Etichettatura ambientale: chi è responsabile? #illegalerisolve

Taurini il legale risolve Etichettatura ambientale
Con Stefano Taurini, dello studio legale Thmr, parliamo di etichettatura ambientale dal punto di vista della responsabilità

In seguito all’entrata in vigore dell’art. 3 del d. lgs 116/ 2020 (che ha modificato l’art. 219 del d. lgs. 152/06), dallo scorso 1°gennaio è in vigore l’obbligo di etichettatura ambientale.
Allo scopo dichiarato di facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi, il legislatore nazionale ha imposto nuovi obblighi, per assicurare che i consumatori siano adeguatamente informati sia sulla natura dei materiali impiegati per la realizzazione degli imballaggi, sia sulla loro destinazione finale.

La normativa, che si pone in linea con le indicazioni europee,  è di applicazione tutt’altro che semplice, essendo la materia complessa dal punto di vista tecnico. Per questo, il Ministero della Transizione Ecologica ha elaborato, con il contributo del Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai) e delle organizzazioni rappresentative dei settori interessati (tra cui Federdistribuzione per l’area di sua competenza), un documento riassuntivo delle linee guida da seguire per assicurare che l’etichettatura degli imballaggi sia coerente con le nuove disposizioni.

L’argomento, che ha registrato negli ultimi mesi numerosi approfondimenti, risulta interessante per tutte le imprese alle quali la nuova normativa direttamente si rivolge, e quindi a quelle che realizzano imballaggi e a quelle che li impiegano per il confezionamento dei loro prodotti.
Marginale il coinvolgimento delle imprese di distribuzione, che di regola non assumono diretta responsabilità in relazione alla correttezza ed alla completezza delle indicazioni riportate sulle etichette ambientali apposte sulle confezioni dei prodotti posti in vendita.

Naturalmente ciò non vale in relazione all’impiego dei preincarti, vale a dire degli imballaggi a peso variabile spesso utilizzati nei supermercati per confezionare quanto venduto al banco del fresco o al libero servizio. In questi casi il gestore del punto vendita si trova in una situazione assimilabile a quella del fornitore e viene pertanto ad essere direttamente responsabile per la corretta etichettatura dei materiali impiegati, in relazione ai quali si presentano, oltretutto, difficoltà concrete non trascurabili (per lo più legate ai materiali utilizzati, spesso non idonei a riportare le etichette o le stampigliature imposte dalla legge).

Un aiuto decisivo viene dalla possibilità, espressamente riconosciuta dallo stesso Ministero, di veicolare le informazioni obbligatorie (sulla natura dei materiali e la loro destinazione) con modalità alternative, e dunque con avvisi esposti al pubblico nel punto vendita o con il ricorso a canali digitali (app, QRCode, siti web).

Discorso a parte merita  poi l’etichettatura dei prodotti in private label.  E’ vero che, anche in questi casi, la produzione viene curata da soggetti terzi, ma è anche vero che al distributore è normalmente riconosciuto il diritto di condizionare le scelte relative al packaging e che ciò può influire in maniera decisiva sul rispetto della normativa sull’etichettatura ambientale.  Quando ciò accada, dunque, si presentano possibili responsabilità del distributore.

Da ricordare, a completamento di queste brevi note, che la decorrenza di legge non impedisce alle aziende di portare a esaurimento le scorte di imballaggi non conformi all’obbligo di etichettatura che risultavano in loro possesso al 3 dicembre 2022.

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