Oltre alle persone con Artrite Reumatoide (AR) già in trattamento con i farmaci biologici, c’è un ulteriore 10% dei pazienti che ha ricevuto una diagnosi specifica e che, pur potendo trarre vantaggio dal un analogo trattamento con i cosiddetti b-DMARDS (biologics disease-modifying antirheumatic drugs), non accede alle terapie.
I farmaci in questione - a differenza degli anti-infiammatori non steroidei e dei corticosteroidi, che contrastano l’infiammazione ma non incidono sulla progressione del danno anatomico - modificano l'andamento della malattia e la rallentano, migliorando la funzionalità delle articolazioni e riducendo la disabilità e la mortalità, a patto di essere utilizzati nelle fasi più precoci del decorso dell'artrite reumatoide.
Il dato è emerso da uno studio sui pazienti con AR realizzato da Clicon Health, Economics&Outcome Research.
Nella ricerca sono stati inclusi tutti i pazienti che nel quinquennio 2013-2017 hanno ricevuto una diagnosi di artrite reumatoide. Il campione è stato poi sottoposto a un valutazione di potenziale eleggibilità al trattamento con b-DMARDS in base a linee guida consolidate.
‘Dallo studio emerge che il 9,6% dei pazienti (cioè circa 30.000 malati) presenta almeno uno o più dei criteri considerati di eleggibilità al trattamento con i biologici - spiega Luca degli Esposti, economista di Clicon -. Inoltre una quota importante dei pazienti eleggibili al trattamento con farmaci biologici risulta essere in età lavorativa (50-69 anni)’.
‘I medicinali biologici rappresentano una parte importante ma costosa dei nuovi farmaci - sottolinea Stefano Collatina, coordinatore Italian Biosimilars Group –. Da questo deriva l’importanza crescente dei biosimilari per il loro importante contributo alla sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari’. Sono oltre cinque milioni gli italiani alle prese con patologie reumatologiche, che ogni anno determinano costi sociali per oltre 4 miliardi di euro. Anche per l’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare – APMAR Onlus, i farmaci biosimilari rappresentano un’opportunità per i pazienti, a patto di garantire la libertà prescrittiva: solo lo specialista – ricorda l’associazione - può optare per l’eventuale sostituzione del farmaco, informando il paziente in ogni fase.