Commercio, fiscalità e immigrazione. Sono alcuni dei terreni sui quali le posizioni di Kamala Harris e Donald Trump divergono maggiormente. Così, dall’esito delle elezioni in corso, deriveranno conseguenze molto differenti nei rapporti di business internazionali, coinvolgendo le imprese italiane che operano con gli Stati Uniti.
Lusso e alimentari sperano nella Harris
“Se vince la Harris, ci si aspetta una politica commerciale più collaborativa e aperta, con accordi che facilitino l’accesso al mercato statunitense, riducendo tariffe e barriere non tariffarie – è l’analisi di Mauro Bandelli, ceo di Gen Usa, società americana che supporta le imprese italiane che sono già presenti o che si apprestano ad entrare in maniera strutturata nel mercato statunitense -. Questo favorirebbe l’export di beni di lusso, moda, alimentari e vini, settori di punta del made in Italy. Harris potrebbe sostenere politiche fiscali favorevoli e incentivare innovazione e sostenibilità, aprendo opportunità per aziende eco-friendly. Un approccio più aperto all’immigrazione agevolerebbe l’ingresso di manodopera qualificata, utile alle imprese. Tuttavia, Harris cercherà di distanziarsi dalle politiche economiche di Biden, ritenute insoddisfacenti”.
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Trump potrebbe incentivare gli investimenti esteri
Un ritorno di Trump potrebbe riportare le politiche “America First”, aumentando dazi e barriere per proteggere l’industria nazionale, rendendo più costosa l’esportazione. “Settori come moda, automotive e agroalimentare ne risentirebbero”, racconta Bandelli.
Anche se non va dimenticato che il candidato repubblicano vede la Cina e l’India come rivali economici e potrebbe adottare una politica dei dazi differente per l’Europa, aumentando i dazi solo in certi casi. “Questo potrebbe comunque portare a un rialzo dei prezzi e impatti negativi sulle filiere distributive, come importatori e grossisti. Tuttavia, potrebbe incentivare investimenti diretti esteri con agevolazioni fiscali per chi produce localmente. Le politiche fiscali potrebbero prevedere tagli alle imposte, ma con incertezze legate alla loro stabilità”. Politiche restrittive sull’immigrazione potrebbero invece ridurre la disponibilità di manodopera qualificata, aumentando i costi operativi.
La carta della qualità per adattarsi ai cambiamenti
Indipendentemente dal vincitore, aggiunge il ceo di Gen Usa, le aziende italiane dovranno adattarsi rapidamente. “Una presidenza Harris favorirebbe la stabilità e l’accesso al mercato, mentre con Trump serviranno strategie più aggressive per mantenere la competitività. In ogni caso, il made in Italy dovrà puntare su qualità, innovazione e sostenibilità per restare competitivo”.
“Con la nuova presidenza Trump le esportazioni del settore lattiero-caseario italiano negli Usa, che ammontano a 445 milioni di euro, potrebbero subire un deciso rallentamento in caso di reintroduzione di dazi all’importazione. Si tratterebbe di una nuova battuta d’arresto per un comparto da sempre tra i più performanti del nostro made in Italy sui mercati esteri - lamenta Davide Vernocchi, vicepresidente e attuale reggente di Confcooperative Fedagripesca -. Il nostro auspicio è che la nuova amministrazione americana non inasprisca ulteriormente le tensioni commerciali tra gli Usa e l’Unione Europea, di cui potrebbero risentire anche altri comparti dell’agroalimentare, dall’ortofrutta al vino. La continuità degli scambi è di fondamentale importanza non solo per l’economia italiana ma anche per l’indotto statunitense che ruota attorno alle importazioni dei prodotti agroalimentari italiani".
Da segnalare la posizione di Assolatte, con il presidente Paolo Zanetti che auspica, a prescindere dal vincitore, un proseguimento del dialogo tra le due sponde dell’Atlantico. Salvo poi esprimere “grande preoccupazione per le decisioni che l’amministrazione Usa potrebbe prendere nel prossimo futuro. I superdazi fissati a fine del 2019 – aggiunge - avevano colpito duramente le imprese casearie”- Recuperare le quote perse, precisa Assolatte, è costato molto lavoro e ingenti investimenti e ora l’Italia è il primo esportatore mondiale di formaggi verso il mercato statunitense.
Infrastrutture e transizioni green nel programma democratico
Non si discosta particolarmente l’analisi di Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza che aiuta le imprese italiane a entrare, con successo, nel mercato americano. “Harris vincesse dovrebbe continuare nel solco di Joe Biden soprattutto per quanto riguarda gli investimenti a favore della transizione green e a favore del rinnovo dell'infrastruttura americana”.
Con Trump le cose sono un po' diverse perché “l'idea è di mettere un extra dazio del 10% a tappeto su tutto quello che viene importato negli Stati Uniti. Qua, per esperienza, anche rifacendosi alla prima presidenza Trump – aggiunge Miranda. Il quale precisa: “Un conto è quello che si dice in campagna elettorale, un altro quello che riesci veramente a fare, per cui non ci aspettiamo che il 10% di extra dazio venga applicato su tutto. Alla fine, quando si arriverà al dunque ci sarà una cernita su quello da tassare e quello da lasciare così com'è”.
Trump per una tassazione più leggera
Per quanto riguarda l'atteggiamento dell'uno e dell'altro nei confronti della tassazione, anche lì, tanta postura negoziale o da campagna elettorale, perché Harris dice che porterà la tassazione delle società al 28% mentre Trump dice taglio al 15%. “Misure che hanno bisogno del pieno sostegno di Congresso e Senato alle scelte presidenziali, e su questo fronte le certezze vacillano”, sottolinea il presidente di ExportUsa. Il quale – in definitiva - predica prudenza. “Per ciò che riguarda l'export italiano negli Stati Uniti, non dovrebbero esserci grossi scossoni che vinca l’uno o l’altro”.
Discriminazione sulle criptovalute
Durante la campagna elettorale, Trump si è proposto come difensore delle criptovalute, criticando i numerosi tentativi di regolamentazione fatti negli ultimi tempi. Questo, secondo Gianluca Sommariva, ricercatore informatico e ceo di Hodlie (startup italiana di gestione attiva di criptovalute tramite intelligenza artificiale), rischia di marginalizzare l'Italia, che all'opposto dal prossimo anno tasserà al 42% le plusvalenze su Bitcoin e simili, rispetto al 26% attuale. "Il rialzo di Bitcoin alla vittoria di Trump, verso nuovi massimi storici, dimostra che i mercati reagiscono positivamente alla prospettiva di un quadro complessivo pro-cripto -, sottolinea -. L’Italia invece, sembra muoversi nella direzione opposta. Anche Banca d’Italia ha avvisato che questa mossa potrebbe portare molti a trasferire le attività all’estero, penalizzando l’intero settore".