Il largo consumo italiano supera la prova della circolarità

Circolarità
Una metà abbondante è proactivist, alcune sono già circolari: risultati positivi dall'indagine che ha misurato con il tool Circol-UP le performance di un campione di 23 aziende della community

Quanto è effettivamente predisposto alla circolarità il largo consumo italiano? Un’interessante fotografia è arrivata in tempi recenti da una ricerca (Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano) condotta da GS1 Italy, in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed Ergo. Nell'occasione sono state misurate le performance di 23 aziende utenti GS1 Italy attraverso Circol-UP, il tool per misurare la circolarità in azienda.

Il quadro generale è straordinariamente positivo. Più della metà delle aziende del largo consumo che hanno partecipato all’esperienza dell’applicazione di Circol-UP è proactivist. Lo ha ricordato Fabio Iraldo, professore dell'Istituto di Management, Scuola Universitaria Superiore Sant'Anna di Pisa. In una scala di valori divisa in beginner, concerned, proactivist e circular è risultato che il livello di circolarità medio delle aziende misurate risulta pari al 53%.

Food and beverage al top

Il food & beverage ha valori di circolarità più alti rispetto ad altri settori (tutte le aziende sono tra il 40% e 80%); il retail ha quelle più disomogenee (tutte le aziende sono tra il 25% e 70%, nessuna azienda va oltre il 70%), mentre il cura casa e persona ha le performance più omogenee, anche se nessuna azienda supera il 60%.
“Non è questione di sensibilità, ma anche di maggiore offerta di opzioni: pensiamo alle differenze tra il pack alimentare e il pack cosmetico. Su altri temi, come il risparmio idrico, l’azienda alimentare ha intrapreso un percorso da più tempo rispetto a cosmetica o retail” spiega Iraldo, facendo riferimento allo sviluppo di nuove tecnologie, ricerche e altre soluzioni messe a disposizione del settore del largo consumo. La fase di design è quella che registra risultati migliori con il 71% di circolarità nel food & beverage, il 60% nell’home & personal care e il 43% nel retail, segno dell’importanza attribuita alla progettazione a monte. Picchi alti anche nella gestione dei rifiuti con il retail a svettare (62%). La fase con più disomogeneità tra i tre settori è la produzione (65% food & beverage, 32% retail e 29% home & personal care).

“Circol-UP è uno strumento di self-assesment per capire a che punto si è, dà suggerimenti per migliorare la propria circolarità ed è disponibile online per le aziende utenti di GS1 Italy appartenenti a tre settori: food & beverage, retail, cura della persona e della casa” ricorda Bruno Aceto, ceo di GS1 Italy.

Le 23 aziende coinvolte sono state Antinori, Auricchio, Barilla, Bauli, Ferrero, Mondelez, Nestlé, Parmalat, Prealpi per l’alimentare; Bennet, Conad, D.it-Distribuzione Italiana, Despar, Esselunga, Metro, Realco per il retail; Artsana Group, Decathlon, Fater, P&G, Panzeri Diffusion, Sutter per la cura della persona e della casa.
Sei le fasi analizzate nel campione: approvvigionamento, design, produzione, distribuzione, utilizzo, gestione del fine vita e dei rifiuti. Performance significative sono realizzate nei vari ambiti: dal design del prodotto per garantire la circolarità nelle fasi successive, alla gestione di approvvigionamento delle materie prime e dei materiali per il packaging; passando per le fasi di produzione e distribuzione, dove è noto l’interesse per ottimizzare i processi, ridurre i consumi di acqua ed energia ed efficientare le diverse attività logistiche; fino alle ultime fasi, che prevedono il coinvolgimento del consumatore e una gestione dei rifiuti e degli scarti.

Terreno di proactivist

Nel food & beverage il 61% è mediamente proactivist. Tutte le fasi hanno una media sopra il 50% -con design, produzione e utilizzo le fasi che registrano le performance medie più elevate-, anche se c’è complessivamente grande variabilità in ogni singola fase tra le aziende. Tra i punti migliorabili sono suggeriti l’impiego di sottoprodotti nelle ricette, soluzioni di trasporto intermodali, la comunicazione al consumatore relativa al riutilizzo degli imballaggi.

Nell’home & personal care la media di circolarità è del 48% (60% proactvist e 40% concerned). Design e produzione hanno i picchi più elevati ma spicca l’estrema disomogeneità di prestazioni tra le aziende con differenze di performance anche di 60 punti percentuali (design); disomogeneità anche nell’approvvigionamento, distribuzione e utilizzo. “Nella cosmetica c’è più disomogeneità per esempio sull’approvvigionamento, gli ingredienti di un cosmetico sono tanti; il packaging è tema migliorabile mentre nel food è più compreso e trattato da tempo” continua Iraldo. Tra i punti da migliorare, per esempio, la gestione circolare degli scarti di produzione e forme di ritiro prodotti e imballaggi a fine vita.

