Giù le mani dalla mia high street

Consumi all'estero – La Bbc ha seguito per un anno i cambiamenti nell’offerta (un mix di negozi indipendenti e catene) di una tipica high street inglese. Tante le chiusure, dal pub alla boutique, mentre prosperano le catene discount e i negozi dell’usato.

Non è certo un novità: i negozi cittadini, dal fruttivendolo alla cartoleria, sono in crisi da anni. E il difficile momento economico non ha certo migliorato la situazione. In questo, tutto il mondo (occidentale) è Paese. I britannici però, alle loro tradizioni ci tengono e sono pronti a combattere per mantenerle. Di fianco alle cabine telefoniche rosse che ormai non usa più nessuno e agli ingombranti (e inquinanti) taxi neri londinesi, sopravvive la high street, la via principale del centro città con quei negozi dalle insegne sgargianti, per lo più a una vetrina, in fila uno all’altro. Ma come se la cava nella recessione?

È andato a scoprirlo la Bbc che ne ha scelto un “campione”, Shirley High Street a Southampton, e l’ha seguita nel tempo, intervistando negozianti e clienti, per oltre un anno.

Via il mito Woolworths, arrivano i negozi discount

Dal 2008 la grande novità è la chiusura del pdv Woolworths, una vera istituzione, che non ha retto alla crisi e dopo 99 anni di onorato di servizio a gennaio 2009 ha chiuso per fallimento. Al suo posto? S’è installato (mantenendo in certi casi anche i dipendenti) un 99p Stores (quelli del “tutto a”: 99 pdv nel Regno Unito che vantano un incremento di vendite annuo del 7% che i vertici prevedono di raddoppiare nei prossimi tre anni).

Hanno chiuso invece un pub, un parrucchiere, un negozio di abbigliamento per donna e una cartoleria. Chiusure contenute, dopotutto (-7%, metà della media nazionale), ma a fronte di una proliferazione inusuale di negozi di seconda mano (con finalità benefiche, i cosiddetti charity shop) e di discount. Il che non sorprende, se si pensa che il tasso di disoccupazione in zona è raddoppiato in un anno, ed evidentemente la gente è diventata molto, molto più attenta al prezzo.

Se il segmento lusso soffre (saloni di bellezza, ristoranti, ecc), vanno invece bene il ciabattino che ripara le scarpe e il negozio di articoli da campeggio, perché con la recessione, si sa, le vacanze si fanno in patria, e low-budget.

Un fenomeno nazionale, quello dei negozi che puntano tutto sul prezzo: a fine 2009 nel Regno Unito c’erano 1.423 negozi discount (99 p store e Poundland le catene più diffuse), il 60% in più dall’inizio della crisi. Non male vero? La difficile situazione economica, svuotando spazi commerciali in zone un tempo prestigiose, ha permesso a questa sorta di reietti del retail (multati in due casi per vendita di prodotti dannosi e accusati di scarsa igiene dei pdv) di penetrare dove prima non c’erano.

Il risultato dell’arrivo di questi negozi? Cambia il target della clientela che frequenta la zona, Secondo Greg Hodge di Planet Retail “attraggono nella high street anziani e persone con basso reddito: se arrivano loro i giovani benestanti vanno altrove”. Anche i locali vuoti scoraggiano il cliente potenziale, creando un senso di abbandono e desolazione. Nel 2009 hanno chiuso i battenti nel Regno Unito 12.000 negozi indipendenti e 7.000 pdv di catene nazionali (dati The British Retail Consortium).

La soluzione? Supermarket di vicinato e temporary shop

Due motivi che scoraggiano dal fare acquisti in centro sarebbero la mancanza di parcheggio in zona e l’uso dell’e-commerce (in gran spolvero in gennaio a causa dell’ondata di gelo che ha colpito il Nord Europa). C’è da dire però che molte catene puntano ora anche sui piccoli supermercati di vicinato: Tesco Express e Sainsbury's Local hanno occupato alcuni dei locali “svuotati” causa crisi.

Un’altra opportunità per rivitalizzare i centri cittadini sono i temporary store: attirano clientela giovane e attraggono comunque molta attenzione.

