I divieti mettono in crisi l’aperitivo. E il delivery?

Aziende preoccupate: ci si aspetta un’ulteriore contrazione dei consumi e una corsa al ribasso dei prezzi. Le misure previste dal Dpcm spengono la movida e il consumo giovane di alcolici

Si spegne nuovamente l'aperitivo fuoricasa. Il mondo del vino, birre e spirits accoglie con preoccupazione il nuovo Dpcm che va a dare un ulteriore giro di vite in un momento in cui i consumi si stavano riprendendo. Il servizio di ristorazione consentito solo al tavolo dalle 18 (con massimo di sei persone per ognuno), il divieto di consumazione del take away sul posto per evitare assembramenti vanno a incidere sull’aperitivo, che è uno dei driver di consumo soprattutto nelle grandi città. Ma anche lo stop di vendita in tutti gli esercizi commerciali (gdo compresa) dalle 18 porta inevitabilmente alla contrazione.

I divieti potrebbero, d’altra parte, dare ulteriore slancio al wine delivery che già durante il lockdown ha avuto un autentico boom

“La parte dei consumi fuori casa è in ginocchio -riflette Massimo Gobbi, responsabile commerciale della Cantina di Vicobarone-: sembrava che con l’estate si fosse ripresa invece dalla metà di settembre in avanti si è ribloccato tutto. C’è poca gente nelle grandi città, Roma, Milano: sono quelle che pagano il prezzo più alto. Con questo Dpcm si vuole agire soprattutto sulla fase del consumo giovane fuoricasa. Le aziende dovranno fare il conto dell’impatto”.

“Sono restrizioni che non aiutano certo i consumi -afferma Roberto Paladin titolare di Casa Paladin che raggruppa quattro cantine-. Favoriscono i locali che hanno più spazio. Andando verso la stagione fredda, c’è  poi l’ulteriore restrizione data dalle condizioni climatiche.  I locali dovranno organizzarsi in maniera diversa, sempre se riescono a farlo: non tutti hanno le possibilità. È un ulteriore colpo ad aziende in difficoltà. Ci sarà un ulteriore sviluppo per il delivery”.

Il barista si rivolgerà probabilmente alle aziende più conosciute come garanzia non solo di qualità, ma anche per il mantenimento del prodotto nelle cantine e magazzini. Nessuno farà più ordini di una certa entità perché si vive alla giornata. “Ovviamente i turisti non li vedremo”.

“C’era stata una grande ripresa ed è quindici giorni che siamo sopra i numeri del 2019 -fa notare Massimiliano Capogrosso, direttore commerciale Italia del Gruppo Lunelli-. Non vanno bene i prodotti legati ai festeggiamenti-catering perché mancano i matrimoni. E non vanno bene i prodotti legati all’aperitivo, come il Prosecco. Ci sarà una contrazione dei consumi generali, con una guerra al ribasso dei prezzi: la prima cosa che si fa in questi casi è tagliare”.

“Una situazione simile l’abbiamo già vissuta -evidenzia Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela della Doc Prosecco-: il problema non è perdere qualche aperitivo, la preoccupazione sono le conseguenze economiche che potrebbero diventare molto pesanti, con perdita di posti di lavoro e ripercussioni a catena. L’auspicio è che i provvedimenti in futuro non siano così duri. Per il Prosecco finora non abbiamo avuto danni tangibili: siamo in linea con le previsioni e siamo ancora in espansione. Per l’85% facciamo export e la gdo ha compensato l’Horeca”.

C’è però anche la consapevolezza che certe misure andavano prese. “I consumi caleranno ulteriormente ma purtroppo era necessario -sottolinea Matilde Poggi, presidente della Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che conta 1.300  produttori associati-. La situazione stava peggiorando troppo velocemente. I provvedimenti sono giusti: i consumatori si tolgono la mascherina e stanno al bar in piedi a chiacchierare e così i contagi vanno alle stelle. Ognuno di noi deve fare un passo indietro. Molti locali potrebbero attrezzarsi, se gli lasciano i ‘funghi’ o qualcosa di simile, per aumentare la possibilità di lavorare all’esterno. Ci sono sofferenze su alcune tipologie di vino, spumanti e vini di fascia alta. Per fortuna all’estero ci sono mercati che hanno continuato a lavorare”.

Andare a incidere su la hora feliz non ha ripercussioni solo sulle bollicine, ma su tutto il comparto alcolici, dalle birre ai cocktail

“La cosa più pesante è che tagli l’aperitivo -rimarca Paolo Raisa, direttore commerciale di Caffo, Gruppo che detiene oltre un centinaio di marchi nel mondo degli spirits, che vanno a coprire tutte le categorie, rum, whisky, gin, liquori, grappe, fino alle birre e che anche nel lockdown ha lanciato nuovi prodotti premium-. Era il consumo che si era ripreso meglio. E che ha reagito più velocemente con la riapertura: dava energie e risorse ai locali. Dopo le 18 anche nei supermercati non ti danno più vino e alcolici: non vedo come questa misura possa rallentare il Covid”.

Dalle ultime restrizioni potrebbe però ricevere una nuova spinta la consegna a domicilio, un settore destinato in forte crescita. “Come per l’altra ondata ci stiamo già organizzando per potenziare il servizio –fa sapere Andrea Antinori, co-founder di Winelivery- Limitando gli accessi ai locali è già aumentata la richiesta nel weekend. Rafforzeremo la flotta nel rispetto delle norme igienico-sanitarie”.

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