Nel retail la media di circolarità è del 45% (50% proactivist e l’altro 50% concerned). Come nella cosmetica si caratterizza per la disomogeneità. Nell’approvvigionamento si va da picchi che sfiorano il 90% a punti più bassi sotto il 10%; la fase più omogenea è la gestione rifiuti mentre la produzione è l’unica fase con una prestazione media sotto il 40%.
“Nel retail la filiera di approvvigionamento ha margini più ampi: sui brand non c’è controllo, che invece c’è sui prodotti a marchio proprio. Grande compattezza invece sulla gestione rifiuti, molto positivi e simili, non solo per la gdo alimentare. La circolarità nel retail è stata storicamente interpretata come valorizzazione dello scarto, dello spreco alimentare” osserva Iraldo.

Tra i punti deboli, da migliorare la comunicazione al consumatore sul riutilizzo dei prodotti e imballaggi nel punto di vendita, attraverso per esempio annunci radio, totem.

Alla fine tra i concetti ricorrenti in chi performa meglio sulla circolarità c’è la sensibilizzazione dei dipendenti e il coinvolgimento del management, i meeting con tutte le funzioni aziendali per la progettualità e l’anticipazione della normativa; chi invece performa meno bene denuncia la scarsa attenzione della filiera. Ma ci sono anche ostacoli esterni che limitano le performance. Tra i primi, in base alle interviste effettuate (una decina delle aziende coinvolte), risultano la carenza di infrastrutture a livello nazionale e il quadro normativo incompleto.

Due esempi di best practice

Da Procter & Gamble ed Esselunga sono arrivate due testimonianze della positività dell’utilizzo di Circol-UP. “Abbiamo applicato il modello di Circol-UP prendendo in considerazione un detersivo liquido per lavatrici prodotto in Italia, Dash Power: siamo risultati proactivist per il 69%. Significa che l’azienda ha da tempo intrapreso un proprio percorso di circolarità e ha pianificato azioni per migliorare la circolarità del prodotto” ha raccontato Daniela Cappello, direttore comunicazione scientifica e sostenibilità di P&G Italy. L’azienda ha puntato sulla comunicazione sostenibile. Negli spot tv ha utilizzato un linguaggio accessibile consigliando di abbassare la temperatura di lavaggio per ridurre il consumo elettrico. Azione supportata da evidenze scientifiche che ne dimostrano l’effetto nell’abbattere l’impatto ambientale dei detersivi in fase di utilizzo, grazie a un’innovativa formulazione efficace a basse temperature. A conferma di quanto nella circolarità la fase di design del prodotto sia strettamente correlata alla fase d’uso. “Tra i fattori di successo del tool di GS1 Italy quello di riunirsi in team, avere una strategia di comunicazione completa. Il tool ci ha dato molti suggerimenti pratici, per esempio sulla logistica. Vogliamo ripetere la misurazione tra 12-18 mesi per verificare se le misure in atto ci hanno portato miglioramento. In ogni reparto abbiamo ambasciatori di sostenibilità. E nell’ultimo anno abbiamo dato vita a un board di sostenibilità-circolarità presieduto dal general manager che si riunisce per avere una visione totale” spiega Cappello. Queste azioni di comunicazione sono considerate una buona pratica di circolarità in quanto pongono l'attenzione alla sostenibilità lungo la catena produttiva, aumentano la consapevolezza dei consumatori e stimolano loro comportamenti responsabili.

Retailer e food company

Esselunga ha utilizzato Circol-UP usando due questionari, uno come retailer e l’altro come food company. Come retailer risulta 68% proactvist, mentre come produttore circular con l’80%. Diversi gli esempi pratici raccontati dall’azienda che dal 2020 ha presentato il primo bilancio di sostenibilità. L’analisi di Circol-UP tramite le due chiavi di lettura ha permesso di ricostruire in modo dettagliato e completo il percorso intrapreso da Esselunga verso l’economia circolare. Le due performance vanno infatti lette congiuntamente in quanto parte di un’unica visione e politica aziendale di un’organizzazione che già da tempo si è posta obiettivi chiari e che ha predisposto un piano strutturato di medio-lungo periodo per massimizzare la circolarità, integrando i principi di economia circolare all’interno dei processi organizzativi. Azioni concrete -come recupero, riciclo, riduzione, ripensamento dei processi- e una cultura aziendale improntata alla sostenibilità fanno parte della strategia aziendale, anche se è soprattutto a livello di “food company” e dei prodotti alimentari direttamente realizzati che il percorso di Esselunga risulta maggiormente integrato, grazie in particolare al controllo che è in grado di esercitare sulla filiera.

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