Generation Ibba

Giangiacomo Ibba, Presidente Fratelli Ibba srl e presidente Crai
Ancora una volta una storia famigliare, che ha il volto giovane della seconda generazione Ibba. Quando i cambi di paradigma diventano #ilsegretodelsuccesso (da Mark Up n. 261)

Il desiderio di carpire #ilsegretodelsuccesso ci porta questa volta in Sardegna, andiamo a Cagliari prima e a Oristano poi, per raccogliere la storia della famiglia Ibba. Incontriamo i tre cugini, Giangiacomo, Stefano e Gianmario. Giangiacomo Ibba, presidente della F.lli Ibba e di Crai Coop, si schermisce: “Penso che sia presto per parlare di successo: siamo solo all’inizio del percorso; abbiamo vissuto il vero passaggio dimensionale nel 2003. È vero, l’età media in azienda è sotto i 30 anni. Il nostro obiettivo è la durata dell’azienda, non la sua ricchezza, ovvero la capacità di generare reddito per rimanere sul mercato. E il vero valore per noi sono le persone: solo grazie a loro siamo riusciti a innescare un percorso positivo e così siamo diventati come una grande famiglia, conservando il principio che ci ha caratterizzato sin dalle origini”.
Ecco parliamo delle origini perché, se Giangiacomo ha lasciato una promettente carriera consulenziale per dedicarsi al retail, suo padre e i suoi zii partono invece dal nulla ...
La Fratelli Ibba nasce nel dopoguerra: quattro fratelli, Nicolino, il più anziano, è del‘24; Giovanni era del ‘39, il padre di Stefano era del ‘32 e mio padre del ‘36. Tutti, purtroppo, per necessità e per bisogno, avevano interrotto gli studi e cominciato a lavorare all’età di 10-11 anni.Spinti dalla madre, iniziano un’attività di commercializzazione di prodotti, quasi un baratto: portavano olio e cordole da Sassari verso il Sud della Sardegna, scambiandoli con i cereali di cui il Sud è ricco, per venderli ai negozi alimentari e alle piccole drogherie di paese. Viaggi lunghi, a piedi, poi con i carri trainati dai muli. A un certo punto, lo zio Nicolino, nei primi anni 50, decide di fare la “follia” di comprarsi un camion, la nonna era preoccupatissima: costava un sacco di soldi, ma quel viaggio di ritorno sul camion “bellissimo” la nonna non lo dimenticò mai. Gi affari vanno bene e, alla fine degli anni 50, decidono di stabilirsi a Oristano perché, essendo al centro della Sardegna, era logisticamente perfetto per costruire il magazzino. Nei primi anni 60 costituirono una società di capitali e un’attività di ingrosso più strutturata, passando dalle merceologie di origine, olio e cereali, a tutte quelle richieste dai negozi alimentari sparsi in Sardegna. Nei primi anni vivono tutti insieme: i 4 fratelli con mogli e figli e anche tutti i collaboratori, in una grande casa sopra il supermercato. Si mangiava tutti insieme, le donne preparavano pranzo e cena. L’attività cresce e nei primi anni 70 il fatturato arriva a 20 mld di lire. Decidono però, nel rispetto dell’operato dei propri clienti, di non aprire negozi propri.
Tutto sembra andare a gonfie vele, ma invece il vento cambia ...
Sì, siamo all’inizio degli anni Novanta e in Sardegna, più rapidamente rispetto al resto dell’Italia, si passa da una situazione di mercato disorganizzato ai primi ipermercati, che sorgono a Cagliari e Sassari. Arrivano i player nazionali e raccolgono grandi successi: non esiste concorrenza e il modello anni 50, basato ancora sull’ingrosso, comincia a dare i primi segnali di declino. I clienti diminuiscono, nascono quindi i primi gruppi organizzati, i Cedi, le cooperative, ....
Come ve la siete cavata?
Nel 2003, mio padre muore e il passaggio generazionale avviene così istantaneamente: fatturavamo circa 12 milioni, eravamo un’azienda molto piccola a rischio di sussistenza in un mercato complesso ed evoluto. Allora il business consisteva nel comprare bene per vendere bene; noi abbiamo rovesciato questo principio: prima pensiamo a vendere bene, e poi, forse, compreremo bene, se saremo bravi e avremo la condizione per farlo. Un approccio che ancora oggi applichiamo, lavorando moltissimo sugli assortimenti, sulla struttura organizzativa.
Poi arrivò lo sviluppo ...
Per svilupparci optammo per partnership e franchising: eravamo troppo piccoli per fare acquisizioni e aprire nuovi super non aveva senso, ce n’erano già abbastanza. Così cercammo imprenditori che avessero già una rete propria e volessero migliorare la loro funzionalità ed essere più moderni: una condivisione di valori e di saperi, un principio ancora molto importante per noi. Oggi sul mercato sardo valiamo circa 350 milioni alle casse.
... ma rimane un business familiare
Sì, Gianmario Ibba si occupa della rete: la vive quotidianamente, gira i negozi e si relaziona con i nostri imprenditori rappresentando la proprietà e la famiglia imprenditoriale. È figlio di Niccolino. Stefano, figlio di Giuliano, il secondo fratello, ha il ruolo di direttore generale della Capogruppo, mentre sua sorella Maria Giovanna, invece, si occupa dell’area amministrativa. Io sono il Presidente della società, coordino la direzione generale della capogruppo e delle unità di business, quindi faccio il raccordo con le unità di business che corrispondono alle 3 aree di operatività dell’azienda, ovvero la rete di prossimità e il suo sviluppo, i C&C e l’attività storica del mangimificio.
Se non le piace parlare di successo, cambiamo spartito: i valori che vi sostengono?
L’attenzione alle persone è probabilmente uno dei valori principali dell’azienda, e spero che rimanga tale. Vorrei che le persone possano entrare ogni giorno al lavoro sorridendo perché sono contente di venire a lavorare. Un altro valore importante, che viene sempre dai fratelli e che ci ha permesso di crescere, è quello della correttezza. Patti con il diavolo non se ne fanno: facciamo bene le cose, perché fare i furbi è come rubare. Forse agire così costerà più fatica, ci metteremo un po’ di più, però i risultati dureranno nel tempo, ed è questo che ci sta a cuore. Anche perché per me questa azienda è il mio posto di lavoro, ed è tale per chiunque lavori all’interno del gruppo, non solo i dipendenti dei negozi della rete diretta, ma anche i dipendenti del nostro affiliato e del nostro imprenditore, cioè la catena è una cosa unica.

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