Gen Z: i valori della generazione mobile first e attenta all’unicità

Gen Z
Centennials, Zoomer, Digitarians, iGen. La Gen Z non ha nome perché sta rivoluzionando il modo di vedere il mondo e di fare acquisti

Sono nati tra il 1997 e il 2012 e, dopo diversi sondaggi effettuati per deciderne il nome, sono definiti generazione Z o Gen Z. Si tratta di quella fascia di giovani che, a oggi, ha un’età compresa tra i 25 e i 10 anni e che è nata nel boom di internet: non ricorda e non ha mai vissuto in un mondo senza connessione. In effetti, si tratta della prima generazione che ha goduto dell’accesso a internet sin dall’infanzia, che è nata con gli smartphone alla mano, la generazione mobile first, basti pensare che il primo iPhone è arrivato sul mercato nel 2007 quando i più “vecchi” Zeta avevano solo 10 anni.
La connessione alla rete globale è, quindi, il fattore che caratterizza maggiormente questa generazione e le sue necessità. Una generazione che è stata definita Zeta semplicemente perché non ci si riusciva a metter d’accordo su un nome più esplicativo. Molti li chiamano Centennials, altri hanno proposto Digitarians (che non ha bisogno di spiegazioni). Curiose due denominazioni proposte: Zoomer, proprio per il legame con le piattaforme come Zoom che, in particolare, hanno caratterizzato i contatti personali durante la pandemia; inoltre, Zoomer si contrappone, foneticamente e semanticamente, a Baby Boomers, la generazione dei loro nonni così distante in termini di abitudini e ideologie. Una riflessione su iGen, nome che in molti dicono di aver coniato, è interessante: una definizione che strizza l’occhio ai prodotti Apple (iPhone o iPad) come a definire una generazione legata indissolubilmente a un brand.
I Centennials sono il target chiave oggi e per i prossimi 20 anni, coloro ai quali le aziende devono parlare. Proprio per questo è cruciale che i brand comprendano i bisogni di questa generazione, i loro ideali e le loro aspettative, soprattutto negli acquisti.

La fluidità tra online e offline

La Gen Z è quella dell’autenticità e dell’unicità. Se le generazioni precedenti prediligono l’omologazione alla massa, un’impostazione dettata principalmente dai marchi, oggi è finito il capitalismo tradizionale, per il quale tutto il funnel di vendita aveva nella conversion la sua realizzazione piena, e gli Zeta vogliono distinguersi. L’atto di vendita fine a sé stesso è riduttivo e non può essere l’unica mission di un’azienda. I Centennials si caratterizzano per la fluidità del passaggio tra online e offline: usano internet più di tutti, ma sentono anche l’esigenza di fare shopping in store e qui si aspettano esperienze avanzate. Il successo di un brand, quindi, deve passare per una costumer experience di alto livello. Essere competitivi per questa fascia di popolazione significa sfruttare la loro predisposizione a un approccio omnicanale, frictionless che permette un’esperienza dove l’eCommerce completa lo store e viceversa, senza annullarsi l’un l’altro.
Per carpire questa nuova categoria di shopper, i brand devono concentrarsi sul digital marketing. A spiegarci l’andamento di questo settore l’evento digitale Focus Digital Marketing per l’eCommerce e il New Retail organizzato da Netcomm.
Il 77% delle aziende italiane con piattaforma online ha compreso l’importanza del digital marketing e, quindi, della necessità di avere un team ad hoc dedicato; è, altresì, consapevole che per dare applicazione una progettazione simile sono necessarie le giuste tecnologie. Nonostante questo riconoscimento, solo il 58% del campione dichiara di aver raggiunto un buon livello tecnologico per il digital marketing.

