Gli instore magazine sono uno strumento di marketing

MARK UP LAB – Raccontano i valori intangibili di brand e insegne. Con contenuti d’informazione e aspirazionali (da MARKUP 222)

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Mutuati dal mondo beauty, gli instore magazine approdano al fashion diventando uno strumento di marketing essenziale per intraprendere un percorso di comunicazione mirata e diretta. Più idonei ad acquisti emozionali, i retail magazine si adattano maggiormente ai settori bellezza, casa e, per l'appunto, moda dove i valori intangibili dei brand ben si sposano con la carta patinata delle riviste. Un fenomeno conosciuto all'estero e che ha coinvolto non solo l'universo effimero della moda, bensì quello più sostanziale del food con nomi del calibro di Asda, Tesco e Morrisons che nell'ordine rappresentano con le loro pubblicazioni i più letti in Gran Bretagna.

Iniziamo con il food
Nonostante la forte ascesa dei contenuti online, le riviste instore continuano a rappresentare un valido strumento nel marketing mix adottato dai retailer. I numeri parlano chiaro: secondo un'inchiesta condotta per Content Marketing Association (Cma), il 61% degli intervistati ha dichiarato di leggere riviste pubblicate da retailer alimentari. Si conferma, dunque, il grande consenso che questo strumento raccoglie tra i consumatori tanto che in un rapporto realizzato dalla società Key Note si prevede una crescita del settore editoriale degli instore magazine pari al 22,1% entro il 2016. Ad aver compreso l'importanza di questo mezzo è Asda che, con una distribuzione di oltre 1,9 milioni di copie e oltre 5,5 milioni di lettori, ha aumentato del 32% la fedeltà all'insegna. Non solo. Il 40% degli acquirenti Asda che legge con regolarità la rivista del retailer costituisce il 60% delle vendite totali; la spesa media dei lettori è più alta del 34,4% rispetto ai non lettori (177 £ versus 116 £); il 92% dei reader intende acquistare o ha acquistato un prodotto come conseguenza diretta di ciò che ha letto sulla rivista.
Ma quali sono i fattori che decretano il successo dei retail magazine? Probabilmente l'avvento della crisi ha dirottato molti lettori verso pubblicazioni gratuite, ma non tutti gli instore magazine sono free. E dunque? Sono i contenuti a essere cambiati. L'evoluzione di queste pubblicazioni si esprime nell'aggiunta di argomenti più informativi quali notizie e interviste. Non hanno nulla a che fare con quelle che erano le pubblicazioni di qualche anno fa, di piccole dimensioni e concentrate esclusivamente su prodotti e servizi dei retailer. Tutto ciò senza dimenticare, naturalmente, l'obiettivo: incoraggiare i clienti a spendere, magari mediamente di più, prendendo spunto da ciò che leggono. Lo scopo principale resta, quindi, quello di ispirare i consumatori mostrando loro le novità sia alimentari sia non-food presenti a scaffale. Del resto il ruolo principale degli instore magazine è proprio quello di consentire ai consumatori di comprendere il posizionamento del retailer rispetto ai competitor nonché dell'offerta. Un potente mezzo di comunicazione, dunque, che si ritaglia il ruolo di trait d'union tra consumatore e retailer; una piattaforma che se ben congeniata raggiunge il cliente e lo porta per mano nello store. È uno strumento che cattura l'attenzione del consumatore in quanto il tempo medio dedicato alla lettura è di 30 minuti: questo significa che un retailer con il suo magazine comunica direttamente per mezz'ora senza interferenze.
Ma si tratta anche di un mezzo con il quale diversificare spingendo su mondi diversi dal core business: Walmart annovera, per esempio, un magazine dedicato alla bellezza chiamato BeautyScoop che parla esclusivamente di beauty.

Proseguiamo con il fashion
Abbandonando l'esperienza editoriale nel mondo food, si può constatare che un altro universo ha puntato il dito sugli instore magazine. Sono sempre più, infatti, i fashion retailer che decidono di cedere alle lusinghe della carta stampata creando magazine patinati. Il motivo è sempre quello di incidere sul rapporto con il consumatore con in più la peculiarità di fare da ponte tra i negozi tradizionali e gli shop online. Spesso, infatti, la versione cartacea è seguita da una variante web che ha la caratteristica di essere più snella con una periodicità settimanale. È il caso di Net-a-Porter.com, online luxury fashion retailer, che ha lanciato il periodico digitale The Edit e ha in programma di creare una rivista cartacea probabilmente trimestrale che tratterà di moda calata in un contesto di storie d'arte, cultura e politica. Una strategia che miscela il “nuovo” con il “vecchio” con l'obiettivo d'ispirare il consumatore nell'ottica di offrire un'esperienza d'acquisto approfondita.
I fashion retailer stanno diventando anche editori di contenuti online, ma l'esperienza discende ancora una volta dai contenitori cartacei.
Ne sono un esempio il sito web Swide.com di Dolce & Gabbana che, alla stregua di una rivista di moda, racconta e fa informazione digitale, e lo spazio virtuale Nowness.com di Lvmh, un magazine che racconta non solo di fashion ma anche d'arte, beauty, cultura, design, musica, gastronomia, sport e viaggi. Entrambi i modelli sembrano prendere voce dal fenomeno dei magazine cartacei come Le Monde d'Hermès, pubblicazione della maison francese diffusa dal 1973 e che rappresenta, in un certo senso, il capostipite dello sviluppo degli instore magazine. Un altro aspetto di cui tener conto sono gli introiti pubblicitari: i quattro numeri della rivista John Lewis Edition raccolgono in un anno 2 milioni di sterline di pubblicità. Numeri da considerare dato il momento di crisi in cui versano le imprese.

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