Gentrificazione all’italiana

Urbanistica – Un fenomeno che da noi deve fare i conti con le peculiarità del nostro mercato; ma anche nella penisola il retail è protagonista

Coniato dalla sociologa tedesca (in seguito naturalizzata inglese) Ruth Glass nel 1964 per descrivere i cambiamenti nella struttura sociale di alcuni quartieri di Londra, il termine “gentrification” è ormai entrato a pieno titolo negli studi sulle riqualificazioni urbane. Anche se questo fenomeno è accompagnato da una notevole pluralità di definizioni e interpretazioni, si può dire con relativa certezza che la “gentrificazione” (se vogliamo mantenere questo brutto calco dall'inglese) si trova al confine tra sociologia e urbanistica; e spesso è più inerente alla prima che alla seconda.
Molte città europee hanno quartieri degradati, eppure ricchi d'identità e di storia: entrati in crisi, a causa di molteplici fattori spesso derivanti dalla recessione economica, a un certo punto evidenziano segni di rigenerazione, sostituzione funzionale, spontaneo recupero edilizio. I ceti popolari a poco a poco cedono il posto a una popolazione più giovane, acculturata e benestante. Così è cominciato il fenomeno della “gentrification” soprattutto nel mondo anglosassone e americano.
Purtroppo la “gentrificazione” è spesso il risultato di riqualificazioni urbanistiche (si veda http://www.linkiesta.it/gentrification) che comportano abbattimenti di interi edifici, sfratti forzati, snaturamento dell'identità storica di un quartiere. In Europa (e in particolare in Italia) questi estremi hanno scarse possibilità di verificarsi per via dell'elevatissima incidenza della proprietà immobiliare in ambito residenziale (vedi grafico a fianco).
In non pochi casi i drastici interventi decretati dalle autorità locali in alcune grandi città europee (ad esempio, Amburgo, Berlino, Parigi) sono stati resi necessari da esigenze di sicurezza e igiene pubbliche. Un caso esemplare, per rimanere nei confini nazionali, è l'abbattimento dell'edificio, per anni abusivamente occupato (con tutti i rischi connessi alla sicurezza degli inquilini e degli abitanti del quartiere), in pieno centro direzionale di Milano (via Adda-via Cornalia), proprio a fianco del grattacielo Telecom, e quindi a ridosso dell'area Varesine dove oggi svettano i grattacieli Hines.
I rischi che si ripetano situazioni di questo genere non sono poi così bassi in Italia, Paese che pullula non solo di aree ed edifici industriali dismessi e abbandonati, ma anche di numerosissimi stabili civili che, pur in pieno centro, hanno grossi problemi di degrado anche antropico, ubicati in zone centrali con caratteristiche storico-urbanistiche particolari e “identitarie”, come i “carruggi” di Genova, nella zona Porto: in anni passati erano zone ad alto rischio; oggi, e a partire dalle Colombiadi, notevolmente migliorati e “gentrificati”.

Fenomeni spontanei ma guidati

Come sostiene anche l'architetto Stefano Boeri (vedi intervista), la gentrificazione è un processo in larga parte spontaneo, ma che non esclude il ruolo decisivo e catalizzante degli interventi urbanistici di ambito locale e mirato (ristrutturazioni, opere di arredo pubblico e segnaletica, apertura di servizi pubblici come biblioteche e teatri, ecc.) o di respiro urbanistico più ampio (programmazione) che possono creare fattori incentivanti al decollo.
Una cosa è certa: è opinione comune che la presenza di una certa microcriminalità (soprattutto quella legata allo spaccio di droghe) freni il processo di miglioramento complessivo della qualità urbana locale che avvantaggerebbe tutti gli abitanti, storici e nuovi, del quartiere.
Di fattori sociali e culturali che inibiscono o, al contratrio, incentivano i trasferimenti e la valorizzazioni di quartieri sulla via dell'obsolescenza tratta anche uno dei libri più recenti dedicato al tema (a cura di Lidia Diappi, “Rigenerazione urbana e ricambio sociale. Gentrification in atto nei quartieri storici italiani”, Franco Angeli). Gli autori prendono in esame quattro quartieri storici di città italiane (Quadrilatero Romano a Torino, Isola a Milano, Piazza delle Erbe a Genova e Santa Croce a Firenze) per descrivere il profilo dei nuovi abitanti, i motivi alla base delle scelta insediative, le condizioni dell'impianto urbano che possono condizionare l'avvio di processi spontanei di riqualificazione.

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Allegati

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