Esg, il futuro dei retailer passa di qua

Processo di trasformazione ormai irreversibile, la sostenibilità è al centro delle strategie della gdo, ma occorrono scelte più mirate (da Mark Up 315)

Secondo una recente ricerca Bain, che ha coinvolto amministratori delegati e top manager delle principali aziende italiane food e gdo, è emerso che, nonostante risulti chiara una visione di medio-lungo periodo, c’è ancora complessità nel definire strumenti e tempistiche per raggiungere obiettivi ambientali, sociali e di governance (Esg). Inoltre, per contribuire al cambiamento, occorre fare sistema: ovvero una trasformazione a 360° in tutto l’ecosistema “azienda”, sia verticalmente nelle filiere industriali, sia orizzontalmente, lavorando in senso cross settoriale, coinvolgendo Governi e istituzioni. La sostenibilità è diventata un’esigenza collettiva che deve concretizzarsi in un’economia circolare, tramite un’offerta di prodotti con un basso impatto ambientale. Allo stesso tempo, stiamo attraversando un periodo colmo di turbolenze politiche ed economiche senza precedenti: l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia Covid-19; la guerra tra Russia e Ucraina che ha messo in luce la forte dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia, portando rincari energetici e un aumento senza precedenti del costo della vita. Inoltre, l’aumento degli oneri finanziari legati ai prestiti, il fenomeno della great resignation correlato alla carenza di manodopera e di personale qualificato, oltre che di talenti per ruoli chiave, si aggiungono come ulteriori elementi di complessità ai programmi Esg delle aziende. Durante questo periodo di incertezze, le aziende si trovano dunque a dover bilanciare le prerogative ambientali, sociali e di governance adattando obiettivi, tempistiche e priorità.

Il retail alimentare in Italia

In questo scenario macroeconomico ricco di turbolenze, le aziende del retail alimentare fanno fatica a destreggiarsi tra rischi e opportunità e i risultati raggiunti ad oggi sono ancora limitati. Quali i motivi che rendono questa trasformazione così complessa per i retailer? Da un lato, i clienti vogliono progressi in ambito di sostenibilità e della salute, ma non cambiano i loro comportamenti d’acquisto; dall’altro, le istituzioni non danno incentivi. Inoltre, i retailer stessi sono l’ultimo anello di una lunga e complessa catena di approvvigionamento e, da soli, fanno fatica a raggiungere gli obiettivi prefissati. Infine, l’equazione di valore richiede ingenti investimenti e le reportistiche e le responsabilità assegnate ai retailer non risultano ancora chiare. Basandosi su interviste e questionari a circa 50 ceo e top manager del settore in Italia, Bain ha posizionato i principali retailer lungo una matrice in funzione dell’intensità delle azioni messe in atto in ambito Esg. Il risultato che emerge è che i retailer si trovano a diversi stadi di maturità: pochi sono leader, nessuno è distintivo.

Cosa fare: 3 punti chiave

Per progredire verso una più efficace trasformazione Esg occorre:

  • fare delle scelte: selezionare alcune battaglie puntando alla leadership, misurare il punto di partenza e colmare il gap, pianificare e gestire i trade-off;
  • collaborare: rendendo la sostenibilità scalabile, lavorando in modo diverso con i fornitori, cercando innovazione e costruendo nuove alleanze;
  • essere sostenibili “dentro”: ovvero assicurarsi che chi se ne occupa lo possa fare, misurando i progressi e creando il momento di celebrazione.

Il primo punto relativo a quali scelte adottare è particolarmente importante: non si può fare tutto, occorre definire in quali aree attaccare (nel senso di individuare gli argomenti su cui coinvolgere i consumatori, come interessi e punti di forza del marchio) e dove difendersi per essere leader (nel senso di capire i temi su cui non coinvolgere i consumatori, ma su cui ci si vuole proteggere dal rischio al ribasso). Per i retailer, secondo la ricerca di Bain, le aree chiave su cui focalizzarsi sono: GHG (Green House Gas) emissioni, gestione degli sprechi, diversità e inclusione, salute e benessere e relazioni con terze parti. Allo stesso tempo, nella maggioranza delle aziende è emersa la mancanza di 2 elementi fondanti e di facilitazione del cambiamento Esg: la mancanza di impegni/sottoscrizioni a standard internazionali, nonché l’assenza di una figura chiave con competenze specifiche dedicate alla sostenibilità all’interno dell’azienda. Approcci che caratterizzano altri Paesi, come il Regno Unito, nel quale il retail alimentare è emerso come il più evoluto in termini di sostenibilità. Tesco e Sainsbury risultano a uno stadio molto più avanzato rispetto al panel di aziende italiane in particolare per quanto riguarda l’adozione di standard internazionali e i risultati e il target a tutela dell’ambiente. Mentre sotto il profilo sociale (persone e comunità) non si evidenziano differenze rilevanti rispetto alle aziende italiane.

