Filiera della carne: è tempo di reagire

Il settore coinvolge il governo e mette sul tavolo varie proposte per rilanciare i consumi, a partire da una comunicazione al consumatore (da Mark Up 250)

Reazione, finalmente. Dopo mesi di propaganda negativa ai danni del mondo della carne rossa, e un sostanziale atteggiamento difensivo da parte del comparto, la filiera delle carni alza la testa e passa all’azione. È del 26 aprile, infatti, l’invio al governo di una lettera nella quale le associazioni degli operatori della filiera (Agrinsieme, Assalzoo, Assica, Assocarni, Fiesa, Unaitalia, Uniceb) chiedono al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, l’istituzione di un tavolo permanente di confronto interministeriale e con la filiera. Una richiesta che nasce in risposta alla situazione di crisi (non è una novità) che sta vivendo il mercato da diverso tempo, ulteriormente degenerata negli ultimi mesi, a seguito della pubblicazione, lo scorso ottobre, dell’ormai noto studio Iarc, agenzia internazionale dell’Oms, sui presunti legami tra consumi di carni e insorgenze cancerogene. Una pubblicazione che ha avuto una forte eco sui mezzi di comunicazione, con esiti decisamente negativi per la vendita di carne bovina, per un calo dell’11% nel mese di novembre 2015 rispetto all’equivalente periodo 2014 (Fonte: Ismea-Nielsen). Di qui la decisione, da parte delle associazioni di categoria, di far sentire la propria voce presso le istituzioni: nella lettera di fine aprile si invita il premier a creare un gruppo di lavoro che “assuma iniziative immediate in termini di equilibrata comunicazione istituzionale al consumatore finale, un intervento articolato e di lungo periodo di educazione alimentare, politiche di rilancio e valorizzazione della qualità della carne italiana e delle produzioni nazionali”.

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Troppa faziosità, in giro. Gli operatori del settore lamentano i “continui attacchi mediatici gratuiti ed infondati in particolare a opera del servizio pubblico nazionale”. Al di là dello studio Iarc, è accaduto in più occasioni che gli organi di stampa abbiano voluto mettere al centro fatti di cronaca particolarmente controversi legati alla filiera della carne, avendo però un atteggiamento non neutrale nel raccontare i fatti, ma smaccatamente di parte. “Il risultato di questo approccio -spiega François Tomei, direttore di Assocarni- è che in televisione, troppo spesso, passa l’immagine dell’industria della macellazione come di un’industria primitiva”. Il riferimento è ai macelli fatiscenti mostrati in tv nei mesi scorsi. Il problema è che in Italia ci sono 1.500 stabilimenti di macellazione autorizzati dal ministero della Salute: un  numero piuttosto elevato per un Paese relativamente piccolo come il nostro. “Quando vediamo sulla stampa situazioni di violazione palese delle più elementari norme di rispetto degli animali -continua Tomei- si tratta di immagini di macelli comunali dati in gestione a dei privati. Strutture, cioè, che sono fuori dal controllo delle autorità, e in cui non viene imposto di investire in tecnologie e in formazione per adeguarsi”. A fronte di un ridotto numero di macelli che non funzionano, ce ne sono tanti altri che vengono controllati e che hanno investito molto per essere a norma, e di cui si tace, tendendo a fare di tutta l’erba un fascio.

L’articolo completo su Mark Up 250 con le opinioni di:

Francois Tomei - direttore Assocarni

Roberta Vicentini - responsabile marketing Vicentini Carne

Fabrizio Goracci - direttore commerciale area commerciale Martini Alimentare

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