Editoriale | Tempo di lobby

Copertina Mark Up 299 maggio 2021
Il retail deve guardare oltre i propri confini e imparare a gestire la sua immagine pubblica meglio di quanto abbia fatto fino ad ora

La mancanza di attenzione da parte di istituzioni, mass media e liberi pensatori verso il mondo del retail è qualcosa che, per chi lavora nel mass market (o ne scrive), non è una novità. Ancora meno nuova è la messa all’indice del commercio, in tutte le sue forme tradizionali, ma spesso anche in quelle più contemporanee, quando si tratta di avvenimenti avversi, quando è in arrivo una crisi, quando si parla di sfruttamento ... in un qualche modo il retail, in particolare il food retail, ci finisce sempre in mezzo. Possiamo fare la tara, dire che malgrado gli scambi commerciali ci siano da sempre, i commercianti non sono mai stati visti di buon occhio dai tempi delle Repubbliche Marinare, ma se è per questo nemmeno le banche, le società d’assicurazione e neppure le aziende delle armi e del tabacco, ma chissà perché in prima pagina finisce sempre la gdo.

Interessante notare che nei vari decreti, dcpm, ecc., il retail è presente in maniera strumentale: servizio essenziale prima, ma nei limiti della sopravvivenza, luogo di “assembramento” poi. Tutte cose che sappiamo, ma è tempo per il retail (tutto) di fare un esame di coscienza e imparare a fare lobby, sul serio, però! Fare lobby è un lavoro a tempo pieno, da professionisti, significa lavorare a quattro mani con le istituzioni per ottenere benefici per il proprio settore. Dando uno sguardo agli Stati Uniti, dove al lobbismo è richiesta massima trasparenza sia in termini di proposte sia in termini di fondi investiti e spesi per la politica, vediamo che chi investe di più in lobbying sono Cvs e Walmart, ma se allarghiamo l’area anche ad Amazon scopriamo che è insuperabile! E mentre nel 2020, gli investimenti delle singole insegne e ancora di più delle associazioni (in America la più importante è la Nrf - National retail federation) sono calati, Amazon ha speso 4,7 milioni di dollari, un record aziendale, per fare lobby nel quarto trimestre, dopo aver già stabilito un record nel 3° trimestre. La società ha stanziato quasi 17,9 milioni di dollari per attività di lobbismo nel 2020. Mentre Nrf ha speso, nel 2020, 6,2 milioni di dollari, in calo rispetto ai 7,7 milioni del 2019 (dati Open Secrets).

Investire in immagine, presso il pubblico, presso gli stakeholder è importante, e ho la sensazione che il mondo del retail sia troppo concentrato sul proprio business, piccolo o grande che sia, per rendersi conto che l’immagine del comparto è sfocata, che gli stereotipi che l’accompagnano sono molti, che alla fine il pubblico pensa ai negozi, non a un settore produttivo e di servizio; e infine, che occorra fare “pulizia” di chi esce dai confini, perché ci sono regole da rispettare e da far rispettare ed è meglio farlo in casa propria prima che arrivi qualcun altro a farlo.

Editoriale Mark Up n. 299, maggio 2021

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