Il vino italiano si perde sulla via della seta

di Jessika Pini

Stati Uniti e Cina rappresentano i due antipodi, non solo geografici, degli sbocchi commerciali extraUe. Da un’analisi più dettagliata e su base annua emergono netti distinguo tra le due aree geografiche: “Il vino italiano trova una maggior diffusione e apprezzamento nei mercati dove storicamente è, o è stata rilevante, la presenza di nostri immigrati e di ristoranti italiani, come nel Nord America, mentre abbiamo maggiori difficoltà a stare al passo con la crescita della domanda in Asia -commenta Denis Pantini, responsabile Nomisma/Wine Monitor-. Questo deriva sostanzialmente dal ruolo di ambasciatore che la nostra cucina svolge per i prodotti made in Italy nei paesi in cui i ristoranti italiani sono più diffusi. In generale, e al di là di queste leve strategiche per l’export, dovrebbe essere una struttura commerciale ben organizzata a fare la differenza. Tuttavia, le piccole dimensioni della maggior parte delle imprese vitivinicole italiane le rende incapaci di agire singolarmente. Il sistema paese si è inoltre mosso tardi rispetto alla Francia che già dagli anni ’80 ha iniziato un’attività di promozione del suo vino in Cina e le cui aziende hanno stretto delle jont venture con importatori locali a differenza delle aziende italiane che finora si sono appoggiate a distributori”.

Quello americano è un mercato maturo, a sua volta produttore, dove quindi esiste una cultura del vino, e con una struttura distributiva ben organizzata, l’altro si sta aprendo ora all’importazione e alla produzione del prodotto che non fa parte della cultura locale. Nel 2015 le importazioni di vino italiano negli Stati Uniti sono aumentate del 20% a valore, perfettamente in linea con quelle provenienti dal resto del mondo, mentre in Cina sono cresciute del 15,3% rispetto al +60,7% degli altri esportatori (fonte Wine Monitor). In entrambi i paesi il vino made in Italy risulta molto apprezzato con la differenza che negli Usa l’Italia copre il 30% delle importazioni e in Cina il 5%.

La Cina è un mercato dalle enormi potenzialità su cui bisogna continuare a lavorare, afferma Ottavio Cagiano de Azevedo, direttore generale Federvini. Unione italiana vini ha avviato dall’anno scorso un dialogo con le grandi catene della distribuzione mondiale per verificare la possibilità di stringere accordi per promuovere il vino italiano anche in Cina: “Alcuni grandi gruppi distributivi francesi e tedeschi, intervenuti all’ultima edizione del Vinitaly, hanno mostrato interesse e attenzione verso questa proposta – commenta Domenico Zonin, presidente uscente Unione italiana vini – nutriamo pertanto una ragionevole fiducia sul fatto che insieme a loro, e ai gruppi della distribuzione italiana che vorranno essere nostri partner, riusciremo a creare quel ponte logistico indispensabile in mercati lontani, come la Cina, per far crescere le nostre esportazioni”.

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