Dove vogliono acquistare i Gen Z

La Gen Z è pronta al Metaverso, o quantomeno alla versione beta di esso. Se fisico e digitale per i Centennials si fondono divenendo due facce della medesima medaglia, allora questo nuovo trend è indirizzato esattamente a loro. Il Metaverso è un’estensione della vita reale nel virtuale, per questo non è semplicemente tecnologia, ma parliamo di un vero e proprio lifestyle ibrido che carpisce le esigenze di quella fascia di popolazione che non ha difficoltà a spostarsi da una dimensione all’altra. Cosa si aspetta la Gen Z dal Metaverso? A rispondere al quesito una ricerca condotta da Vice Media Group e Razorfish. Il 30% degli iGen si aspetta dai brand lo sviluppo di negozi virtuali, suggerendoci la volontà dei giovani di effettuare una vera e propria migrazione su queste piattaforme.
Spopolano il Live Streaming Commerce, ma anche il Social Commerce che permette gli acquisti in app, evitando al consumatore di lasciare la piattaforma social.
In questo contesto si colloca il gaming, sempre più in auge. Le restrizioni legate alla pandemia hanno portato a un aumento considerevole dell’uso di videogiochi. Questo ha non solo ha ampliato la platea di giocatori online, ma ha anche favorito la professionalizzazione di content creator nell’ambito gaming. Proprio per questo, il gioco online rappresenta una grande opportunità di business per i brand.
Il commentatore di videogiochi comprende il gioco, fornendo un valore aggiunto allo spettatore (altra figura in forte crescita). In questo contesto il leader assoluto è Twitch, piattaforma di proprietà Amazon, su cui spopola il formato dei livestream: un momento in diretta durante il quale avviene il commento del gioco, anch’esso live, come una vera e propria partita dal vivo.
Secondo il report Gaming X Influencer marketing study 2022, redatto da SocialPubli, più dell’82% degli utenti ha visto un considerevole aumento del numero di marchi che fanno pubblicità sulle piattaforme di gioco. Spopolano, senza sorpresa, le sponsorizzazioni su marchi di gioco, seguiti da tecnologia, bevande energetiche e marchi sportivi.
I brand si stanno nuovamente trasformando sulle esigenze dei consumatori: da fisico, a eCommerce, ora virtuale. Secondo i dati di Newzoo sul 2021, il 20% della Gen Z prevede di indirizzare il proprio budget assegnato a intrattenimento e tempo libero agli acquisti in-game nei prossimi cinque anni.

Per identificare i trend della Gen Z utili ai brand per catalizzare l'attenzione, Snapchat, camera company in cui è possibile pubblicare foto e video che si auto eliminano, ha commissionato a Crowd Dna uno studio. Dalla ricerca emerge che il 60% del campione apprezza la Realtà Aumentata (Ar) perché offre un'esperienza più personale; proprio per questo il 91% dei Gen Z interpellati è interessato a usare questa modalità per fare acquisti. Lo scopo dell'Ar è ricalibrare lo shopping incentrandolo sul consumatore. Inoltre, l'Ar crea a tutti gli effetti delle community, driver fondamentale per questa fascia di popolazione che ha bisogno di essere guidata dalle opinioni altrui: dalla ricerca, infatti, emerge che il 58% dei ragazzi è entrato in contatto con altri coetanei grazie alla passione comune per un brand. Infine, anche in questo caso l'autenticità fa da padrona, con il 50% del campione che predilige toni informali ed espressioni autentiche di sé.

Open Learning e Gen Z

I social oggi offrono un altro tipo di contenuto, non più solo di intrattenimento, ma anche informazione ed educazione. Si tratta di una categoria molto apprezzata dalla Gen Z, lo conferma anche il report “L’Open Learning e la Generazione Z” a opera di ObservatoryZed. Se le piattaforme online sono tanto amate e frequentate assiduamente da una fascia di popolazione, allora non solo il brand, ma anche l’informazione e la formazione possono sfruttare questo contenitore. Da qui la spiegazione del successo di pagine social come Will e Torcha, che nascono appositamente per fare informazione in una maniera innovativa e del tutto in linea con i nuovi canali. E su questa scia, le stesse grandi testate giornalistiche hanno cercato di stare al passo, trasformandosi e rendendo i propri contenuti accattivanti, sintetici e di facile comprensione. Sono diverse le realtà che hanno deciso di stimolare nei giovani il desiderio di sapere e di arricchire il proprio bagaglio culturale, in maniera parallela all’educazione scolastica e accademica. I giovani tendono a prediligere contenuti formativi pubblicati da account verificati, quelli della spunta blu. Nello specifico, TikTok consacra il ruolo dell’infotainment che passa dal modello tipico dei salotti televisivi, a dei veri e propri contenuti divertenti o accattivanti con il duplice ruolo di intrattenere e informare. Anche le istituzioni scolastiche e le Università, come la Liuc, approcciano a questo metodo, cercando di avvicinarsi alla Gen Z parlando la loro lingua, ma senza svilire il proprio ruolo di educatori.
Si tratta di strumenti che non annoiano l’utente, perché non si sente obbligato a informarsi, soprattutto attraverso media come la televisione che ricopre un ruolo marginale nella loro realtà. Un post educativo, magari anche divertente, si alterna a un video di puro intrattenimento: è così che l’informazione è più semplice da recepire e immagazzinare, proprio come fosse un qualsiasi contenuto. D’altronde, Instagram come pure TikTok nascono sfruttando le immagini, che stimolano la memoria fotografica e lasciano il segno nelle menti di una generazione allenata a ricevere messaggi visual e a saperli gestire correttamente.
Non va dimenticato che la generazione Z è quella più attenta alla sostenibilità, proprio perché, nonostante la minore abitudine alla lettura e alla televisione, maggiormente consapevole grazie anche agli strumenti a sua disposizione.

