Il caso del glifosato nei pannolini e negli alimenti. Qualche riflessione

Il glifosato è nelle acque e nel ciclo biologico da diversi anni. E oggi, alcune ricerche lo trovano anche nei prodotti a base di carta di cotone. Una scoperta che non può sorprendere

Il fatto: il glifosato è uno degli erbicidi più utilizzati al mondo da diversi anni a causa della sua estrema efficacia nel massimizzare la resa di molte culture, attraverso l’eradicazione di essenze competitive e infestanti. Come tutte le sostanze chimiche per uso agricolo è stato ritenuto non dannoso per la salute dell’uomo e ne è stato consentito l’uso dalle normative europee vigenti. Tuttavia su di esso vi sono numerosi studi indipendenti che stanno spingendo gruppi di associazioni a chiedere alle autorità sovranazionali l’immissione fuorilegge del prodotto. Sono due concomitanze che stringono di attualità questo tema: il ritrovamento di tracce dell’erbicida nel ciclo alimentare (birre tedesche) e in prodotti intimi femminili e la data del 7 marzo in cui la Commissione Europea si pronuncerà sull’utilizzo dell’erbicida negli anni a venire. Una data importante soprattutto perché nella bozza di documento presentato dalla Commissione si ipotizza il rinnovo della concessione per altri 15 anni.
Come accennato, nonostante la vicenda glifosato sia nota da tempo soprattutto in America Latina dove è usato in quantità più elevate rispetto all’Europa, l’ultimo casus belli nel nostro continente è correlato a un’indagine indipendente di una rivista francese (60 millions de consommateurs) sugli assorbenti femminili e sul grado di sicurezza che offrono alle consumatrici. Dalle analisi sono emerse tracce di sostanze tossiche quali la diossina in circa il 40% del campione esaminato. In particolare tracce di glifosato negli assorbenti interni Tampax e nell’assorbente Organyc dell’italiana Corman.
La risonanza della notizia ha prodotto la reazione di alcune aziende che hanno scelto di  non ignorare la situazione ma di prendere una posizione ufficiale. Corman ha immediatamente avviato un’indagine sui fornitori come dichiarato:

“Appena siamo venuti a conoscenza della possibile presenza di una sostanza potenzialmente tossica (Glyphosate - erbicida usato in agricoltura) sui nostri assorbenti ci siamo immediatamente attivati, svolgendo anche noi le analisi su alcuni lotti campione di nostri prodotti, coinvolgendo uno degli Istituti più seri ed affidabili a livello internazionale, l’Istituto Eurofins Sofia a Berlino in Germania. Tale studio ha confermato che in un solo lotto di quelli esaminati sono state rinvenute tracce di residui di Glyphosate. In particolare nel cotone biologico, coltivato senza pesticidi, tali residui non dovrebbero esistere. Abbiamo immediatamente avviato un'indagine, coinvolgendo i nostri fornitori di materie prime per capire dove e come si possa essere generata tale contaminazione.
Nonostante la percentuale di tali residui rinvenuta nei prodotti appartenenti al lotto specifico sia minima (25 nanogrammi per g), e non è provato che sia pericolosa, abbiamo deciso precauzionalmente di ritirare dagli scaffali le confezioni del prodotto corrispondente al medesimo lotto: 3100 scatole di salvaslip stesi, distribuite esclusivamente in Francia e Canada. Il lotto coinvolto è il 20150723.
Per noi la cosa più importante è la salvaguardia della salute delle nostre consumatrici. Continuiamo le indagini e garantiamo che metteremo in campo tutte le misure necessarie per evitare che tali incidenti si ripetano”. - Corman

Fater, produttrice dei noti brand Lines e Tampax, interpellata da Mark Up ha dato la seguente risposta:

“I prodotti per la protezione igienica femminile quali i tamponi Tampax e gli assorbenti igienici femminili Lines, commercializzati in Italia dalla Fater S.p.A., non contengono glifosato.  L’azienda verifica anche l’assoluta adeguatezza agli standard previsti dalle normative vigenti per quanto riguarda i fornitori di materie prime.  Infatti viene controllato che  i nostri fornitori utilizzino sempre fonti certificate ed anche che utilizzino processi di purificazione delle materie prime che distruggano o rimuovano eventuali residui di sostanze pesticide/erbicide quali ad esempio il glifosato (se presenti)”.

Negli alimenti
Anche in Germania sono emerse altre circostanze allarmanti sul glifosato: il Munich Environmental Institute, un gruppo ambientalista tedesco, ha trovato tracce dell’erbicida in 14 delle birre tedesche più vendute per un valore superiore ai 0,1 microgrammi per litro d’acqua. A fronte di questo esisto la popolazione tedesca è stata tranquillizzata dall’Istituto Federale che in una nota ha dichiarato al quantità riscontrata non pericolosa per la salute pubblica. Occorre dire che se da un lato aziende e enti governativi prendono posizioni ufficiali non eludendo il tema, dall’altro le preoccupazioni aumentano.
Il glifosato è stato brevettato da Monsanto negli anni 70. Dal 2001, data di scadenza del brevetto, è  entrato in libera produzione. Nel 2015, lo Iarc (International agency for research on cancer) l’organismo dell’Oms che effettua studi sul tema, ha definito il glifosato “probabilmente cancerogeno per gli esseri umani”; tuttavia, solo qualche mese fa (novembre 2015) l’Efsa (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) ha dichiarato “improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo”. Posizioni differenti e contraddittorie ma frutto di criteri diversi di valutazione che pone l’opinione pubblica davanti a una situazione già vissuta in molti altri casi anche distanti: si cerca nelle valutazioni scientifiche risposte assolute che non si riescono ad ottenere in quanto dipendono dalle modalità con cui sono condotte le sperimentazioni. In ogni caso la cogenza della situazione è ineludibile anche in assegna di “sentenze scientifiche definitive”: l’autorizzazione circa l’utilizzo del glifosate è scaduta il 31 dicembre 2015 ed è stato prorogato l’uso fino a giugno 2016. In Italia 32 associazioni ambientaliste e attinenti all'agricoltura biologica associate in Federbio, hanno scritto al governo italiano pressando per una presa di posizione definitiva. E il tempo stringe perché tra qualche giorno (il 7 marzo) l’Ue definirà i nuovi limiti e concessioni d’uso.