Conclusioni

I risultati raggiunti dai player britannici mostrano quanto sia importante definire l’ambizione Esg per trasformarla in obiettivi quantificabili. Un altro elemento fondamentale, che ad oggi trova limitata applicazione nei retailer alimentari e in tutta la filiera in Italia, è la definizione della materialità delle tematiche Esg, che tenga conto dell’importanza dei singoli temi di sostenibilità per le aziende e gli stakeholder. Al contrario, è essenziale costruire una tabella di marcia integrata che includa le iniziative, i risultati sottostanti all’ambizione, le tempistiche e che coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione. In conclusione, la base per la creazione del valore economico, sociale e ambientale delle aziende parte dalla definizione di un piano di lungo periodo che permetta di mettere in prospettiva gli obiettivi Esg correlati alle ambizioni, monitorando i ritorni agli investimenti. Inoltre, l’inserimento di una figura aziendale con competenze specifiche che sia dedicata alla sostenibilità in azienda rappresenterebbe un elemento di facilitazione e di guida del cambiamento.

Come Tesco e Sainsbury declinano la sostenibilità

Tesco e Sainsbury sono tra i retailer più evoluti in tema di Esg: vediamo quali strategie hanno implementato a 360°. In termini di adozione degli standard internazionali, nonché di divulgazione e trasparenza delle informazioni, entrambi i retailer si distinguono per l’adozione e la sottoscrizione di molteplici standard, tra cui: GRI (Global Reporting Standard), che definisce standard di rendicontazione delle performance sostenibili (ovvero per la redazione del bilancio di sostenibilità) e il principio di materialità come elemento fondamentale della rendicontazione; CDP (Carbon Disclosure Project) che offre un sistema per misurare, rilevare e gestire a livello globale le informazioni relative al cambiamento climatico e idrico; SASB (Sustainability Accounting Standard Board) che offre criteri contabili di sostenibilità; SBti (Science Based Targets initiative) che fornisce un approccio nella definizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni per le aziende per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, cioè il contenimento del riscaldamento globale a 1,5°C.

È proprio a tutela dell’ambiente che Tesco ha già raggiunto ottimi traguardi: nel 2020 l’obiettivo della zero deforestazione; nell’ambito della rimozione della plastica ha rimosso 1,5 miliardi di pezzi di questo materiale mediante la strategia 4R (rimuovere, ridurre, riutilizzare, riciclare). Inoltre, utilizza energia elettrica che deriva al 100% da fonti rinnovabili e ha emesso bond verdi da 750 milioni di euro, decisamente un passo importante nella definizione di incentivi tangibili per le prestazioni ambientali e sociali.
Tra le numerose altre iniziative rientra una partnership con Low Carbon per l’installazione di impianti fotovoltaici nel Regno Unito, l’introduzione di furgoni elettrici per le consegne, il posizionamento di pannelli fotovoltaici sul tetto dei rimorchi refrigerati, una collaborazione con il WWF per aiutare i consumatori a mangiare in modo sostenibile, riducendo allo stesso gli sprechi.

Sempre in tema ambientale, ha fissato due ambiziosi obiettivi: riduzione delle emissioni di carbonio “impatto zero” entro il 2035 in Uk e riduzione dell’impronta di emissioni totale (ovvero dell’intera filiera produttiva e distributiva), che dovrà essere a impatto netto zero entro il 2050. Tra i buoni propositi di Sainsbury sul fronte ambientale, troviamo l’investimento di un miliardo di sterline destinato a raggiungere il traguardo impatto zero emissioni di carbonio entro il 2040, la riduzione dei volumi di imballaggi di plastica, sia del proprio brand che di altre aziende, entro il 2025, la collaborazione con Carbon Trust per ridurre le emissioni Scope 3 del 30% entro il 2030 e raggiungere la water neutrality entro il 2040.

(*)
Andrea Petronio, senior partner e responsabile italiano retail Bain & Company
Laura Farruggia, senior manager Bain & Company

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