Sostenibilità e fluidità di genere

Le aziende devono conoscere il nuovo consumatore e per incanalarlo all’acquisto devono carpirne gli ideali che devono, a loro volta, divenire ideali del marchio. La Gen Z, infatti, è molto attenta all’operato sociale di un brand. I Centennials sono i più sensibili al tema del cambiamento climatico essendo la generazione del Friday for Future. Secondo un’indagine Deloitte, per il 42% della Gen Z italiana il problema climatico è la sfida numero uno da affrontare e l’80% pensa che siamo di fronte a un punto di non ritorno. Proprio per questo sono disposti non solo a cambiare le proprie abitudini (il 95% degli Zeta italiani afferma di fare uno sforzo per proteggere l’ambiente), ma anche a scegliere aziende che fanno attenzione all’impatto ambientale. E sono disposti ad affezionarsi a questi brand, fidelizzarsi e, se necessario, spendere di più per un prodotto che deriva da una supply chain sostenibile.
E sostenibilità per la Gen Z non è solo ambiente. I Centennials sono la generazione della body positivity, della fluidità di genere e del sostegno Lgbtqia+. In particolare, sono interessanti i dati estrapolati dalle ricerche Pinterest in occasione del mese del Pride (aprile 2021). Spopolano in tutto il mondo le ricerche sull’espressione di genere, sul sostegno e sulla promozione di un senso di appartenenza nella comunità. Più che raddoppiate le ricerche “Identità di genere”, “Bandiera gender fluid” ed “Estetica gender fluid”.
Le piattaforme sono indicative per un brand in base all’utenza: approdare su quelle targettizzate Gen Z è cruciale. TikTok è sicuramente il social di punta dei Centennials, che l’hanno visto nascere e al quale sono più affezionati rispetto agli altri, che invece attraggono “quelli della loro epoca”: così Facebook per la generazione Y, allora Instagram per i Millennial. Anche Spotify è un grande contenitore che, accaparrandosi ampie fette di diverse generazioni, risulta una delle piattaforme preferite della Gen Z.
Il report Culture Next di Spotify ci fornisce un quadro chiaro della propria utenza e di ideologie e bisogni dei giovani. Solo nel primo trimestre 2022 gli utenti di età compresa tra i 18 e i 24 anni hanno ascoltato oltre 578 miliardi di minuti di musica, 16 miliardi in più rispetto ai Millennials. Le Gen Z ha bisogno di comprendere meglio sé stessa, connettersi con la propria persona e la propria personalità, abbandonando stereotipi, etichette e omologazioni di ogni genere. In questo senso, la musica e i podcast sono gli strumenti migliori che permettono ai giovani di staccarsi dal mondo reale ed entrare in una realtà parallela utile a comprendersi.
Un dato, poi, ci conferma un altro trend per la Gen Z. Dopo l’uscita dell’ultima stagione della serie tv Netflix “Stranger Things”, schizza nelle classifiche di tutto il mondo il singolo “Running Up That Hill” di Kate Bush. Si tratta di un pezzo della metà degli anni ’80, epoca in cui è ambientata la serie tv, che ha raggiunto oltre 103 milioni di ascolti su Spotify tornando in vetta alle classifiche per la prima volta a 37 anni dalla sua uscita. Questo apre un’altra, e ultima, parentesi sui bisogni dei Centennials: oltre un terzo di questa generazione ritiene di essere nata nel decennio sbagliato. Si sta reinventando la nostalgia proprio per il concetto di unicità che contraddistingue i giovani, alla costante ricerca di nuovi modi di esprimersi. Al 77% della Gen Z italiana piace quando un brand ripropone vecchi stili estetici, il 74% apprezza quando un marchio realizza contenuti o prodotti retrò.

Le esigenze dei nati tra il 1997 e il 2012 sono chiare e, al contempo, complesse. Sono una generazione digitale, che ama toccare con mano. Che ha fiducia nell’umanità e sacrifica le proprie esigenze in favore dell’ambiente. Che si spoglia di etichette sociali, educando i propri genitori a una modernità estremizzata, mai conosciuta prima in termini di quantità di cambiamenti. Sono persone che adorano i richiami al passato, consapevoli che chi ha vissuto quegli anni ha “rovinato” in qualche modo il pianeta portandolo alle condizioni tragiche attuali. Vogliono acquistare in maniera cosciente, online, offline, nel Metaverso o in store, durante Live e sui social. Vogliono farsi consigliare i prodotti dagli amici e, soprattutto, dagli influencer. Sono consapevoli, inoltre, del carovita molto più di quanto non lo fossero i Gen Y alla loro età.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome