#foodporn, l’aspetto narrativo del cibo

Gli alimenti acquisiscono un valore sulla base del dialogo. Per questo la dimensione visuale del cibo è sempre più curata (da Mark Up n. 261)

Nel momento in cui questo articolo viene scritto, sono circa 125 milioni le foto pubblicate su Instagram accompagnate dall’hashtag #foodporn. Ciò lascia intendere che l’espressione sia entrata nel lessico contemporaneo ma, allo stesso tempo, la variegata casistica di immagini accompagnate da questo tag costituisce un corpus proteiforme dai confini sfumati, che coglie una tendenza culturale percepita e condivisa dagli utenti, senza identificare però uno specifico tratto estetico-stilistico. Il food porn non è inteso come un genere, ogni alimento può essere inserito in questo vasto contenitore a patto che sia fotografato, ripreso o narrato. Ciò che induce i consumatori a utilizzare questa espressione alla moda per descrivere le proprie esperienze gastronomiche è la crescente importanza dell’aspetto visuale e narrativo del cibo, che sta sormontando il suo status di nutrimento. Food porn è quindi l’indicatore di una tensione tra un cibo da mangiare e uno da guardare, leggere e ascoltare. L’importanza del cibo non dipende più dalla sua funzione fisiologica: gli alimenti acquisiscono un valore sulla base del dialogo. Per questa ragione la dimensione visuale del cibo è sempre più curata, stimolando il tipico atteggiamento del consumatore di frapporre tra sé e i propri consumi alimentari la macchina fotografica o lo smartphone, per guardare il cibo con un occhio tecnologico. Attraverso la fotografia, il consumatore crea una personale antologia di ricordi fuggitivi, che paradossalmente acquisiscono verità se certificati dalla macchina fotografica, che li sottrae dalla propria natura effimera. Nel momento in cui la tecnologia smette di essere usata come forma artistica e si diffonde tra i consumatori di massa, inizia anche a divenire parte di un rituale di catalogazione del mondo e delle esperienze. La fotografia è la forma parallela e successiva dell’alimento, è la sua testimonianza e il suo ricordo, la prova di una esperienza e di una abilità, la possibilità di una sua condivisione pubblica. I rituali fotografici descritti spingono a consumare il cibo attraverso il colpo d’occhio, solo successivamente e in ragione di una fascinazione estetica, l’alimento è anche assaporato. In secondo luogo, gli alimenti subiscono un processo di estetizzazione, in ragione del fatto che non si rivolgono direttamente al commensale, ma tentano di sedurre il teleobiettivo. Ciò fa nascere una cucina nuova e nuove tipologie di consumo.

L'intero articolo su Mark Up n. 261

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