Ferrero Rocher, quando il brand quasi scompare sotto al prodotto

Tavolo multidisciplinare – La categoria trasversale dell'indulgence sfugge a un giudizio razionale, come in questo caso (da MARK UP 199)

1. Nel portfolio di Ferrero la sovrapposizione fra brand e prodotto è una costante
2. Elevata risulta essere la creatività industriale, per un'offerta sempre distintiva e altamente protetta nei confronti della concorrenza

La pralina ingloba l'intero valore differenziante
L'unicità dell'impresa Ferrero è stata più volte sottolineata da MARK UP nelle sue analisi. Nell'accompagnare qui le riflessioni effettuate dagli esperti del Tavolo multidisciplinare - che si sono confrontati con un classico della casa di Alba (Cn) quale Ferrero Rocher nella confezione natalizia 2010 - occorre sottolineare un aspetto peculiare del posizionamento strategico del gruppo. In Ferrero il valore della company coincide, in una sovrapposizione quasi perfetta, al valore dei prodotti. Nel senso che le marche del portfolio sono, in tutto e per tutto, il prodotto che presentano. Vale anche per Rocher.
Non è nelle intenzioni dell'impresa l'impegno sulla costruzione di elementi valoriali altri, che non siano in qualche misura diretta espressione del prodotto. Il quale deve essere, invece, differenziante: ogni anno forti investimenti consentono l'implementazione di una creatività specificatamente industriale, con innovazioni tecniche, realizzazioni di macchinari speciali, registrazioni di brevetti, tutela del vantaggio competitivo. Comunicazione e marketing finiscono al servizio del prodotto, ne assecondano l'aggancio ai target specifici per cui sono stati pensati e ne illustrano nel dettaglio la funzione d'uso. Il che non significa rinunciare al ruolo di riferimento assoluto della rispettiva area di mercato, anzi. Anche su un prodotto-marca maturo come Rocher si rileva l'impostazione d'impresa: innovazione reale (con ampie prospettive di evoluzione), capace di porre barriere alte all'ingresso dei competitor.

Innovazione da subliminare
Il cuore ha iniziato a rubarlo nella prima metà degli anni Ottanta, quando ha fatto la sua apprizione sugli scaffali. La pralina in carta goffrata dorata è uno dei casi in cui il binomio fra marca d'impresa e marca prodotto risulta inscindibile: nell'immaginario non esiste Rocher senza Ferrero. Il legame è perfetto. Rafforzato ancora di più dalla nocciola, ingrediente angolare della storia di successo della multinazionale piemontese. Nell'affermazione rapidissima di questo cioccolatino sofisticato, quanto popolare, vanno posti sui piatti della bilancia sia la cialda di wafer sferica, sia il maggiordomo (o la contessa) della pubblicità. Il lancio di impianti produttivi inediti legati proprio a quella sagoma ha dato la fondamentale unicità al prodotto che, poi, la comunicazione ha sublimato presso il target. Oggi l'eredità è ben visibile: Ferrero ha potuto integrare progressivamente negli anni la sua offerta di praline sferiche, accentuando di volta in volta la tipologia di sofisticazione mediante la ricerca di golosità più raffinate, mentre Rocher ha mantenuto la sua base larga di pubblico adulto in cerca di una soluzione condivisa e universale di ospitalità. Un prodotto raffinato, disponibile, allettante.
Al termine dell'intero esercizio magico, a scaffale, resta secondo gli esperti solo il prodotto: inconfondibile, tanto da poter - quasi - fagocitare l'intero impianto di marca.

Minimalismo di sistema

La cialda di wafer di forma sferica (prima non c'era); poi la sagoma vincente racchiusa in un incarto dorato, completato da pirottino pasticcere alla base e mini-bollino ovale in cima. Sono i codici di riconoscibilità estrema che consentono alla referenza (cono, uovo o cofanetto che sia) il minimalismo trasparente ormai fatto sistema. Una sorta di brand no-logo

Piramide pronta all'uso
Ambasciatore, maggiordomo, contessa: hanno dato la giusta sofisticazione a una pralina alla portata di tutti; oggi la comunicazione sottolinea la convivialità, la visita a sorpresa e la soluzione pronta all'uso. In tavola la piramide di cioccolatini: la stessa che richiede a scaffale un pack obbligatorio, ma che può restare pressocché trasparente.

