Food court, l’area calda nelle gallerie dei centri

Urbanistica, Real Estate & Cci 2009 – Intervista con Roberto Bramati, presidente di Spazio Futuro Group.

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Le food-court sono costituite mediamente da 10-15 unità. Le dimensioni del centro condizionano molto la consistenza numerica del mix

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L'incidenza complessiva della ristorazione è cresciuta, ma è ancora lontana dalle soglie ideali

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Il monte teorico minimo (fatturato potenziale) di una food-court è 5 milioni di euro

Uno dei cambiamenti più visibili anche per i non addetti ai lavori si è registrato proprio in una delle aree oggi - e in prospettiva sempre più - strategiche all'interno dei centri commerciali: la “food-court”, la zona dedicata alla ristorazione nelle sue molteplici - e sempre più segmentate - declinazioni d'offerta.

Negli ultimi dieci anni il profilo del mix di operatori attivi nell'area ristoro ha assunto una fisionomia più improntata alla varietà, con crescente presenza di insegne organizzate in catena, ma non collegate alla grande distribuzione o ai grandi nomi della ristorazione su grandi formati come Autogrill con le sue insegne (Ciao, Spizzico, Burger King, Old Wild West, questi ultimi due gestiti in licenza), Cibis (Brek), McDonald's, My Chef. Grande distribuzione e ristorazione moderna hanno rappresentato, e tuttora costituiscono, i motori dell'offerta ristorativa all'interno dei centri commerciali, anche per motivi storici: è stata infatti la grande distribuzione a partorire i primi shopping center in Italia. Con Roberto Bramati, presidente di Spazio Futuro Group, partiamo proprio da questo punto.

Architetto, com'è cambiato il mondo della ristorazione all'interno dei centri commerciali?

Nei centri di prima generazione, quando l'àncora era costituita
essenzialmente dall'ipermercato, che era anche protagonista della galleria, gli operatori della ristorazione non credevano molto nell'opportunità di inserirsi all'interno degli shopping center: i promotori offrivano, così, gli spazi a prezzi agevolati, pur di favorire l'ingresso di nomi forti della ristorazione.

Oggi la situazione è ben diversa: gli operatori di food-court vogliono entrare nei centri commerciali e per essere presenti si sentono spesso chiedere cifre piuttosto onerose.

Come si configura in termini dimensionali lo spazio di una food-court?

L'ampiezza dell'area dedicata alla ristorazione dipende sempre dalle dimensioni e dalla posizione del centro.
Può variare da un minimo di 1.500 a mq a 3.000-4.000 mq per spingersi, solo in casi eccezionali (e cioè in centri commerciali di grandi dimensioni), fino a punte di 6.000 mq.

Quanto incide la “food-court” sul fatturato di un centro?

In passato rappresentava circa il 3%. Oggi l'incidenza oscilla mediamente tra 2,5% e 4%, ma può arrivare anche al 4-5%, nei centri commerciali di maggiori dimensioni.

Quali sono le catene leader?

La ristorazione nei centri commerciali è caratterizzata da una crescita delle insegne locali, soprattutto nelle regioni meridionali. Le nuove catene si affiancano a quelle storiche da sempre protagoniste negli shopping center, come Ciao e Spizzico di Autogrill, Brek e Mc Donald's. Fra i nomi emergenti ricordo Rossopomodoro, Old Wild West, Pork Haus, Arabian Kebab, Il Forno della Nonna e Fratelli La Bufala.
Vorrei però anche segnalare Rustichelli Mangione, insegna di Airest (gruppo Save), che sta mostrando notevole interesse per le gallerie dei centri commerciali, come dimostra la recente apertura ad Antegnate (Bg).

Come vanno i ristoranti free-flow?

Per me il free-flow è una delle tipologie di maggior successo per l'efficacia e la comodità della formula, che credo, però, sia giunta a una fase di maturità. Per sviluppare un ristorante free-flow occorrono da 600 a 700 mq con un minimo di 200 posti. Per il pareggio bisogna realizzare 1.000 pasti al giorno. All'interno dei centri commerciali queste formule non pagano più.

Quali sono i problemi principali della ristorazione all'interno degli shopping center?

