Facciamo da noi: ritorna la manualità

I CONSUMI – Il fai da te scopre il gioco di squadra e regala al consumatore in crisi personale un nuovo senso di appartenenza (da MARKUP 218)

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Lo si chiamava fai da te. Oggi per meglio dire dovremmo sottolineare il boom del facciamo da noi: perché fare da sé piace, ma fare insieme con altri regala anche un nuovo senso di appartenenza. Una sensazione rassicurante di cui tutti sentiamo il bisogno. Il fenomeno è trainato dal bisogno di risparmiare, ma anche dal desiderio di trovare nuovi paradigmi per il proprio vivere di cittadino-consumatore. Il fai da te, nel suo significato più esteso del termine, significa cercare, informarsi, condividere la scoperta, la tecnica, passarsi le notizie, scoprire insieme, fare squadra, mettere in comune le competenze. Ma anche barattare oggetti e scambiarsi servizi. Emerge il valore del social network, ma anche del gruppo e basta, senza ausilio del web. Per quanto risulti difficile ridimensionare la sua capacità di fornire informazioni e notizie. Il fare da noi assume un valore emozionale e ludico. Fare insieme significa condividere e quindi abbassare il livello ansiogeno portato dalla crisi e scoprire oltre a nuovi amici anche il divertimento e la logica che sottende il fare: ritrovarsi, scambiare, toccare.

Infinita precarietà
La crisi che stiamo vivendo ormai dal 2008 sembra non finire mai. Con tutto il rispetto e la solidarietà per le fasce più deboli ed esposte che i sacrifici li stanno davvero pagando sulla propria pelle -, è proprio questo senso di incertezza per il futuro a crearci il maggior disagio. Eppure le generazioni che ci hanno preceduto hanno conosciuto momenti ben peggiori: basti pensare all'ultimo dopoguerra, quando si è dovuto ricostruire tutto dalle macerie.
Cosa è cambiato da allora? Tutto, ma soprattutto il fatto che allora la fiducia nel futuro (il cosiddetto progresso) era davvero trainante. Oggi invece, di fronte a un sistema economico/valoriale che sta mostrando tutte le sue pecche, ognuno di noi si sente solo e indifeso, e per questo più esposto. Invece di stare ad aspettare impauriti la fine della bufera, sono in molti ad abbracciare nuovi stili di vita e di consumo all'insegna della sobrietà consapevole. Non si tratta dei soliti vecchi integralismi, ma di comportamenti trasversali per età e ceto che intrecciando istanze salutiste, ambientaliste ed etiche iniziano a contaminare positivamente gli stili di vita di una parte crescente di popolazione. La parte più reattiva e creativa, capace di vedere le cose di tutti i giorni con nuovi occhi e provare il gusto del cambiamento. Ma anche di sentirsi parte di una comunità più virtuosa e positiva.

Il bello dell'home-made
Secondo recenti stime Coldiretti, sono oltre 21 milioni gli italiani che dichiarano di preparare abitualmente in casa alcuni cibi quali pane, yogurt, conserve, dolci. E il trend positivo che nell'ultimo anno ha accompagnato le vendite di ingredienti di base quali farina, uova e burro sembra confermarlo.

Nuove sostenibilità
Obiettivo: risparmiare soldi e magari anche energia, come suggerisce un singolare manuale -in vendita in libreria che spiega come cucinare i cibi
sfruttando il calore basso e costante della lavastoviglie. Ma anche mangiare più sano, come dimostra la crescita di interesse nei confronti dei mercati contadini o direttamente in fattoria. Complice un'esposizione mediatica senza precedenti -a tutte le ore in Tv c'è qualcuno che spadella- cresce anche l'interesse per la cucina cosiddetta creativa. Per le giovani mamme la nuova attrazione è quella del cake design, mania in realtà forse più dispendiosa che risparmiosa: si comincia ad acquistare il necessario per la torta del compleanno del bimbo e poi, se si è brave, si propone per le feste degli altri.

Fare in politica
Coloro ai quali ci si era affidati in quanto competenti hanno tradito la nostra
fiducia, e allora... perché non mettersi a fare da soli? Si comincia col viaggio (perché la marginalità dell'agenzia non sempre è sinonimo di valore aggiunto), per arrivare ad abbracciare una forma di fai da te politico attraverso il quale si arriva a destituire di potere chi avrebbe dovuto saper fare. A casa i professionisti e via a una politica personalizzata, fatta in casa, in piccoli gruppi, artigianale, vicina, in cui uno suggerisce all'altro i suoi modi di operare e tutti si scambiano informazioni relative a come fare.
È l'idea del laboratorio permanente, non quella dell'istituzione in qualche maniera sacra, è un modo per imparare a fare da sé e per riprendersi un potere e una consapevolezza individuali e di gruppo, o almeno il tentativo. Anche all'interno di questo aspetto emerge anche il valore gruppale del facciamo da noi.

 

     
 

Riappropriarsi di identità, sicurezza e potere

La riscoperta del fai da te indica soprattutto la volontà dei cittadini-consumatori di riappropriarsi di identità, sicurezza e potere. Non c'è più l'accezione individualistica ed egocentrica tipica degli anni ottanta, bensì una tensione al bricolage profonda, quasi psicoanalitica e senza dubbio emozionale. Il mantra è: "So fare quindi esisto. Non ho più bisogno di comprare/consumare per affermarmi". Gli aspetti da tenere in considerazione sono a tutto tondo: di tipo politico, sociale ed etico, e sono tutti legati all'idea della destrutturazione in qualche modo sovversiva, elemento che caratterizza le varie declinazioni del fai da te, evidentemente riconducibili al concetto di "decrescita felice".

