Home Restaurant, è un’attività di somministrazione a tutti gli effetti?

Roberto Calugi, direttore generale di Fipe
Gli home restaurant non sono ancora regolati da una legge. Nel frattempo, il dibattito si svolge a livello di ricorsi presso la giustizia amministrativa

La decisione del Comune di Montopoli Val d’Arno (Pi) di ricorrere in appello contro la recente sentenza del Giudice di Pace di San Miniato (Pi) sui ristoranti casalinghi (home restaurant), deve essere giudicata positivamente, secondo la Federazione nazionale dei pubblici esercizi (Fipe), che "da sempre si batte per il rispetto delle regole e una sana concorrenza" puntualizza il direttore generale Roberto Calugi; che aggiunge: "sarà interessante, a questo punto, capire come si pronuncerà la giustizia ordinaria su questa materia".

"A questo proposito –prosegue Calugi- ricordiamo che altri tribunali amministrativi si sono già pronunciati interpretando correttamente quanto sosteniamo: per esempio, la sentenza 3883/2018 del Tar Campania sottolinea che, in assenza di normativa specifica, le attività di home restaurant sono soggette all’ordinario quadro legislativo esistente per le attività di somministrazione. Ciò significa che chi vuole avviare un'attività di questo tipo deve presentare una Scia. Non si tratta di un capriccio né di un eccesso di burocrazia -puntualizza Calugi- ma di un sistema per garantire da un lato la sicurezza dei consumatori, dall'altro la libera concorrenza all'interno di un settore complesso quale è quello della ristorazione".

Definizione di home restaurant

Per "home restaurant" si intende un’attività occasionale finalizzata alla condivisione di eventi gastronomici, esercitata da persone fisiche all’interno di unità immobiliari ad uso abitativo, attraverso piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti interessati. In altre parole, è la tendenza ad aprire casa propria ad amici, parenti ed estranei (nel senso di non appartenenti alla cerchia famigliare), contattati nei modi più vari, per condividere un pranzo o una cena a fronte del pagamento di una quota di partecipazione. Negli ultimi anni è stata definita (forse un po’ enfaticamente) la nuova frontiera del food.

Il caso in esame riguarda un’attività di Montopoli Val d’Arno (Pi) chiusa dal Comune perché sprovvista di Scia. Nel luglio  2019 un Giudice di Pace aveva dato torto al Comune sostenendo che la Scia non è necessaria e contraddicendo, secondo Fipe, con tale sentenza la linea ufficiale del Mise (Ministero sviluppo economico).

Manca ancora una legge quadro

In Italia non esiste ancora una legge specifica. Una recente (risale al 2018) proposta di legge (n. 3258 Camera dei Deputati e disegno di legge n. 2647 Senato della Repubblica) prevede, fra l’altro, che l'attività enogastronomica esercitata  a titolo privato è da considerare "home restaurant" se si superano i 500 pasti all’anno, e se tale attività genera proventi superiori a 5.000 euro annui.

Se il numero di pasti all’anno è, invece, inferiore a 50 (e sono meno di 5 gli eventi gastronomici) si parla di "social eating", una versione più informale dello home restaurant.

 

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