A parte le notevoli differenze tecniche e di gestione tra un esercizio di ristorazione e una normale unità di vendita, devo dire che si sta riducendo la durata dei contratti: oggi la locazione dura mediamente 4-5 anni. Considerando che il tempo medio per entrare a regime è di 2 anni, quando si comincia a guadagnare si è già arrivati al momento della scadenza. E la rinegoziazione comporta molte volte il nuovo pagamento della “fee” d'ingresso.

Architetto, in che cosa consiste il pilotaggio?

In sintesi, si tratta della gestione e del coordinamento di tutte le attività tecniche e logistiche che concorrono alla creazione di uno shopping center, dall'apertura del cantiere fino all'inaugurazione del centro. Noi forniamo anche una consulenza pre-realizzazione per definire l'opportunità di procedere alla costruzione e al ripristino di strutture architettoniche commerciali e private.

Il pilotage è una realtà poco nota ai non addetti ai lavori, ma riveste un'importanza capitale per tutti gli operatori della filiera.
Come nell'automobilismo, a parità di prestazioni meccaniche, la differenza è fatta dal pilota, così il centro commerciale da quando nasce sino alle fasi finali della sua realizzazione presenta una serie di problematiche tecniche in sede costruttiva e d'allestimento dei punti di vendita, che richiedono l'intervento di una società specializzata in grado di accompagnare la macchina shopping center dall'apertura del cantiere fino all'inaugurazione.

È possibile quantificare il costo medio dell'attività di pilotaggio?

L'incidenza del pilotage oscilla in genere tra 15 a 22 euro al metro quadrato, ma i costi variano secondo dimensioni e tipologia del centro commerciale: dipende, quindi, da alcuni fattori chiave fra cui taglio delle unità, superfici e numero di punti di vendita, capitolato tecnico (Manuale dei vincoli), coordinamento e gestione dei lavori, tipo di servizi richiesti.

A quando risale il vostro esordio nel pilotage?

Abbiamo cominciato circa 8 anni fa. Il primo centro commerciale che abbiamo aperto è stato San Martino 2 a Novara, committente LSGII (Générale Immobilière Italia), che fa capo a LSGI, pioniere dei centri commerciali in Europa, attivo dal 1962, con 38 shopping center finora realizzati, fra i quali ricordo quelli storici di Parly2 e Lyon La Part-Dieu.
E, last but not least, Euroma 2, in prossimità del Grande Raccordo Anulare, all'inizio della Pontina, con una galleria di 213 negozi, 27 ristoranti e un parcheggio di circa 4.000 posti auto.

Robert de Balcany, il patron del Groupe Générale Immobilière, è un maestro nella promozione di shopping center. Ma Euroma 2 è il centro commerciale più grande che avete pilotato?

L'esperienza con Robert de Balcany è stata per noi una nave scuola. Euroma 2 sviluppa oltre 51.000 mq di Gla, e 240 unità fra negozi ed esercizi di ristorazione.
Dal punto di vista della Gla, il centro commerciale più grande che abbiamo aperto è Centro Campania, a Marcianise (Ce), promosso da Cório Italia: questo centro ha un numero inferiore di unità (184), ma sviluppa oltre 65.000 mq di Gla.

La food-court di Centro Campania è considerata fra le più importanti in Italia per dimensioni e numero di esercizi. È d'accordo?

Sì. Uno dei suoi vantaggi risiede anche nella pianta circolare con sviluppo su due livelli. La food-court si compone di 25 locali su complessivi 6.000 mq e si concentra su Piazza Campania, uno degli ingressi principali. Il megaschermo, gli spettacoli e gli intrattenimenti giornalieri e la contiguità dell'area con il cinema multisala rafforzano il mix intrattenimento-ristorazione, uno dei punti di forza del centro commerciale.

I principali formati nelle food-court

(valori in mq)

DA 50 A 100 MQ Bar, gelateria, pizzeria, focacceria.
DA 200 A 300 MQ Fast food (es. McDonald's, Spizzico, Burger King)
DA 150 A 250 MQ
Etnici (messicano, giapponese, arabo ecc.)
DA 500 A 700 MQ Self-service, free-flow.
DA 200 A 300 MQ Ristoranti con servizio al tavolo

Fonte: Spazio Futuro

Allegati

Cci2009-FoodCourt
di Roberto Pacifico / giugno 2009

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