Consumo delle uova sulla spinta degli allevamenti alternativi

Visibile nel mercato lo spostamento fra segmenti caratterizzati dalla tipologia di allevamento. Ne traggono vantaggio quelle più attente al benessere animale

L'Italia è al quarto posto in Europa per la produzione di uova, dopo Francia, Germania e Spagna.  Di fatto nel nostro paese -secondo quanto rilevato da Ismea- vengono immesse sul mercato ogni anno 12,3 miliardi di uova. Il tutto si traduce in 773 mila tonnellate di prodotto, per un corrispondente di poco inferiore a 1 miliardo di euro per la sola parte agricola.  Se si considera anche il fatturato delle vendite per lavorazione e trasformazione del prodotto finito occorre aggiungere altri 1,5 miliardi di euro. La produzione è garantita da 39,8 milioni di galline ovaiole accasate in oltre 2.300 allevamenti.  Più della metà delle strutture  è concentrata nel Nord Italia. In particolare le regioni di riferimento sono tre: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.

Un esempio emblematico di queste realtà è rappresentato dal Gruppo Eurovo. La società, che ha sede a Imola (Bo), è leader in Europa nella produzione di uova e ovoprodotti, con oltre 10 milioni di uova realizzate ogni giorno in Italia. “Siamo sempre più orientati verso sistemi di allevamento rispettosi del benessere della gallina ovaiola -spiega Federico Lionello, direttore marketing e commerciale del gruppo- e offriamo una vasta gamma di prodotti provenienti da allevamenti biologici, all’aperto e a terra”. Nello specifico tra i prodotti di punta presenti nella gdo emergono le Naturelle Rustiche. Si tratta di una linea di uova fresche 100% italiane, deposte all’interno di una filiera integrata e certificata nella quale non vengono somministrati antibiotici in nessuna fase del ciclo di vita delle galline ovaiole.  Sono, inoltre, confezionate in pack eco-friendly in polpa di legno, materiale riciclabile nella filiera della carta.  Si rivolgono, pertanto, a consumatori consapevoli, attenti alla qualità dei prodotti e al contempo al benessere animale.

12,3 mld uova immesse
nel mercato

È, questo, un segmento di clientela di grande interesse per le aziende, in quanto numericamente in crescita. Risulta, infatti, sempre più ampia la quota di acquirenti che, nelle proprie scelte, si dimostra attento al rispetto delle condizioni di vita degli animali. Un caso emblematico riguarda le uova provenienti dalle galline allevate nelle cosiddette gabbie arricchite, leggermente più spaziose delle vecchie batterie messe fuori legge nel 2012 dalla normativa europea. Nel corso degli ultimi anni il loro consumo sta evidenziando un declino inarrestabile.

Solo nel 2019 si è rilevata una  flessione delle vendite in volume del 25% (fonte Ismea-Nielsen Market Track).  Ecco perché alcuni retailer hanno eliminato,  o ridotto in maniera significativa, l’offerta di questa tipologia, riservando una parte preponderante dell’assortimento a quelle prodotte da galline allevate a terra. Attualmente sono proprio queste ultime a detenere la quota principale (56%) e a mostrare un trend di crescita vivace (+ 25% a volume nel 2019 vs. 2018).  La sensibilità dei consumatori al valore etico-salutare dei prodotti è confermata dai dati di vendita  delle uova provenienti da allevamenti all’aperto. Rappresentano ancora una piccola fetta nella gdo (solo il 3%), hanno registrato tuttavia, nel 2019, un incremento del 3% rispetto al 2018.  Allo stesso modo le referenze certificate biologiche hanno conquistano il 10% dei volumi, mostrando un balzo del 11% rispetto al 2018.

800 mln €
vendite in gdo

“Emerge, oltre a  una preferenza crescente per le uova da allevamenti alternativi (a terra, all’aperto o biologici), una maggiore attenzione all’italianità e alla tracciabilità -spiega  Ruggero Moretti, presidente del Comitato uova di Unaitalia, l’associazione delle filiere agroalimentari italiane-. I consumatori vogliono avere piena trasparenza della filiera. Per questo come associazione continuiamo a sostenere la necessità della timbratura delle uova in allevamento per contrastare le frodi e dare maggiori sicurezze ai consumatori”.

A fronte di tali dati non stupisce che la gran parte delle aziende abbia inserito referenze derivanti da allevamenti biologici o all’aperto. Così, per esempio, Alce Nero propone una varietà bio proveniente da allevamenti situati sulle colline veronesi, bolognesi o di Viterbo. Le galline vivono a terra, in strutture circondate da prati, e la loro alimentazione è certificata biologica. Le uova vengono deposte, raccolte giornalmente e trasportate allo stabilimento dove avviene il confezionamento. Ogni uovo è timbrato con il codice dell’allevamento e la data di scadenza per garantirne la completa rintracciabilità.

Aia, player del gruppo Veronesi, offre, invece, con il sub-brand BioVita una linea di uova fresche di galline italiane da allevamento. Altro nome di riferimento è Coccodì. Già dalla fine degli anni ’90 l’impresa di San Giovanni in Croce (Cremona) ha eliminato tutti gli allevamenti intensivi in batteria. Racconta il direttore commerciale Gianpietro Seghezzi: “Dal 1998 tutte le nostre uova provengono da allevamenti a terra, all’aperto e biologici certificati. Non solo: i nostri allevamenti sono progettati tenendo conto dell’habitat naturale in cui vivono le galline e delle loro necessità biologiche. Le galline possono, così, vivere in moderni pollai, dove la qualità  della vita è migliore”.

