grazie ai dati, informatici, ingegneri, matematici studiano in tutto il mondo nuovi algoritmi, sempre più precisi, più profondi per dare vita a strumenti di lettura della realtà altrettanto puntuali. Una strada che le aziende non possono certo ignorare ma basta e basterà? La risposta è no, tutti questi dati, questi algoritmi, da soli non bastano, se non sono uniti al fattore umano, all’intuito, alla conoscenza del mercato, all’approfondimento. Non pensiamo che i big data aprano la strada all’innovazione, è l’opposto, servono a verificare l’intuizione umana: l’osservazione di ciò che accade di per sé non porta al cambiamento, se utilizzata come guida porta ad affinare ciò che già si sta facendo ma non a intraprendere nuove strade.

Qualcuno dirà che le nuove strade sono pericolose, salti nel buio, certo, ma invece è proprio lì che i dati servono a testare la novità. L’attenzione a ciò che è nuovo e quindi, a livello numerico, marginale non può essere ignorato. Un esempio per tutti, Netflix, guardato da tutti come un esempio da seguire. Una delle “rivoluzioni” di Netflix è stato il “binge watching”, cioè la propensione delle persone a godersi una serie, se non tutta di fila, a colpi di cinque puntate alla volta. I dati di per sé raccontavano che le persone si sentivano in colpa dopo aver passato ore sul divano a divorare una puntata dopo l’altra, ma Netflix, ancora in fasce, parliamo del 2013, assunse Grant McCracken, un antropologo culturale, quanto di più lontano dai dati, per fare una ricerca che prese alcuni mesi e molta osservazione sul campo, il risultato fu che non solo le persone non si sentivano affatto in colpa ma avrebbero goduto di serie rilasciate tutte in sol colpo e fu la fortuna di Netflix.

Morale, il processo di innovazione va fatto al contrario, giustissimo costruirsi un sistema di raccolta e lettura dei dati ma, per guardare al futuro e continuare il cammino dell’innovazione, serve guardare a quelli che si chiamano thick data, dati pregni di informazioni, raccolti vivendo con i propri clienti o prospect, ma non tutti però si possono permettere un McCracken, il metodo migliore per non perdere contatto con la realtà è ascoltare chi vive e lavora sul campo, commesse o venditori, i loro insights sono importanti, come e se non di più degli algoritmi.

Editoriale Mark Up n. 304, novembre 2021

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