Il largo consumo ha imparato dal consumatore

Negli anni Accenture ha realizzato molteplici progetti per il settore del largo consumo e del retailing. Mark Up ha incontrato Angelo D'Imporzano, responsabile consumer goods e retail di Accenture per fare il punto della situazione attuale e futura.

Negli ultimi 20 anni tecnologia e globalizzazione hanno cambiato il mondo. Largo consumo e retailing sembrano resistere al cambiamento. Qual è il suo punto di vista?
Globalizzazione ed evoluzione tecnologica hanno progressivamente portato a una ridefinizione del largo consumo e del retail. Alcuni attori di mercato stanno utilizzando molto bene le tecnologie per creare dei modelli di business innovativi che il consumatore riconosce e premia. Un esempio importante è quello di Nestlé con Nespresso dove è stato creato un legame diretto tra consumatore e marca. Ma anche P&G che sta ridefinendo la customer experience all’interno degli store per migliorare l’efficacia dell’azione sul consumatore finale. Tuttavia l’evoluzione e le opportunità maturate in questi anni non sono comprese da tutti e altri player faticano a trovare la strada giusta. L’industria italiana si sta muovendo e qualche caso di eccellenza lo si può trovare anche se fuori dal largo consumo: basti pensare a Luxottica e al suo modello distributivo integrato.

A causa della crisi, il consumatore è sempre meno fedele. Industria e retail si difendono con l’utilizzo della solita leva promozionale. Le stesse tecniche di venti anni fa. Perché?
La leva promozionale è antica di venti anni e più. Nessuno ne è particolarmente contento, né industria, né distribuzione. La crisi economica ha portato i consumatori a fare delle scelte più nette su cosa acquistare e oggi si vende solo quello che è in promozione. Sicuramente c’è inerzia e sia industria e distribuzione ne soffrono. A mio modo di vedere, assisteremo all’evolvere di due dinamiche: una prima nella qualificazione della leva promozionale con una migliore previsione dell’efficacia in modo da limitare la perdita di marginalità che questo strumento determina;
una seconda dinamica è la revisione dei modelli di net-net price e degli assortimenti. Tutto ciò determinerà probabilmente delle opportunità per i prodotti locali di buona qualità.

L’industria ha forse capito che la relazione col cliente è fondamentale. Sfrutta bene oggi gli strumenti disponibili? Quali spazi di miglioramento?
Per l’industria è un’enorme opportunità per aumentare la conoscenza del consumatore e stringere le relazioni. Nel retailing la digitalizzazione porterà a un cambiamento dell’esperienza nello store, abbattendone le barriere fisiche nell’interazione. La relazione diventa sempre più continua. Per quanto riguarda l’ecommerce del grocery emergeranno prodotti premium che sapranno realizzare una relazione diretta con il consumatore. Una best practices è Nespresso di Nestlé.

I retalier hanno potenzialmente tutti i dati necessari per conoscere il cliente e instaurare con lui una relazione. Eppure il marketing del retailing verso il consumatore è primordiale. Cosa ne pensa?
È sicuramente vero che i retailer non hanno sfruttato la mole di dati che hanno raccolto. Ma la situazione dovrà cambiare anche perché l’industria sta dimostrando di sapere costruire un rapporto diretto col consumatore. I retailer utilizzeranno i dati sui consumi delle singole persone per effettuare scelte di efficienza sull’assortimento e di pricing in grado di incrementare la fidelizzazione nel punto di vendita. Questo tipo azione sarà strategica nel difendersi da nuovi player anche digitali grazie al fatto di saper colloquiare con l’industria di marca e con il consumatore che frequenta lo store. Il retailer dovranno quindi collegarsi maggiormente all’esperienza di marca e alla presenza del consumatore nello store e anche fuori.

A livello di maketing lo storytelling sembra la chiave più efficace per entrare nel cuore del consumatore. Qual è il suo punto di vista?
Credo che sia una delle aree più interessanti per le aziende di largo consumo. Prodotti come Dove di Unilever, Coca-Cola, e in alcuni casi Nestlé stanno interagendo costantemente con il consumatore. E altre si stanno muovendo anche con strutture ad hoc per gestire il digital world e il social interaction.

Secondo lei industria, distribuzione e istituzioni devono influenzare le scelte del consumatore con la leva del pricing/fiscale verso un consumo salutare?
Non so dire se la parte fiscale debba essere modulata in questa direzione, ciò che è evidente è che l’industria si sta muovendo nella direzione di proporre alimenti sempre più in linea con le esigenze delle moderne società; anche i retailer saranno più sensibili attraverso una composizione assortimentale differente dall’attuale.

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