Le difficoltà del legislatore
Al di la dei riscontri scientifici, sussistono valutazione oggettive di cui ci si aspetta che il legislatore tenga conto. L’utilizzo della chimica in agricoltura è un compromesso in cui, costi e benefici si commisurano. Da un lato si introduce nell’ambiente una sostanza chimica che genera un impatto sull’ecosistema; dall’altro si incrementa la produttività rispondendo alle esigenze di volume del mercato. Tuttavia occorre considerare che l’introduzione nell’ambiente di una sostanza “aliena” impatta sempre sull’intero ecosistema. Per cui anche se grazie ai processi produttivi non si presenta direttamente (o è presente in dosi minime) negli alimenti destinati al consumo umano, permane comunque nell’ambiente per un dato periodo di tempo generando effetti indirette ma tangibili. Questi effetti possono essere più devastanti di quelli diretti: basti pensare all’enorme preoccupazione che la vicenda delle api sta generando legata ai cambiamenti dell’equilibrio biologico ambientale. Un secondo aspetto è legato a ciò che i sistemisti e i matematici indicano come “sovrapposizione degli effetti”. Senza entrare nel dettaglio di tecnicismi, si può dire semplificando, che i sistemi complessi come quelli che sostengono la biosfera non sono lineari. In altre parole se la variabile A induce un effetto e la variabile B un’altro effetto sul sistema, l’effetto combinato di A e B non vale A+B. Con maggiore sintesi, se due sostanze separatamente producono un risultato, la loro azione combinata non genera la somma degli effetti singoli. Il brevetto del glifosato risale alla metà degli anni 70. Da allora sono cambiate molte cose, sono stati introdotti nuovi agenti e soprattutto le culture Ogm. Così se il glifosato in singolo effetto vale uno svantaggio, sommato ad altro causali, può essere molto più pericoloso. Inoltre, l’introduzione di culture Ogm resistenti al glifosato, ha consentito di incrementarne le dosi facendone tracimare la sua presenza in cicli nei quali fino ad oggi non era riscontrato. Per questi motivi la questione è critica: il legislatore è sempre più chiamato a normare un singolo topics ma all’interno del sistema complesso in cui diviene. Una dimostrazione plastica delle correlazioni non lineari ha spinto il ministro dell’ambiente francese Ségolène Royal, a chiedere all’Agenzia di sicurezza sanitaria di Parigi di vietare il glifosato in quanto mesciato con il tallowamine, un adiuvante già vietato in Germania, moltiplica gli effetti inquinanti.

La sostenibilità è il primo tema
Proprio perché i sistemi biologici non sono lineari, le loro evoluzioni al cambiamento indotto da azione antropica (umana), possono diventare catastrofiche con evoluzioni, da un dato punto in poi, parossistiche. L’utilizzo dei diserbanti, se da un lato assicura produzioni in volumi maggiori, dall’altro abbatte la biodiversità e, detto in modo prosaico, siccome nella biosfera “tutto si tiene”, picconarne progressivamente gli elementi chiave può dare risultati non prevedibili. Come accennato, il glifosato è un diserbante sistemico a spettro di azione non selettivo assorbito per via fogliare. Questo significa che è fitotossico per qualsiasi pianta e, se irrorato su essenze infestanti in foglia, produce un effetto di disabilitazione dei nutrienti portando al disseccamento in un paio di settimane o poco meno. La sua tossicità diretta sull’uomo nelle dosi indicate dalle normative vigenti è bassa ma diventa molto più impattante con l’aumentare delle quantità (in modo non lineare!). In Italia la presenza del glifosato è studiata dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Nell’ultimo rapporto disponibile del 2014 (con dati rilevati del 2012) sono computati i livelli di inquinanti nelle acque per un totale di 1.469 punti di monitoraggio analizzati. Questi livelli sono valutati all’interno di un indicatore detto Sqa che definisce gli Standard di Qualità Ambientale per le acque superficiali [Dir. 2008/105/CE, D.Lgs. 152/2006], le norme di qualità ambientale per la protezione delle acque sotterranee [Dir. 2006/118/CE]. Ebbene, 816 (55,5%) sono contaminati da pesticidi, 495 dei quali (33,7%) con concentrazioni superiori ai limiti dell’acqua potabile.
In altre parole, l’Sqa fissa una media annuale e la massima concentrazione ammissibile affinché la parte idrica analizzata sia in buono stato. Individuati i punti di verifica, il livello di superamento indica la percentuale di sondaggi che sfondano i tetti predefiniti.
Nelle acque sotterranee, su un totale di 2.404 punti di monitoraggio, 764 (31,8%) sono contaminati, 229 dei quali (9,5%) sopra ai limiti dell’acqua potabile. Lo studio fa emergere che nelle acque superficiali il superamento dei livelli massimi è da ascrivere al glifosato e al suo metabolita Ampa per il 31% e 56,6% rispetto all’indice di qualità ambientale predefinito Sqa. Dalla tabella sottostante è però possibile osservare come Ampa e Glisofato sono in compagnia di altre molecole in grado di modificare l’equilibrio biologico dell’ecosistema.

Sqa-acque

Fonte: Ispra - Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque 2014

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