     
 

IL METODO di lavoro

Cinque diverse sensibilità professionali al cospetto di un master brand e una marca ombrello. MARK UP LAB ha riunito un economista, un esperto di marketing, un creativo, un consumerista e un semiologo per ragionare su Ferrero Rocher, cono natalizio 2010.
Il lavoro è stato scandito in due distinti momenti analitici: la riflessione sulla marca e il successivo scandagliamento sul prodotto nel suo insieme.
Ciascun professionista, a turno, ha dovuto ragionare in base a categorie percettive rilevanti:
VISIBILITÀ, ESPRESSIVITÀ, COERENZA, AGGRESSIVITÀ, CENTRATURA DEL TARGET per quanto riguarda l'analisi di brand; ACCESSIBILITÀ, ERGONOMIA, DESIGN, INNOVAZIONE E SERVIZIO, CICLO DI VITA E INFORMAZIONE per quanto concerne il prodotto.

 
     
  I giudizi sono unanimi: forse è il caso di mettere mano al system...
CHI LO DICE   VISIBILITÀ   ESPRESSIVITÀ   COERENZA   AGGRESSIVITÀ   TARGET
Roberta Renzoni
Marketing strategico
  Media, però deve essere esposto bene   È un marchio super conosciuto, con un nome e un brand così non c'è alcun sforzo nel raccontare   È sempre lui, il leader, tradizionale e immutato nel tempo   Appare un totem legato all'occasione, le forme sono riconoscibili, lo spot come il bollino del brand sono ben riconoscibili anche se nell'andare del tempo hanno perso il loro significato   Prodotto per le occasioni, di impulso, mi sembra sia un target che si sta perdendo, non si portano più i cioccolatini se non alle persone anziane
                     
Paolo Dossi
Semiologo
  Il brand si perde ma il prodotto è riconoscibilissimo   L'oro esprime preziosità, certifica l'espressività e l'oro appare prezioso come il cioccolato   È coerente con le altre tipologie e con la visibilità di altri brand del gruppo ma l'impiego di troppa plastica inficia il tutto   Le forme e i colori dell'insieme fanno apparire il brand come se fosse sottinteso e non l'attore primario   Decisamente per anziani
                     
Stefano Rallo
Strategic planner
  La visibilità è demandata all'identity del brand che scompare, quasi, rispetto alla preziosità dell'oro   È in linea con il Dna della marca che, però, appare prigioniera dell'ombra onnipresente della Contessa   Si può dire coerente in relazione al posizionamento e all'offerta della pasticceria e alla sua offerta formale   Buona, riesce, siamo nel campo dell'indulgence, a essere un brand provocante e invitante, scatta il desiderio   È un prodotto di festività, target aspirazionale medio-basso
                     
Roberto La Pira
Consumerista
  Brand visibile ma fino a un certo punto perché il prodotto ha caratteristiche forti   Prodotto e brand sono vecchi, troppo visti, il brand è soverchiato dal prodotto   Non è più all'altezza, ha perso la personalità di un tempo, va probabilmente rinnovato in profondità   Si, è ancora parzialmente aggressiva e l'aggressività è lo stimolo, anche se di vecchio stile   Va bene per tutti i target
                     
Edoardo Sabbadin
Economista
  Visibilità media, migliore quella del prodotto che quella del brand   Brand basico mentre campeggiano i colori del prodotto, l'oro in particolare   Elevata, troppa plastica sicuramente, ma è trasparente, quasi positiva   Buona, giocata più sulle forme del prodotto che sugli elementi del brand   Per chi vuole un regalo per sè, autopremiante, per il target famiglia, a cena, forse, non si porta più
                     

Regalo o self indulgence?
C'è cono... e piramide
Golosità dorata
Il primo della serie

Una composizione trionfale che contribuisce alla festa, un coperchio che nulla nasconde a quello che sarà il destino finale delle praline

Allegati

199-MKUP-Tavolo multidisciplinare

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