In un contesto globale sempre più competitivo, la rapidità di adattamento è diventata un elemento chiave per il successo. Oggi, affidarsi all’intuizione o all’esperienza non è più sufficiente: le decisioni devono essere tempestive e basate sull’analisi dei dati. Questo approccio, noto come data-driven decision making, necessita di un metodo rigoroso per tradurre i dati in azioni concrete ed efficaci. Un contributo fondamentale in questo ambito è rappresentato dalla ricerca realizzata da un team di accademici e professionisti, composto da Cristofaro, Giardino e Barboni, dal titolo “Growth Hacking: A scientific approach for data-driven decision making”, pubblicato nel Journal of Business Research. Il loro lavoro ridefinisce il concetto di growth hacking, tradizionalmente associato solamente al marketing e allo sviluppo di prodotto, trasformandolo in un approccio scientifico per i processi decisionali aziendali strategici, manageriali, e operativi.
Il metodo scientifico applicato alle decisioni aziendali
Il growth hacking, ideato originariamente da Sean Ellis nel contesto delle startup tecnologiche, combina creatività, analisi dei dati e sperimentazione rapida per promuovere una crescita accelerata. Cristofaro e colleghi evidenziano, tuttavia, come questa metodologia si ispiri al metodo scientifico e possa essere collegata ai principi del management scientifico formulati da Frederick W. Taylor nel 1911. In questa prospettiva, il growth hacking si articola in un ciclo iterativo composto da quattro fasi principali. Si parte con l’analisi dei dati, per identificare aree di miglioramento o opportunità di crescita. Da qui si passa all’ideazione, in cui vengono sviluppate ipotesi e soluzioni innovative. Queste ipotesi vengono poi prioritizzate, selezionando quelle con maggiore fattibilità e impatto potenziale. Infine, si conducono test per verificare l’efficacia delle soluzioni proposte, raccogliendo sperimentalmente i dati necessari per confermare o smentire le ipotesi. Questo ciclo continuo permette alle aziende di adattarsi rapidamente ai cambiamenti, affrontando le decisioni con rigore scientifico.
L’aeroporto di Houston
Un caso emblematico che dimostra la versatilità del growth hacking è quello dell’aeroporto di Houston. I passeggeri si lamentavano per i lunghi tempi di attesa ai nastri bagagli, ma un’analisi più approfondita ha rivelato che il problema non risiedeva nei tempi effettivi, bensì nella percezione soggettiva dell’attesa. La soluzione è stata quella di aumentare la distanza tra i gate di arrivo e i nastri bagagli, costringendo i passeggeri a camminare di più. In questo modo, all’arrivo al nastro, i bagagli erano già pronti. Questo intervento, caratterizzato da un basso costo e una rapida implementazione, ha portato a una drastica diminuzione delle lamentele, dimostrando che il growth hacking può essere applicato con successo anche alla gestione e all’ottimizzazione dei processi operativi.
I prerequisiti per adottare il growth hacking
Per implementare con successo il growth hacking, le aziende devono soddisfare alcuni prerequisiti fondamentali. Innanzitutto, serve una data-driven culture, dove l’uso dei dati sia centrale per tutte le decisioni aziendali. Netflix ne è un esempio, utilizzando i dati per personalizzare le raccomandazioni e orientare decisioni strategiche come la produzione di contenuti originali. In secondo luogo, è necessario il data-driven mission alignment, che assicura che tutte le decisioni siano coerenti con gli obiettivi strategici dell’azienda. Amazon, per esempio, utilizza i dati per ottimizzare la gestione della supply chain, mantenendosi fedele alla sua missione di eccellenza nel servizio. Infine, è indispensabile una data-driven infrastructure, composta da soluzioni tecnologiche e piattaforme di analisi, che consentano di raccogliere e analizzare i dati in tempo reale.
Facilitatori del growth hacking
Oltre ai prerequisiti, esistono facilitatori che amplificano l’efficacia del growth hacking. La presenza di un team dedicato permette di concentrare risorse ed energie sulle attività di crescita, mentre un budget adeguato garantisce il supporto finanziario necessario per testare e implementare nuove soluzioni. Infine, le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, si affermano come strumenti essenziali per analizzare grandi volumi di dati in tempo reale e trasformarli in spunti decisionali, migliorando ulteriormente i processi di growth hacking.
Un nuovo paradigma per le decisioni aziendali
L’intuizione di Cristofaro e colleghi di associare il growth hacking al metodo scientifico di Taylor rappresenta un cambio di paradigma. Tradizionalmente, il growth hacking è stato erroneamente considerato esclusivamente una pratica di marketing, limitata al contesto delle startup tecnologiche. Tuttavia questo approccio, se reinterpretato come un modello strutturato di data-driven decision making, può essere applicato a qualsiasi ambito decisionale aziendale. Adottandolo, le aziende possono migliorare la qualità delle loro decisioni, ottimizzare le risorse e mantenere un vantaggio competitivo in un mercato in cambiamento continuo. In questa nuova veste, il growth hacking si rivela uno strumento potente e versatile per affrontare le sfide di un mondo in continua evoluzione
Per ulteriori dettagli: Cristofaro, M., Giardino, P. L., & Barboni, L. (2025). Growth hacking: A scientific approach for data-driven decision making. Journal of Business Research, 186, 115030.
*Matteo Cristofaro è ricercatore a tempo determinato (B) in economia e gestione delle imprese presso l’Università di Roma Tor Vergata, dipartimento di management e diritto. I suoi principali interessi di ricerca sono i processi decisionali manageriali, il comportamento strategico e l’adattamento organizzativo.
*Pier Luigi Giardino è dottorando presso il dipartimento di economia e management dell’Università di Trento. Le sue ricerche si focalizzano sul mondo aziendale, esplorando l’intreccio tra etica, attività politica e processi decisionali.
*Luca Barboni è autore, imprenditore e growth hacker. Pioniere e divulgatore della metodologia growth dal 2014. Formatore e consulente per progetti di innovazione nazionali e internazionali. Fondatore di 247X, unica società di consulenza growth in Italia ad essere partner di growthhackers.com.