Molti consumatori inglesi però non s’accontentano, e vedono nero. La high street muore lentamente, e loro non ci stanno. Parte allora la campagna: anni fa hanno salvato la birra tradizionale, la “real ale”, che stava scomparendo a favore dei marchi globali, e ci sono riusciti benissimo, scongiurando la chiusura di più di un piccola birrificio indipendente. Oggi cercano di difendere i centri città in decadenza, e chiedono agli enti locali di agire prendendo provvedimenti che agevolino il ritorno dei clienti. Sotto accusa ci sono le catene internazionali, che avrebbero trasformato i centri città in repliche tutte uguali e senz’anima.

Lo scontento comunque c’è, e sta facendo il vuoto. Secondo il 56% dei consumatori (dati ICM) la high street è peggiorata negli ultimi cinque anni (per il 12% migliorata, il 27% non ha notato cambiamenti). Meno di un terzo fa spese in zona come o più di cinque anni fa mentre il 41% usa più l’e-commerce e il 37% fa spesa fuori città perché c’è un parcheggio comodo.

Il leggero miglioramento della situazione economica (anche se i dati sono contrastanti: leggero aumento delle vendite negli ultimi mesi a fronte di una stagnazione del potere d’acquisto delle famiglie e di un aumento della disoccupazione) per ora non si riflette affatto in un boom di aperture, anzi: sono sempre più gli spazi commerciali vuoti. Se va un po’ meglio rispetto all’anno passato nelle location appetibili, i cartelli “to let” si moltiplicano nelle piccole città, nel Nord est e nelle Midlands. Negli ultimi sei mesi del 2009 gli spazi commerciali vuoti sono aumentati del 12,4% (dati the Local Data Company). E secondo Barry Gilbertson di PricewaterhouseCoopers, anche a fine recessione, dal 18% al 22% dei locali vuoti nelle high street non saranno rioccupati. La strada per la rinascita, insomma, è ancora lunga. Tanta vale consolarsi bevendo una pinta di buona, vecchia real ale.

I numeri di Shirley High Street
259 i negozi della via, 21 dei quali vuoti

13.900 la popolazione locale

La voce della strada

Accade ovunque: i vecchi vitali e affascinanti centri città con poche possibilità di parcheggio devono fronteggiare comodi e smaglianti cci in periferia e la città muore. La soluzione è molto semplice: non fate la spesa nei supermercati e nelle catene. Tesco e Starbucks non avranno un penny da me. Pago un po’ di più per le mie uova e pancetta, occhiali ed elettrodomestici (per qualsiasi cosa…) ma partendo da una piccola azione si raggiungono grandi risultati. Togalosh, Brum

I consumatori cercano il prezzo migliore e purtroppo non premiano il servizio e la comodità: da questo deriva la perdita di tanti negozi nelle high street e molti altri seguiranno nella recessione dato che i consumatori stanno stringendo i cordoni della borsa.
 Margie Davidson, Peterhead

Mi sono trasferito a Tamworth da Londra perché mi piaceva l’atmosfera di questa piccola ma vitale cittadina: però, quanto è cambiata! La gente qui dev’essere molto socievole: quando non supporta i negozi benefici (i charity shop) compra cartoline per gli amici oppure manda sms dal nuovo cellulare. Se no, si gode un buon caffè. Be’, è quel che si ricava guardando che tipo di negozi ci sono nella via. I problemi incominciano se vuoi comprare un libro o un giornale. Una volta andavi in centro per acquistare le cose necessarie, oggi vai solo se è strettamente necessario. La cosa triste è che i centri di tutte le cittadine sembrano uguali e l’alternativa è il centro commerciale fuori città replicabile all’infinito. Dio, questo Paese è un casino deprimente.
 David Jones, Tamworth

Abbiamo lottato per la nostra high street, purtroppo Aston Martin si è trasferito e Tesco ha avuto una porta aperta, ma i cittadini di Newport Pagnell hanno combattuto con le unghie e con i denti e per tenerli fuori e questa volta abbiamo vinto. L’individualità delle nostre high street è sacra, ma si sta affievolendo, ridateci il macellaio, il panettiere e il candeliere. Sarah K, Newport Pagnell, Milton Keynes

Vengo a fare acquisti in Shirley High Street da 20 anni una volta al mese: oggi ho comprato un pallone da calcio, e spesso vado in un buon negozio di musica. Certo, il parcheggio è molto più agevole nei centri commerciali, ma qui c’è una certa atmosfera, alcuni negozi espongono la merce all’esterno e i negozianti hanno più tempo da dedicarti. La comunità locale sosterrà sempre questa via. Brian Dandridge, Totton

Fonte: http://news.bbc.co.uk

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