H&M ora recupera i vestiti danneggiati… ma è abbastanza?

#takeaction #iofacciodipiù | Il big di fast fashion con il brand Cos testa nuovi modelli di business più sostenibile, ma il cambiamento che serve è radicale

Il vero costo della moda a basso costo è altissimo sia a livello sociale che ambientale. E la responsabilità è di chi produce ma anche di chi acquista (ne abbiamo già ampiamente parlato su Mark Up n.279 di maggio 2019 fornendo numeri*, previsioni e interventi esperti).

In questo panorama alcune aziende del fast fashion cercano di apportare cambiamenti, come la recente iniziativa di H&M con il brand Cos. L'azienda svedese ha infatti in programma il lancio di Cos-Restore, una collezione ricavata da abiti danneggiati e rimessi in sesto.

L'intero processo di recupero è monitorato anche dal punto di vista del proprio impatto ambientale, dall'utilizzo di acqua all'energia. I relativi dati si potranno poi trovare negli store delle città in cui sarà presente la collezione, ovvero a Berlino, Stoccolma e Utrecht  dal 4 settembre 2019.

“La collezione Restore è un test importante per ampliarci a nuovi modelli di business per un’economia circolare”, ha commentato in una nota Laura Coppen, circular/sustainable business development di The Laboratory, H&M Group: “Abbiamo una grande responsabilità con la portata e l’impatto che abbiamo attualmente sull’ambiente e questo test è solo uno dei tanti che facciamo per esplorare nuove soluzioni”.

Certo è che, come spiegato già ampiamente nel nostro articolo su Mark Up n.279, l'impatto della moda a basso costo e che lancia capi nuovi sul mercato di fatto tutte le settimane è talmente elevato da richiedere un'intera e sostanziale revisione del modello di business, che semplicemente non può più restare "fast" e scaricare i propri costi altrove.

Ciò nonostante, H&M sta facendo a differenza di altri player passi avanti almeno nell'intento e nella sperimentazione con questo ed altri progetti, quindi merita senz'altro un plauso.

* Solo alcuni numeri: un’indagine McKinsey & Co. sulla crescita del fast fashion (che tra il 2000 e il 2014 ha raddoppiato la propria produzione) porta a prevedere entro il 2025 a un aumento di emissioni di Co2 del 77%, di consumi d’acqua a +20% e di sfruttamento delle terre a +7%. Oggi oltre l’80% degli indumenti gettati via nell’Ue finisce ancora in discarica o inceneritore.

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