Risparmiare
Chi riesce a provare piacere nel fare da sé, nel cercare soluzioni alternative al consumismo omologato, spesso ne fa uno stile di vita o un mestiere capace di generare un (minimo) reddito. Non parliamo qui dei tagli al carrello della spesa, dove entrano sempre più numerosi prodotti in promozione e di primo prezzo, e neppure di quelli ancora più drastici alle spese voluttuarie. Bensì di quell'atteggiamento che potremmo chiamare di "risparmio attivo". La voglia di "rimboccarsi le maniche". Facendo da sé pulizie, ristrutturazioni, pranzi e cene, taglio e riparazioni abiti. O magari imparando a riparare gli elettrodomestici e i guai di casa, a imbiancare le pareti, a costruire ex novo qualcosa.

Riciclare
Mentre la raccolta differenziata sta prendendo ormai piede in tutti i comuni, al grido di "non sprechiamo" si attivano vari tipi di raccolte di articoli (dall'abbigliamento all'arredamento) destinabili ad altre persone piuttosto che ad altri utilizzi. Anche in questo caso oltre a una posizione ideologica c'è anche un ritorno gratificante e ludico (guarda cosa sono capace di fare...). Gratificazione di ritorno, divertimento e coscienza. Il riciclare con intento ecologico. Ecologia della mente oltre che del pianeta. Riciclo e sistemo, metto a posto, destino ad altro uso, non spreco. Contro l'ideologia dell'eccesso che ha portato a credere di aver bisogno sempre dell'ultimo modello di tutto.

Ricreare
Contro la logica che prevedeva di fare piazza pulita di oggetti, moda e cose almeno una volta all'anno, ecco che si fa largo la volontà di conservare gli oggetti magari riassemblandoli in modo inedito. Risemantizzandoli, dando loro un nuovo senso in modo che siano destinati a un nuovo uso e al contempo
siano ricchi di storia e memoria. Ma non basta: il riuso può essere artistico e, quindi, gratificante anche sotto l'aspetto del recupero della propria creatività, del proprio ingegno. Ricostruire le trame che tengono insieme gli elementi: le logiche trasformative combinatorie sostituiscono le categorie tradizionali del compra, usa e getta.

Intervenire, partecipare
È una particolare tipologia del fai da te visto come voglia di fare e intervenire anche nei luoghi un tempo interdetti, sia che si tratti di territori dell'anima, sia che si tratti di territori reali. Possiamo inserire in questa declinazione anche il bisogno del fai da te partecipante politico. Per quanto ingenuo o per molti veicolo di caos... è il segno dell'emergere di un bisogno che ormai non può più essere messo a tacere. La volontà di mettere le mani sullo stesso tavolo in cui le mettono gli altri (non per arraffare, ma per imparare a fare le cose, per farle insieme e di migliori).

 
     

 

     
 

Risposta emozionale a consapevolezze destabilizzanti
La crisi ha agito in due modi: a) dando la consapevolezza che si devono ritirare i remi in barca, che si devono fare i salti mortali per farcela ad arrivare a fine mese; b) aprendo il velo di maya sulla realtà: forse ci siamo sbagliati, forse siamo stati imbrogliati, forse avremmo dovuto contare più sui valori e meno su «compro e dunque sono» e anche su «butto e quindi faccio posto per acquistare altro».
Il facciamo da noi rappresenta una risposta emozionale a tale destabilizzante nuova consapevolezza perché - oltre a far risparmiare qualche soldo - fa mettere le mani in pasta e, quindi, mette in contatto con una verità, che deriva dalle cose che si toccano, che si annusano, che si trasformano; con i materiali, con le esperienze tattili, gustative, con la materia insomma... una materia che ci eravamo dimenticati esistesse, e che tanta parte ha nello spirito, quindi mette in contatto la ragione con l'emozione e ci fa ricordare che esistiamo anche al di la di ciò che comperiamo e consumiamo.
D'altra parte, ci dice, ci suggerisce intimamente che non siamo esclusivamente legati a ciò che abbiamo visto fallire ma siamo anche altro, ed è proprio in questo territorio «altro» che fino ad ora avevamo trascurato che
possiamo ritrovarci, ritrovare un'identità che ha rischiato di essere fagocitata dalla crisi e che in qualche caso è davvero stata annientata o spinta nella tristezza depressogena del nichilismo.

La riconquista
Il fare da noi è un modo per riappropriarsi di un'attenzione che al contempo si rivolge al nostro interno (animo e corpo), alle persone con cui facciamo le cose e alla realtà. Una dimensione trascurata o dimenticata fino a poco tempo fa e che ora riesce a sedare l'ansia e a colmare dei vuoti tremendi.
Lavorare con le mani regala una sensazione potente: non a caso ha una funzione terapeutica anche nel recupero delle devianze. Riorganizzare, cambiare il punto di vista, ruotare, entrare in sinergia, collaborare, mettere insieme quello che c'è già imparando dai materiali, partendo dal basso. È come dire: io non ho più un posto, io rispetto a quello che ero ieri non sono più nessuno, o mi sento per lo meno in pericolo, ma nonostante tutto quello che possa o mi possa succedere... io sono qui, sto toccando con mano che non sono in un rapporto illusorio con il reale... faccio io, faccio insieme ad altri e mentre faccio mi sento.

Caterina Schiavon

 
     

Allegati

218_Consumi_Fai_da_te

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