I consumatori non sono attenti solo alle condizioni di vita degli animali ma valutano l’intera filiera. “Possiamo contare su una filiera di proprietà integrata verticalmente, che per noi è un fiore all’occhiello -dice Lionello-. Con oltre un milione di analisi effettuate ogni anno dai laboratori specializzati interni all’azienda, siamo in grado di garantire i massimi standard di controllo e monitoraggio su tutti i processi della filiera. I pulcini, nutriti con mangimi prodotti internamente con materie prime accuratamente selezionate, sono seguiti fin dal primo giorno di vita nella propria crescita da un team interno di veterinari qualificati, che monitorano costantemente lo stato di salute dei capi. Abbiamo, inoltre, attivato filiere dedicate in cui gli standard di benessere animale sono più elevati rispetto alle richieste delle normative: ne sono un esempio la filiera antibiotic-free, nella quale non sono impiegati antibiotici in nessuna fase dell’allevamento, e gli allevamenti improntati alla salvaguardia dei pulcini maschi”.

Un altro aspetto fondamentale per il consumatore contemporaneo è la praticità. Tende, cioè, a privilegiare ciò che -pur garantendo un buon livello qualitativo e il rispetto dell’animale- gli permette di risparmiare tempo, energie, fatica. Va proprio in questa direzione l’albume d’uovo le Naturelle. “Costituito al 100% da albume di uova di gallina da allevamento a terra, si utilizza come l’albume d’uovo fresco ma è ancora più semplice da usare e conservare -dice Lionello-. I vantaggi per il consumatore sono molteplici: è pronto all’uso, facile da utilizzare, sicura dal punto di vista alimentare. In più riduce gli sprechi, per via del tappo richiudibile”. Numerosi sono, in parallelo, i vantaggi per la grande distribuzione organizzata. “Grazie a un particolare processo di pastorizzazione, può essere conservato a temperatura ambiente fino a sei mesi (in confezione chiusa) – sottolinea Lionello - La possibilità di stoccaggio fuori frigo rappresenta un importante plusvalore nella gdo,  in quanto consente di conservare facilmente il prodotto a scaffale e in magazzino”.

Quali sono le linee di evoluzione per il futuro? La parola chiave è innovazione. Si tratta, cioè, di proporre prodotti innovativi, in grado di rispondere alle esigenze dei clienti. Nasce proprio da qui visione la linea Naturelle Gourmet, che Gruppo Eurovo si prepara a lanciare. Anticipa Lionello:  “è una nuova categoria di prodotti dedicata agli appassionati dell’arte della pasticceria, che desiderano risultati professionali da veri “pastry chef” nella propria cucina di casa, e a tutti i palati più esigenti. Le referenze di questa linea sono tutte prodotte con uova 100% italiane di categoria A da allevamento a terra, senza conservanti né additivi. Inoltre sono facilissime da usare”. Il primo lancio della brand extension, destinata ad ampliarsi nei prossimi mesi, è costituito dai preparati in bottiglia. “Sono semilavorati professionali ideali sia per gli esperti che sanno già dilettarsi in preparazioni gourmet sia per chi ha meno esperienza in cucina, ma non per questo vuole rinunciare a ricette cucinate a regola d’arte”. Il prodotto, presto disponibile nel banco frigo in espositore brandizzato, è declinato in 3 varianti ( per meringa e macarons, per torte soffici e pan di spagna, per  mousse, creme e tiramisù).

Consumi diretti e indiretti

Quante uova mangiano gli italiani? Il consumo nazionale annuo è pari a 13 Kg pro-capite. Il che corrisponde a circa 207 pezzi all’anno (fonte Ismea-Nielsen Market Track). Tale numero comprende sia il consumo diretto sia quello indiretto. Non va, infatti, dimenticato che il 40% del prodotto è impiegato nell’industria alimentare sotto forma di ovo-prodotti. Se consideriamo solo l’acquisto del prodotto da consumare (vale  a dire il consumo diretto), il canale di riferimento è rappresentato dalla gdo, che ha una quota pari all’88%. Nel 2019 il valore delle vendite di uova all’interno dei punti di vendita della gdo si è avvicinato agli 800 milioni di euro, in crescita dello +0,5% rispetto all’anno precedente. Più consistente l’incremento dei volumi, pari al 2,5%, per un totale di 3,5 miliardi di uova.

Un 2020 decisamente positivo

Il comparto delle uova ha beneficiato del periodo di lockdown. Nei primi 4 mesi dell’anno è stata registrata una crescita raddoppiata rispetto al trend generale (+22%), con la categoria più rappresentativa (allevamento a terra) in aumento del 32%. Conferma Moretti di Unaitalia: “Nel 2020 le aziende stanno affrontando l’emergenza Covid-19 con tutto ciò che comporta in termini di sicurezza e costi, ma registriamo un andamento economico positivo. Le uova si sono rivelate tra i beni primari più apprezzati e scelti, tanto che in alcuni frangenti c’è stato anche un problema di reperibilità per fronteggiare la domanda. Di fatto assistiamo alla riscoperta dell’uovo come materia prima e come alimento salutare”.

Autosufficienza nazionale

L’Italia è sostanzialmente autosufficiente nella produzione di uova, producendone un quantitativo adeguato a coprire l’intero fabbisogno nazionale. In concreto il grado di autoapprovvigionamento è pari al 98%. Esiste tuttavia una quota di scambi con l’estero sia in entrata che in uscita. Nello specifico importiamo prodotti, perlopiù destinati all’industria di trasformazione, soprattutto dalla Spagna e dalla Romania ed esportiamo in primis a Malta e in Francia. Negli allevamenti dell’Unione Europea ci sono circa 400 milioni di galline ovaiole che producono nell’arco temporale di un anno  7,3 milioni di tonnellate di uova. Di queste 6,7 milioni sono destinate al consumo fresco.

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