Essere green è una questione di engagement?

I consumatori, sempre più attenti all’impatto delle loro scelte, chiedono ai brand di prendere una posizione netta coinvolgendoli in un dialogo costante

Oggi essere sostenibili non può prescindere da un imperativo: coinvolgere il consumatore nel purpose aziendale. Siamo infatti già lontani dal tema della sostenibilità come moda: i brand parlano oggi a consumatori sociali consapevoli della necessità di cambiare modello in termini di urgenza e improrogabilità e attenti non solo all’etichetta, ma soprattutto all’impegno dei brand su temi ambientali, sociali, economici, etici e digitali. Secondo i dati di una ricerca Ipsos (presentata in occasione dell’evento What’s Next di Samsung), ben il 72% degli italiani conosce il concetto di sostenibilità (nel 2011 era solo il 7%) e il 60% delle aziende nostrane vi investe. La strada è ancora lunga, ma si inizia a rispondere a quanto chiesto dai consumatori: una presa di posizione rispetto ai temi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e un coinvolgimento attivo di cittadini e consumatori.

Da brand equity a social brand equity

Il 2015 è stato un anno simbolo per la sostenibilità: i 17 obiettivi sostenibili delle Nazioni Unite hanno posto i binari di un significato che era stato spesso oggetto di banalizzazioni e greenwashing. Il 2015 è anche l’anno in cui esce Laudato sì di Papa Francesco, la prima enciclica dedicata all’ambiente (definita, non a caso, encliclica verde) ed è, inoltre, l’anno dell’Expo a Milano che con il claim Nutrire il pianeta porta l’attenzione sul tema dello spreco, dell’equità e della conservazione del mondo in cui viviamo. Da quel momento, le aziende hanno attuato un cambio di paradigma che le ha portate a spostarsi dalla brand equity verso la social brand equity, entrando nelle storie delle persone, individuando i consumatori più sensibili e scegliendo la comunicazione più adatta. Nasce, di fatto, il consumatore sociale, attento ai marchi di qualità, alle certificazioni, alla provenienza e alla filiera che porta il prodotto che sceglie nella sua casa. A rendere mainstream il concetto di sostenibilità e l’urgenza di un cambio di stile e prospettiva è stata però la pande mia che ha portato una maggiore consapevolezza per le generazioni di Millennials e Boomer e rafforzato quella, già molto spiccata, della GenZ. Ad oggi, però, poco meno della metà dei nostri connazionali sta adottando o vuole adottare comportamenti più virtuosi: al contempo, sottolinea Ipsos, nella sua ricerca, gli italiani si rendono conto di essere parte del problema, ma non sanno come intervenire. È qui che i brand possono fare la differenza, affiancando il concetto di sostenibilità a quello di business e facendo leva su tre driver dei consumatori: etica (intesa come rispetto dell’ambiente e delle persone), paura (dei cambiamenti climatici, del non essere pronti a gestire le conseguenze) e qualità (ricerca del mix di innovazione, ricerca e comunicazione nei prodotti sostenibili).

Andare oltre il greenwashing

Come sottolineato dall’imprenditore Oscar Farinetti in occasione di What’s Next, è necessario un cambio di prospettiva: sostenibilità non come sacrificio, dovere, impegno, ma in primo luogo come piacere. È il concetto di Green Pea, il mall di nuova generazione alle porte di Torino che facendo suo il concetto from beauty to beauty porta ai clienti finali e ai brand quel senso di felicità condivisa nel fare scelte attente al contesto in cui si vive per rendere sempre più la sostenibilità uno stile di vita. Davanti a consumatori più attenti e in possesso di strumenti adatti a leggere l’impatto ambientale e sociale dei prodotti che acquistano, la comunicazione deve cambiare se si vuole superare il say-do-gap e non finire nella rete del greenwashing. L’eco menù di Greenpeace nell’indicare i 10 punti per una spesa più sostenibile, mette in guardia dalle facili definizioni di biologico spiegando come leggere etichette, marchi e ricercare le esatte provenienze dei prodotti che si portano in tavola. Nel mondo fashion l’attenzione è alta: Good on you, per esempio, è una applicazione che classifica i brand dell’abbigliamento in base al grado di sostenibilità. Si moltiplicano i siti, i profili social e gli influencer specializzati nel fornire indicazioni per poter scegliere in maniera etica e sostenibile capi, cibi e prodotti per il corpo. A supporto del superamento del say-do-gap anche Zalando, che nel report It takes Two fornisce dieci raccomandazioni a sostegno delle aziende del settore per colmare il divario tra atteggiamento e comportamento; inoltre, ha lanciato, a partire da febbraio 2021, il servizio second hand che permette di vendere, donare e acquistare abiti di seconda mano. La sostenibilità oggi non può più essere di facciata e la sua comunicazione va modulata proprio all’insegna di quel senso di piacere nell’essere parte attiva del cambiamento attraverso sia informazioni di tipo passivo (spot, packaging con certificazioni, mar chi e indicazioni sulla filiera o l’impegno sociale) che attivamente, con call to action e momenti di engagement.

