La crescita dell'export agroalimentare italiano nel 2021 (+15%) rispetto al 2019 supera le performance di Francia e Germania, rimaste sotto il 10%

Due anni di pandemia (siamo in realtà entrati nel terzo anno) non sembrano aver impattato più di tanto sull’export agroalimentare italiano: la crescita nel 2021 (+15%) rispetto al 2019 supera le performance di paesi nostri vicini, ma concorrenti, come Francia e Germania, rimaste sotto il 10% (rispettivamente +8% e +5%). Questa bella notizia viene dal sesto Forum Agrifood Monitor realizzato da Nomisma in collaborazione con Crif, che ha fra l’altro evidenziato il posizionamento competitivo dei nostri prodotti nei diversi mercati mondiali, attraverso analisi di mercato, indagini sui consumatori e il contributo di esperti e imprenditori del settore, tra cui Paolo De Castro, europarlamentare, Alessandro Guerini, export director Gruppo Vinicolo Santa Margherita, Fabio Maccari, amministratore delegato Gruppo Salov e Silvia Mandara, vice presidente Consorzio tutela mozzarella di bufala campana dop.

Il 2021 sarà ricordato come un anno straordinario per l’export agroalimentare italiano, grazie a una crescita che ha coinvolto tutti i prodotti, portando così ad incrementi nella quota di mercato dell’Italia in molti mercati mondiali alla luce di performance superiori a quelle dei nostri diretti competitor” conferma Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma. 

Usa e Canada, che sono i principali mercati di sbocco dell’agroalimentare italiano, crescono del 20% a valore rispetto alla situazione pre-pandemica (2019), in Germania il nostro export aumenta del 15%, anche se i picchi incrementali si toccano in Corea del Sud (+60%) e Cina (+46%). In Cina la nostra quota di mercato resta, però, marginale, con meno del 2% sul valore delle importazioni agroalimentari totali del paese asiatico.

Nonostante la Brexit, nel Regno Unito gli acquisti di prodotti alimentari italiani non sono diminuiti: la nostra quota di mercato dal 5,6% è arrivata oggi al 6,3%, nel quadro di riduzione delle importazioni totali di food&beverage. Il Regno Unito, insieme all’Australia, hanno rappresentato il focus di approfondimento del Forum. Dalle indagini è emerso che quelli italiani sono i prodotti alimentari esteri più apprezzati da inglesi e australiani per il loro gusto e la qualità: lo pensa il 35% dei rispondenti in UK e il 23% in Australia. In UK, prosecco parmigiano reggiano e dal prosciutto di Parma, sono i tre alfieri della qualità italiana nel cibo. In Australia è primo il Parmigiano Reggiano seguito dal prosecco e dal Chianti.

In entrambi i Paesi, l’eCommerce per il food&beverage è molto diffuso: il 34% usa spesso internet per acquistare prodotti alimentari e bevande, quota che sale al 45% tra gli inglesi. Il 40% dei consumatori, sia inglesi sia aussie, ricorre al web anche per acquisire informazioni sui prodotti da consumare, come le caratteristiche e la storia del produttore, o i luoghi di produzione.

Oltre ad essere assuefatti al digitale (digital addicted), i consumatori di questi due mercati sono particolarmente sensibili ai temi della sostenibilità, fenomeno in crescita negli ultimi anni. Da quando è scoppiata la pandemia, per ben 6 consumatori 10 è diventato importante che i prodotti alimentari che si mettono nel carrello abbiano una confezione sostenibile oppure siano stati prodotti nel rispetto dell’ambiente o secondo standard etici (es. attenzione al diritto dei lavoratori).

“La sostenibilità e il digital sono due leve da sfruttare per le aziende dell’alimentare italiano che vogliono esportare in Australia e UK, anche alla luce di quello che è l’identikit del consumatore di food made in Italy -spiega Emanuele Di Faustino, senior project manager di Nomisma-In entrambi i mercati, gli heavy user di prodotti italiani hanno difatti un profilo ben definito: sono millennials, ben istruiti e con reddito alto, residenti nelle grandi città (Londra e Sydney) e, soprattutto, attenti alla sostenibilità e digital engaged”.

 

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