Speciale Cibus 2016 – Editoriale: il food per evocare sentimenti e immaginazione

Cristina Lazzati, direttore responsabile di Mark Up e Gdoweek
Cristina Lazzati, direttore responsabile di Mark Up e Gdoweek

Si chiama Il Centro, è il più grande centro commerciale d’Italia e probabilmente d’Europa. C’è chi dice “troppo” grande, personalmente non credo sia una questione di metri quadrati, ma di che cosa si fa dello spazio: e Il Centro è fatto bene, ha le insegne giuste, è nella città giusta; ma non è del centro commerciale che voglio scrivere (nelle pagine Real Estate c’è un servizio dedicato). Preferisco fare i complimenti a Marco Brunelli per la bellezza del suo Iper, La grande i, per il coraggio dimostrato nel portare avanti quello che egli stesso ha definito “un sogno”, per l’esempio di perseveranza che offre. Sognare è un diritto, ma non basta. L’esempio di Marco Brunelli ci racconta di come un’intuizione e una passione possano esser lo stimolo nel cercare poi le soluzioni perchè questo sogno si possa realizzare. Brunelli ha creato un ipermercato di nuova generazione, ha dato vita a qualcosa di vivo, che non suona artefatto, che ha poco di teatrale perché non costringe il cliente a fare da spettatore, ma gli dà la possibillità di interagire con gli spazi, i prodotti e soprattutto con le persone, linfa vitale di qualsiasi attività commerciale. Ha saputo mettere al centro la produzione, l’agito e non il costruito, ma senza improvvisazione. Tante le persone che lavorano in questo iper, dietro ai banconi, nei piccoli laboratori; che siano panificatori, macellai, sushi chef, hanno tutti l’aria di sapere quello che fanno, sorridono, raccontano. E così anche lo stereotipo del milanese, freddo e un po’ scostante, sparisce, la gente si ferma, chiede, osserva e ... compra.

Non ho mai conosciuto Marco Brunelli, incontrato sì, ma di sfuggita, poche frasi di circostanza, quello che so di lui lo deduco da quello che vedo. Vedo una sensibilità artistica per il bello, vedo la meticolosità con cui gli arredi si accompagnano alla merce, vedo la cura dei particolari.

Entrando nell’Iper, ci si trova in un mondo altro, un’esperienza senza tempo che si ispira probabilmente al mercato, ma lo trasfigura in un’immagine quasi pittorica, è il mercato della nostra immaginazione. Chi entra diventa parte di un racconto, di un viaggio, che sia nelle radici delle nostre tradizioni o più esotico, poco importa; non manca lo scorcio di lusso della Kobe beef, delle ostriche o delle magnum di champagne. Il negozio parla agli astanti, li invita ad entrare, li coinvolge in un alone multisensiorale, fatto di profumi, di assaggi, di sguardi. Il “metro zero” e il “fatto davanti a te” sono parte di questa filosofia, una comunicazione reiteata sì, ma mai urlata, che lascia libero il cliente di essere se stesso, di vivere il cibo per quello che è: piacere, bisogno, abitudine, sorpresa, sensualità.

Senza ideologie, senza sensi di colpa. Il coraggio di Marco Brunelli è stato di credere: credere nella quintessenza di questo mestiere e di investirci. Grazie.

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