Federalimentare a Cibus: il settore merita maggiore attenzione

di Davide Bernieri

“Siamo la seconda economia manifatturiera d’Europa, abbiamo prodotti che tutto il mondo ci invidia eppure qui da noi abbiamo una forte e profonda cultura antindustriale. È ora di eradicare questa mentalità, dobbiamo fare una nuova cultura industriale, dare vita a una rivoluzione che sia industriale e culturale allo stesso tempo”. Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, ha aperto i lavori dell’assise di Cibus 2016 auspicando un nuovo intreccio di relazioni tra industria alimentare, mondo dell’informazione, politica e sindacato, per creare un nuovo clima di collaborazione, nonostante le tensioni che attraversano tutti i settori pubblici del nostro paese.  Toni fermi che lasciano trasparire la volontà, da parte dell’alimentare italiano, di cogliere tutte le opportunità che si stanno delineando.“Dobbiamo superare tutti i muri che ci dividono -prosegue Scordamaglia- non aver paura di crescere, di aprirci ai capitali stranieri, non ci dobbiamo accontentare della fetta grande di una piccola torta. Le 54.000 aziende alimentari che compongono il tessuto produttivo del nostro paese meritano più attenzione”.

Luci e ombre
Secondo i dati resi noti da Federalimentare, il biennio 2014-2015 ha visto alternarsi luci e ombre, con una produzione relativa allo scorso anno in calo dello 0,6% dopo la buona performance 2014. Timidi segnali di ripresa vengono dai primi mesi 2016, ma la perdita del 15% del potere di acquisto medio degli italiani rispetto al periodo pre crisi economica pesa ancora sulle possibilità di risalita. Tuttavia l’alimentare mantiene la sua posizione di comparto più impermeabile, rispetto all’intero manifatturiero: rispetto al picco produttivo del 2007, nel 2015 l’alimentare italiano si è contratto del 3,3%, rispetto al 23,1% del totale manifatturiero. Ma se i consumi interni non hanno ancora agganciato il treno della ripresa, è l’export a evidenziare i numeri più rilevanti, con un incremento del 6,7% 2015 vs 2014 e segnali importanti da grani mercati come il +19,5% fatto registrare negli Usa.

L’Ue è assente
“Il livello di export non è mai stato così alto -conclude Scordamaglia- segnale che i nostri prodotti e l’industria italiana godono di un prestigio molto vasto. In tutto questo scenario,  devo dire, la grande assente è la Ue, una latitanza pilatesca che certo non giova al nostro lavoro. Anni di commissioni, eppure la legislazione dei singoli paesi non è del tutto omogenea e spesso questo nuoce ai nostri prodotti che soffrono la concorrenza delle produzioni straniere. Non dobbiamo essere spaventati dal trattato Ttip di libero scambio con gli Usa, credo che scrivere insieme le regole con i nostri partner Usa sia il migliore viatico per imporre la nostra visione del mercato e dei prodotti. Altrimenti, gli Usa si rivolgeranno all’altra sponda pacifica e il Vecchio Continente si troverà a subire”.

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