Granarolo, una filiera per guardare al futuro

Gianpiero Calzolari, presidente Granarolo, conferma la solidità organizzativa del gruppo che permetterà di superare la contingenza attuale (da Mark Up 251)

Nel corso degli ultimi 15 anni gruppo Granarolo si è assicurato un raddoppio di fatturato, chiudendo il 2015 appena sotto 1,1 miliardi di euro, collocandosi al 6° posto fra i protagonisti total food del mercato italiano. Caposaldo  nella  crescita  interna  e  internazionale di Granarolo è -oggi più di ieri- il perfetto coordinamento dell’intera  filiera:  Granarolo  spa  resta  controllata  dal  consorzio  degli  allevatori  Granlatte e a sua volta controlla le filiali estere a valle. Ne  deriva  la  sicurezza  di prodotto,  da  declinare in maniera flessibile sui molteplici mercati. Ne abbiamo parlato con il presidente Granarolo, Gianpiero Calzolari.

Il sistema di filiera di Granarolo costituisce  un  buon  esempio  di  filiera  chiusa.  Tuttavia  questa  situazione  non la mette al riparo dalle pressioni al ribasso dei prezzi sul latte. Come mai?
Di fatto la nostra è l’unica filiera nazionale del latte, che va dal Piemonte alla Calabria.  Pur  con  una  quota  rilevante  del mercato, restiamo sempre una parte minoritaria del mercato, attorno al 7-8% del quantitativo totale di latte prodotto in Italia. Tutto quello che proponiamo ha dunque un impatto diretto sui nostri soci, ma siccome il resto del mercato non è organizzato in questo modo si  creano  delle  turbative  i  cui  riverberi  influiscono  anche  su  di  noi.  Del  resto, non possiamo neppure definirci un modello: siamo un’esperienza virtuosa, difficilmente replicabile.

Come si arriva all’eccedenza di latte?
I  produttori  cercano  efficienza  nella  propria dimensione di stalla. Il sistema precedente contingentava, oggi soprattutto nel nord Europa si sono aperti dei potenziali produttivi incredibili. Anche in  Italia  oggettivamente  molte  aziende  con  abilità  si  sono  messe  nelle  condizioni di poter produrre di più. La liberalizzazione ha innescato un meccanismo anche psicologico di maggiore produzione,  senza  necessariamente  ragionare  prima  se  questo  servisse.  Non  va  dimenticato il clima, un inverno mite aiuta gli animali a produrre. Aggiungiamo la flessione della domanda di alcuni Paesi importatori di latte che ha portato i produttori del nord Europa a riversare più latte sui mercati domestici e, in generale, il calo dei consumi di latte. C’è più export, ma non abbastanza da coprire il contenimento nazionale. Tutti sperano in un’estate siccitosa che contenga naturalmente la produzione. Sarebbe ovviamente molto più semplice decidere di ridurre la produzione a prescindere dall’estate. Prima ancora di ridurre il parco animale si potrebbe agire sulla decelerazione di una serie di parametri produttivi spinti all’estremo. Disincentivi alla produzione o contingentamenti alla produzione in questo momento potrebbero essere la soluzione migliore.

Le tempistiche come sono?
Lunghe come la messa cantata. Noi avremmo la necessità di intervenire subito e, come spesso accade in Italia e in Europa, burocrazia e decisione politica accumulano ritardi. In realtà dovremmo avere già oggi in mano lo strumento che ci consenta di rallentare la produzione.

In  Granlatte  avete  lo  stesso  tasso di chiusure di stalle nazionali?
No, abbiamo registrato un aumento del numero  di  soci.  Mentre  raccogliamo  dalla filiera circa 17.000 quintali di latte al giorno, abbiamo domande di nuove adesioni pari a una quantità comparabile. In teoria potremmo raddoppiare la capacità attraverso nuove adesioni.

Che tipi di benefici riscontrate rispetto ai rapporti con il retail?
Con i retailer non abbiamo un rapporto diverso rispetto alle altre realtà di mercato.  Il  trattamento  è  paritario.  Con  la  distribuzione  possiamo  farci  forte  del  legame con 16 milioni di famiglie che ci consumano regolarmente.

Eppure  i  retailer  raccolgono  parecchia visibilità nel loro posizionamento a favore della filiera latte italiana ...
Le  iniziative  di  sostegno  di  alcune  catene  incidono  per  circa  10.000  quintali di  latte.  Noi  ne  raccogliamo  in  un  solo  giorno di lavorazione 17.000. Sono aiuti incrementali d’immagine. Poi qualcuno nel comunicare questi acquisti incrementali  di  latte  italiano  si  dimentica  di dire quanto lo paga ... Ben venga la sensibilità alla materia prima nazionale, ma è tempo di introdurre anche il discorso dell’etica  del prezzo  alla  base  del  bollino 100% italiano. E' ovvio che, pagando il giusto prezzo, Granarolo si pone nella condizione  di  non  poter  partecipare  alla competizione promozionale di chi, in certi periodi, è in grado di comprare sul mercato il latte a prezzi molto più bassi.

In Granarolo come stabilite il prezzo?
La  società  di  trasformazione  deve  pagare  il  latte  alla  cooperativa  al  prezzo giusto:  individuiamo  il  prezzo  di  mercato  corretto,  alla  fine  Granarolo  producendo un utile restituisce i dividendi alla cooperativa. C’è un contratto quadro e trimestralmente, sulla base delle evidenze di mercato, viene individuato il  prezzo  più  corretto  in  quel  periodo: perché Granarolo possa stare sul mercato deve comprare al giusto prezzo senza pagarlo di più; perché la cooperativa possa sostenere le attività di produzione deve vendere al giusto prezzo e non di meno. Nell’ultimo anno abbiamo distribuito 11 milioni di euro di dividendi.

Si ha successo o si affonda insieme?
Secondo me c’è solo successo, perchè se lavori  in  questo  modo  il  risultato  arriva, al netto dell’attuale congiuntura negativa. Stiamo chiedendo ai nostri produttori  di  stringere  i  denti,  ma  con  la  prospettiva  di  essere  protagonisti  anche domani.

Una  sua  opinione  sulla  norma  di  etichettatura  in  arrivo?  Verrà  bocciata  dall’Ue?
C’è  qualche  iniziativa  analoga  in  altri  Paesi, a partire dalla Francia. È credibile  che  nella  situazione  di  difficoltà,  non volendo fare investimenti specifici, l’Ue possa lasciare le briglie più sciolte ai singoli Paesi e potrebbe non arrivare alla bocciatura. Il problema vero è che tutto ciò ha senso se diventa il primo passo per un’etichettatura europea.

Cosa si può fare per limitare la contrazione dei consumi di latte?
Le aspettative non sono per un futuro facile. Più che spingere per una improbabile inversione dei trend di consumo occorre lavorare sui propri punti di forza e diffonderne la conoscenza sia presso il trade sia presso i consumatori finali.

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