Giovani fragili e sfiduciati, in cerca di inclusione e meritocrazia

Foto di Dim Hou da Pixabay
Il quadro emerso dal Rapporto Censis invita le aziende a un diverso approccio alla generazione sia lato risorse umane che branding esterno

I "grandi", a parole, lo sanno, o per lo meno ne sono consapevoli coloro intervenuti al Marketing & Retail Summit 2022, dedicato non a caso al lato più umano del fare business. Chi guida le aziende o interi reparti, infatti, vede tutti i giorni che, alla base di innovazioni mancate o della difficoltà stessa di attrazione e retention c'è (anche) un grosso problema di sintonia tra vecchie e nuove generazioni, diverse per forma mentis (nascere in un mondo già digitale ti cambia a livello cognitivo), opportunità avute alla medesima età, sicurezza del contesto di crescita e conseguente interpretazione di cosa il lavoro debba rappresentare. Basti guardare il pullulare sui social di discussioni a tema "il classico boomer" versus "questi giovani d'oggi" per capire come il solco si stia facendo, per alcune fasce sociali in particolare, sempre più profondo, con rimpallo di responsabilità e risentimento reciproco. In alcuni casi c'è anche comprensione: l'aumento degli episodi di burnout, la great resignation e il volersi riappropriare di un nuovo livello di benessere personale trovano armonia intergenerazionale. Stesso discorso per il tema delle affinità di marca, che in alcuni casi riescono, grazie a un heritage solido unito a un approccio flessibile, a diventare love brand trasversali (è quello che sta cercando di fare Esselunga). Come già trattato più volte su queste pagine, in sintesi, per rispondere a tutti questi cambiamenti lato aziendale è necessario dare vita a nuovi modelli interni, sul fronte risorse umane in primis, e a un nuovo modo di stare sul mercato sul fronte esterno (una questione di vera e propria postura, come ricordato da Paolo Iabichino al B2B Day).

Il sentiment dei giovani italiani in numeri, tra futuro, salute e speranze

Passando a qualche dato concreto ed attuale, a tracciare un quadro significativo del sentiment degli under 37 italiani è l'ultimo rapporto realizzato dal Censis per il Consiglio Nazionale dei Giovani e l’Agenzia Nazionale per i Giovani.
Secondo l'indagine più di sei giovani su dieci (62%) hanno cambiato la propria visione del futuro a seguito della pandemia: solo per il 22% quest'ultimo sarà migliore, mentre il 40% ritiene che peggiorerà. Manca una promessa di miglioramento e benessere per le giovani generazioni e, di fronte all'ignoto, prevalgono incertezza (49%) e ansia (30%), che in alcuni casi si trasformano in paura (15%) e pessimismo (13%) soprattutto dinanzi a eventi le cui dimensioni e conseguenze vanno oltre la capacità di previsione e di intervento dei singoli.
li 27% dei giovani dichiara che durante la pandemia la sua salute è peggiorata e la quasi totalità (97%) ha avuto almeno un piccolo malessere, tra mal di testa (69%), dolori articolari (57%) e problemi intestinali (42%). In aumento anche i disturbi del comportamento alimentare, quali l’anoressia e la bulimia: il 12% dei giovani tra i 18 e i 36 anni dichiara di soffrirne, in particolare il 13% delle donne e l’11 degli uomini, il 16% degli under 25 e il 10% di chi ha tra i 25 e i 36 anni. Il 45% dei giovani dichiara, inoltre, che dopo la pandemia desidera trascorrere a casa più tempo possibile, con circa la metà degli under 35 (48%) che sviluppato una sorta di agorafobia. Il 47%, poi, dichiara di sentirsi fragile e il 32% si sente solo, quota che sale al 39% tra i giovanissimi. A soffrire di ansia e depressione, dopo il Covid, è il 45% degli under 37enni (una percentuale che sale al 49% per gli under 25).
Per quanto riguarda il rapporto tra giovani e politica, dallo studio emerge che l’Italia è un Paese in cui comanda una gerarchia di adulti che faticano a lasciare i posti di potere: il 64% della popolazione pensa che ci siano troppi anziani ai vertici delle istituzioni. Si tratta di un’opinione che è trasversale alle diverse fasce di età, seppure maggiormente condivisa da giovanissimi (77% tra i 18-24enni) e giovani-adulti (71% tra quelli che hanno tra i 25 e i 36 anni), e che ha i maggiori sostenitori coloro che vivono nel Nord-est (82%), i laureati (77%) e gli studenti (83%). Grande è la sfiducia nei confronti della politica: circa sette giovani su dieci (69%) non si sentono rappresentati, con quote che raggiungono il 75% tra quelli che risiedono nel Nord-est e il 77% tra i disoccupati. Il 23% degli under 35 (che sale al 24 % tra i giovani-adulti) pensa che la prossima volta non si recherà alle urne a votare.
Cosa desiderano, infine, i giovani? Il 68% vorrebbe vivere innanzitutto in una società più inclusiva, mentre il 32% sogna una società più meritocratica, in grado di premiare chi è bravo e ha voglia di fare, anche a costo di lasciare indietro qualcuno.

Un problema che mina la competitività del Paese

I dati del rapporto evidenziano chiaramente come la questione generazionale stia trascinando sulla pelle di troppe ragazze e troppi ragazzi le conseguenze di una crisi che ha creato forti squilibri economici, sociali e psicologici che non solo minano alla competitività del Paese ma rischiano di lasciare indietro una generazione esausta”, sottolinea Maria Cristina Pisani, confermata presidente del Cng per i prossimi tre anni: “Ce n’è abbastanza per comprendere perché i giovani sempre di più scelgono di fuggire all’estero, perché non riescono a mettere su famiglia e fare un figlio e quali sono gli ostacoli che ancora oggi impediscono una loro piena emancipazione. Occorre riflettere su una concreta promessa di futuro per arginare l’onda d’urto della crisi pandemica, economica e delle attuali sfide su un’intera generazione, che oltre ad essere la più povera è anche la più sola.

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