Comunicare la sostenibilità: il ruolo dell’engagement

Comunicare la sostenibilità significa definire nuovi asset economici del brand e ricostruire la relazione con il cliente intercettando la brand consumer perception e ripensando il marketing mix secondo le 4p della sostenibilità: people, profit, planet, purpose. La loro declinazione vede i brand in ottica teaching e guida i consumatori verso comportamenti responsabili. Un prodotto sostenibile deve mantenere alto il livello qualitativo, integrando il mix di novità e ricerca, avere dei benefici a lungo ter mine per la collettività e comunicarli con efficacia. L’engagement vede i consumatori partecipare attivamente agli obiettivi comuni e indicare ai brand su quali temi investire, prestare attenzione, attivare azioni di sostenibilità. Un esempio è Frosta che con #unaltromodoper, da una parte, offre una serie di linee guida per stili di vita sostenibili, dall’altra invita i suoi clienti a condividere, utilizzando l’hashtag dedicato, “le piccole, grandi idee in grado di proteggere il pianeta e migliorare la produzione industriale alimentare”. In questo dialogo costante è importante monitorare e comunicare gli obiettivi raggiunti e quelli ancora in essere: un imperativo posto dalle nuove generazioni che chiedono ai propri brand di essere in linea con i propri valori e li premiano innescando un circolo virtuoso. Tra i case più interessanti, Ferrarelle, prima azienda del settore alimentare a dar nuova vita a decine di migliaia di tonnellate di plastica Pet con uno stabilimento dedicato al riciclo che permette di eliminare dall’ambiente 20mila tonnellate di plastica l’anno, più di quante ne utilizza per produrre bottiglie con plastica riciclata con il progetto bottle to bottle: Impatto -1 è diventato il focus della nuova comunicazione e punta dell’iceberg di un impegno a 360 gradi per ambiente e sociale, raccontato con un bilancio di sostenibilità immediato e ingaggiante che sottolinea il binomio inscindibile ambiente-perso na, con attenzione ai lavoratori, al territorio, la comunità. Non solo: Impatto-1 è anche un progetto dedicato alle scuole primarie e alle famiglie che vede gli influencer Me Contro Te in prima linea per invitare a un riciclo duraturo e consapevole. Sempre legato alle scuole e all’idea di sostenibilità culturale è il progetto Amici di Scuola di Esselunga che ha permesso, grazie ai suoi clienti, di distribuire a più di 13mila scuole italiane oltre 80 milioni di euro di materiale didattico, come si legge nel suo rapporto di sostenibilità. Aprire le porte del brand alla sostenibilità in termini di brand activism è anche portare l’attenzione su aspetti della filiera e della linea di produzione. È il caso del pastificio La Molisana che, accanto a un forte impegno per il sociale, sottolinea l’utilizzo di nuove tecnologie sostenibili con una comunicazione dedicata, #pensiamoalfuturo, dove i responsabili del processo spiegano il valore di servizi come pooling pallet che permette di ridurre il numero di spedizioni e le emissioni di CO2 attraverso uno scambio strategico dei pallet nel processo di distribuzione. Attenzione alla filiera anche per Barilla che con il suo manifesto del grano duro sotto linea l’attenzione al territorio, all’agricoltura italiana e ai suoi lavoratori e alla salvaguardia ambientale. La stessa azienda con il Barilla Center for food & Nutrition studia e lavora con un team di scienziati ed esperti internazionali sul presente e il futuro della sostenibilità alimentare. ra i temi di maggiore attenzione tra i consumatori c’è quello del packaging: se, da una parte, si cercano soluzioni “alla spina”, dall’altra prende piede l’upcycling, il riciclo creativo: ne sono un esempio gli ecopackaging delle televisioni Samsung che diventa no sgabelli, tavolini, librerie e cavallini a don dolo una volta terminato il loro compito, integrandosi perfettamente nell’ambiente circostante. Grazie a questa circolarità che porta, per mezzo della comunicazione, l’impegno sostenibile nelle case dei consumatori, è possibile migliorare i risultati economici e soste nere nuovi progetti di sostenibilità, creando, al contempo, una connessione tra product benefit ed emotional benefit

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