Il fenomeno B-Corp sbarca in Italia con le Società Benefit

La strada verso l’integrazione della sostenibilità nella strategia corporate è ancora in salita, ma la direzione tracciata con le società benefit può essere quella giusta.

È notizia di questi giorni l’istituzione, con la Legge di Stabilità 2016, della Società Benefit, l’omologo italiano delle cosiddette benefit corporation (B-corp). È un passo importante verso la definizione di un modello innovativo di business in Italia, ponendo nuove responsabilità al centro della strategia d’impresa. Cosa sono, dunque, le B-corp?

Al pari di quanto avviene negli Stati Uniti, da oggi anche in Italia le imprese “profit” possono fregiarsi dell’appellativo di B-corp (o meglio, società benefit, stando alla terminologia della legge di stabilità). Condizione indispensabile, però, è l’indicazione in statuto non solo dell’intento del profitto economico, ma anche della generazione di profitto sociale e/o ambientale. Alcune considerazioni sono necessarie al riguardo.

Partendo dalla forma, è interessante notare come non si faccia distinzione in base alla natura giuridica delle società: di persone, di capitali, cooperative, tutte le imprese avranno la possibilità di perseguire questa strada, a patto che ci si sottoponga a una serie di vincoli e responsabilità di natura sostanziale.

Venendo alla pratica, quali sono gli aspetti realmente innovativi?

In primis, società benefit non è una certificazione. Volendo sfatare un falso mito, un’impresa non ha un orientamento strategico alla sostenibilità solo perché è in possesso di una certificazione o ancor peggio perché redige un bilancio sociale, ambientale o di sostenibilità. La società benefit va in questa direzione. Oltre le indicazioni statutarie, sarà infatti necessario raggiungere risultati sociali e/o ambientali che saranno oggetto di verifica da parte degli amministratori o dei responsabili sostenibilità (anche questi chiaramente identificati in statuto). La normativa non ha previsto sgravi fiscali né agevolazioni finanziarie. In concreto, ci si assume la responsabilità di raggiungere il naturale obiettivo di una società profit: generare profitto, a patto che sia anche profitto sociale e/o ambientale.

Dov’è la novità? Cosa si è aggiunto di nuovo rispetto a quanto non si sappia ormai da anni (non tantissimi, a onore del vero) sui temi della sostenibilità? In un recente articolo di Paolo Stampacchia ci si interrogava in modo puntuale sulla domanda “la responsabilità sociale ha davvero conquistato il business?”. Sintetizzando l’assunto, la questione è tuttora se la corporate sustainability si stia realmente integrando nella strategia d’impresa. L’idea della società benefit è proprio qui: la nuova sfida per le imprese è obbligarsi in tale direzione. Obbligarsi, esporsi, riorganizzarsi in modo da perseguire un obbiettivo più ampio di massimizzazione del profitto. Tutto ciò lo si potrà fare solo definendo una strategia d’impresa sostenibile.

Terzo, ma non da ultimo, la sfida. Quante saranno allora le imprese italiane che opteranno per questa formula? A oggi sono undici. Una goccia nel mare. Perché irrigidire la propria governance? Perché sottoporsi a obblighi di trasparenza che oggi non sono richiesti ex lege? Un esempio per tutti, la relazione che la società benefit dovrà affiancare annualmente al bilancio di esercizio (siamo sulla strada dell’obbligatorietà del bilancio integrato di sostenibilità? Spero di si!).

Un’impresa potrebbe obiettare: “ho già la mia strategia di sostenibilità, con risultati certificati e verificabili. Non ho necessità dell’appellativo di società benefit! In azienda non badiamo alla forma, ma alla sostanza!”. Verissimo. Però si corre il rischio di continuare a essere tacciati di greenwashing, window dressing e chi più ne ha più ne metta. Se si è, dunque, un’impresa sostenibile, perché non essere una società benefit? Certo, maggiori oneri, ma forse anche maggiori rendimenti economici, sociali e ambientali per tutti, alla ricerca di nuovi fattori critici di successo.

La sfida è aperta e sicuramente difficile: ma la direzione tracciata verso un nuovo modello di business sembra molto interessante per non meritare quantomeno una approfondita riflessione da parte di tutti.

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