Employee advocacy: 3 errori che non ve la fanno valorizzare

Uno studio dimostra che i dipendenti vorrebbero agire come brand ambassador, ma che hanno bisogno di supporto e di programmi strutturati

I dipendenti sono i primi portavoce di credibilità di un'azienda e del messaggio che la stessa intende veicolare ai consumatori. C'è chi l'ha capito e li ha scelti addirittura come veri e propri testimonial della comunicazione: si pensi alle campagna #LoFaccioPerché di Decathlon o allo spot lanciato da Ferrero per i suoi 70 anni in difesa dell'olio di palma.

Un'indagine svolta in proposito da Lewis Global Communications, che ha coinvolto oltre 1.000 dipendenti a livello globale, ha rivelato una loro naturale propensione ad agire come ambassador del brand per cui lavorano. A un livello più ampio, tuttavia, la maggior parte delle imprese ha ancora ampi margini di miglioramento nella valorizzazione della cosiddetta employee advocacy.

Secondo lo studio, le principali cause di fallimento in tal senso sono tre.

1 - Non ci state lavorando
La maggioranza dei dipendenti intervistati (60%) ritiene che i programmi di employee advocacy aumentino il loro engagement. Tra gli altri benefit connessi, anche l’aumento delle vendite (citato dal 40%) e il riconoscimento per i dipendenti più motivati (36%).
Ciò nonostante, la metà delle aziende interpellate non ha attivato un programma in tal senso. Più della metà dei dipendenti intervistati (52%) sarebbe inoltre disposto a creare contenuti, come ad esempio post su social media o blog, per l’azienda in cui lavora, qualora gli venisse chiesto.

2 - Usate male i social, o non ne favorite l'uso
Quasi tre quarti dei dipendenti (73%) ha affermato che la propria azienda dovrebbe essere più attiva sui social media. Poco meno del 40% degli intervistati ha dichiarato che la propria azienda è attiva sui social media, ma che l’utilizzo di questi strumenti da parte dello staff non viene incoraggiato. Il 73% del campione, tra l'altro, condivide contenuti relativi alla propria azienda su uno o più dei propri canali social personali. Le principali ragioni per cui dichiarano di farlo sono il sentimento di orgoglio verso l’azienda per cui lavorano (54%) e il desiderio di essere sostenitori dell’organizzazione di cui fanno parte (37%).

3 - Non c'è condivisione di valori/valore
Sei dipendenti su dieci utilizzano account social separati per le attività personali e per quelle professionali. La ragione principale per cui i dipendenti creano degli account separati è che ritengono che le loro opinioni personali siano differenti da quelle dell’azienda per cui lavorano. Questo indica che le aziende faticano a coltivare valori condivisi e a farli circolare attraverso i loro addetti. I dipendenti avrebbero persino dei consigli da dare alle aziende per migliorare le campagne sui social media e il relativo engagement. Per esempio, il 60% di loro ha dichiarato che le aziende dovrebbero sviluppare meglio la fotografia, mentre il 46% ha raccomandato l’utilizzo di più video.

“Avere dei dipendenti coinvolti e motivati rappresenta un grande vantaggio per qualsiasi brand” -sottolinea Michael Brito, head of Us digital di Lewis Global Communications- Mobilitando i dipendenti alla partecipazione nelle conversazioni aziendali si alimenta la macchina dei contenuti del brand e contemporaneamente si accresce la brand awareness. Ciò nonostante, sulla base di questa ricerca, sembra che le aziende si stiano lasciando scappare questa grande opportunità".

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