Il Lavoro di Renzi piace alle imprese

Copertina – Quanto si è visto nel contratto a tempo determinato, va nella direzione di una semplificazione a lungo attesa. Forse troppo

Il Jobs Act del Governo Renzi avrà, pare, un iter parlamentare particolarmente complesso. Coinvolgerà, una volta ultimato, i settori di Green Economy, Food, Made in Italy, ritenuti prioritari prevedendo piani di sviluppo specifici; propone un contratto unico a tempo indeterminato a tutele crescenti, riducendo le tipologie flessibili o temporanee. Intanto, il decreto legge sui contratti di lavoro a termine è stato approvato il 20 marzo e sta per essere convertito in legge dello Stato. Ha un'importante rilevanza per il settore agroalimentare e della grande distribuzione nella misura in cui l'utilizzo dei contratti a tempo determinato, e dell'apprendistato, saranno almeno apparentemente semplificati. Vediamo come.

Cade il vincolo causale. È stato abolito l'obbligo per il datore di lavoro di indicare il motivo per cui il dipendente è stato inquadrato con un contratto a tempo determinato e non con un rapporto stabile. Sembra che questo “vincolo causale” fosse piuttosto stringente per il datore di lavoro, provocando controversie giudiziarie tra le imprese e i dipendenti, i quali contestavano un'irregolare indicazione della “causalità” in molti contratti precari sino a chiederne la conversione in un rapporto a tempo indeterminato. Nella precedente normativa Fornero, l'obbligo scattava dal secondo anno in poi.

La tempistica. I vincoli per le assunzioni a termine riguardano la durata dei contratti: la durata massima è fissata a 36 mesi e l'utilizzo di queste forme di inquadramento non può superare il 20% dell'organico di un'azienda. Se si supera il limite, i contratti in eccedenza si considerano a tempo indeterminato. Per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti, è possibile stipulare un solo contratto di lavoro a tempo determinato. Le assunzioni con contratti a tempo determinato sono ammesse cinque volte per un periodo complessivo di 36 mesi. Prima della conversione in legge, il decreto prevedeva un numero più alto di “ripetizioni” del contratto a termine, sino a otto volte.
Il congedo di maternità sarà conteggiato ai fini del diritto di precedenza: alle lavoratrici è riconosciuto il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi.


Anche l'apprendistato
viene semplificato, ma contrariamente al testo originale, la Commissione Lavoro della Camera, ha ripristinato l'obbligo di un piano formativo individuale in forma scritta, inizialmente escluso per favorire la semplificazione e la maggiore adozione di questo tipo di contratto.
Per le aziende con più di 30 dipendenti c'è l'obbligo di assumere il 20 per cento degli apprendisti, in totale potranno essere metà dell'intera forza lavoro. Sono previste delle semplificazione burocratiche del contratto di apprendistato (d'inserimento e formazione per i giovani con meno di 29 anni).

La Green Economy sarà oggetto di un singolo piano industriale con indicazione delle singole azioni operative e concrete, necessarie a creare posti di lavoro. Infatti, Nel Jobs Act, il settore di imprese e lavori “green” è tra quelli previsti in grande crescita.
Sempre legato alla green economy, un altro settore vedrà degli incentivi importanti per far accedere al mondo del lavoro un numero crescente di addetti: cultura, turismo, agricoltura e cibo.
Segue il made in Italy, con riferimento all'artigianato e al design, ma made in Italy è anche gastronomia, prodotti, vini. Gli interventi operativi che prenderanno in considerazione questi settori passeranno il vaglio di Camera e Senato, e saranno specificate in accordo con il mondo delle imprese, quello dei consumatori e di tutti gli attori che avranno voce in capitolo per determinare le azioni. Quel che è certo che questi sono tra i comparti considerati prioritari, per i quali si prevedono investimenti e nuovi posti di lavoro.
La tempistica, oltre ai passaggi parlamentari e le commissioni, sarà legata a delle cabine di regia, che interverranno in tutti gli aspetti dei settori, considerati prioritari per ridare vigore allo sviluppo economico dell'Italia, con l'obiettivo di allargare il mercato del lavoro, coinvolgendo datori di lavoro, produttori e formando nuove figure professionali, e consolidando le realtà positive esistenti.

La crescita dell'agroalimentare Vi trovano oggi impiego 851.000 persone, vale a dire circa il 4% della forza lavoro complessiva del Paese. Tra gli addetti, molti sono under 35 (circa il 18%) e donne (29%).
Inoltre, nel 2013 la quota export del comparto agricolo italiano è cresciuta del 4% rispetto al 2012, secondo i dati elaborati dalla società di consulenza strategica Althesys per il Gruppo Nestlé in Italia.

Cresce l'occupazione femminile in agricoltura. Il numero di donne al di sotto dei 34 anni, è aumentato del 2,2% nel terzo trimestre del 2013 rispetto al trimestre precedente.
Un risultato migliore di altri comparti. Infatti, la stessa fascia di giovani donne, nel settore industriale cresce dell'1,8% (-4% rispetto all'agricoltura) e nei servizi scende del 4% (-6,2%).
Lo stato dell'arte dell'agro-alimentare italiano è stato analizzato da un panel di esperti che si sono riuniti lo scorso 6 marzo a Roma, per il convegno “Agric(u)ltura: innovazione e nuove idee per il futuro (giovane) del made in Italy agricolo.” delineando una nitida fotografia dell'intero settore. Quella di un mondo in grande fermento e in piena evoluzione, capace di creare nuova occupazione e di stimolare la nascita di attività imprenditoriali innovative e guidate spesso da giovani, che si mettono in discussione, in rete, seguono modelli di lavoro collaborativo, con diverse realtà e settori complementari.

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