Il marketing delle relazioni

L’incontro tra la domanda e l’offerta per le risorse umane conosce nuove possibilità. Dai social alla reti dirette, un mondo di relazioni da (ri)costruire per imprese e persone. La frontiera del Referral Marketing (da Mark Up n. 267)

Negli ultimi anni il mondo del lavoro si è trasformato radicalmente in tutti i suoi aspetti. Non solo per tipologia e contrattualità, ma anche per le forme di ingaggio della relazione tra persone e aziende. Il settore privato si trova nella difficoltà di svolgere una valutazione veloce ed efficace tra migliaia di profili, spesso molto simili. Anche se il settore pubblico utilizza dei metodi di selezione più sistematizzati come il concorso, anch’esso trova delle criticità soprattutto nella comunicazione dei requisiti rispetto alle risorse umane cercate. Ma come costruire una macchina relazionale più efficiente ed efficace?

Un elemento condiviso dagli studiosi del settore è l’ascesa del concetto di “connessioni”. L’utilizzo massimo del social media ha permesso di costruire delle mappe professionali e rispetto ad esse, i social media e in primis LinkedIn con 11 milioni di iscritti in Italia, sono strumenti importanti.

La pubblica amministrazione se ne è accorta e ne è nata una case history degna di studio anche nel settore delle imprese. A fine 2017 il comune di Milano ha varato con LinkedIn un nuovo modo di fare incontrare domanda e offerta colmando le asimmetrie informative. #WorkInMilano, questo il nome dell’iniziativa, ha evidenziato il valore del network relazionale: le cinque offerte di lavoro per posizioni dirigenziali dell’amministrazione milanese sponsorizzate sulla piattaforma del social network hanno raggiunto circa 32mila visualizzazioni. Più nello specifico, su un totale di 171 candidature per ruoli dirigenziali e ad alta specializzazione presentate all’Amministrazione, il 22,2% (38 candidati) ha affermato di essere venuto a conoscenza dell’avvio della selezione attraverso LinkedIn, il 47,9% (82 candidati) grazie al sito del Comune di Milano, il 21,6% (37 candidati) attraverso differenti modalità come il tradizionale passaparola o altri social network, il 7,6% sceglie di non rendere nota la modalità di conoscenza, mentre solo lo 0,6% riferisce di essere venuto a sapere di queste opportunità lavorative tramite quotidiani o riviste.

Anche se nel mercato delle relazioni, la rete digitale e il social network ha molto da dire, non bisogna cadere nell’errore di pensare che gli incontri fisici, personali siano in declino. Anzi stanno conoscendo una nuova primavera perché per andare oltre il profilo è necessario la valutazione diretta, empatica. Un esempio è quella di Randstad, secondo operatore mondiale di servizi dedicati alle risorse umane che organizza colloqui in via informale tra imprese e candidati, con un’azione territoriale dove l’incontro avviene in orari e modi insoliti. Gli incontri possono avvenire a colazione oppure nel tardo pomeriggio all’ora dell’aperitivo, secondo il metodo delle speed date in cui le persone hanno a disposizione cinque minuti per presentarsi e instaurare un link con l’interlocutore per poi passare ad un’altra session di incontro. Randstat ha dichiarato che nell’ultimo appuntamento di questo tipo avvenuto a fine 2017, sono stati messi in contatto 330 candidati con circa 180 aziende per un totale di 50 inserimenti.

Il network relazionale è efficace anche oltre il recruitment ma nel matching tra domanda e offerta. Una realtà consolidata e presente in Italia dal 1985 è Bni, Business Network International. Si tratta di un’organizzazione fondata in America nel 1985, che ha come scopo lo scambio di referenze tra i suoi iscritti (professionisti e imprenditori), pianificando ciò mediante un programma ben strutturato e una metodologia definita. Il metodo è quello del Refferal Marketing. I numeri che l’organizzazione conta, in termini di affiliati in tutto il mondo, la decretano il più grande network di referenze esistente, con capillarità in 70 paesi e con 9,8 milioni di referenze scambiate nel 2017, per un giro d’affari di oltre 11,3 miliardi di euro. Il motto dell’organizzazione, “Givers gain”, sintetizza bene quella che è la filosofia dell’organizzazione: “Chi dà, riceve”, vale a dire l’espresso impegno, declinato in un sistema organizzato, ad una condivisione di idee, contatti, e referenze di business a beneficio proprio e degli altri. Anche in questo caso gli inconti avvengono in location che rispondono alle esigenze di tempo e spostamento dei partecipanti.

Un’economia co-creativa

Bni Italia conta oltre 7.000 membri suddivisi in 230 Capitoli (gruppi locali dell’organizzazione), attivi in varie province italiane. Mark Up ha incontrato Paolo Mariola, national director di Bni Italia.

Come nasce Bni e da quanto è in Italia?

Bni nasce nel 1985 in America tramite un consulente di marketing dal nome di Ivan Misner, che in un momento di difficoltà di mercato ha dovuto capire come trovare nuovi clienti. Essendo un consulente di marketing, l’idea che gli è sembrata vincente è stata quella di mettere attorno ad un tavolo imprenditori e professionisti con un lavoro diverso dal suo (e quindi non in concorrenza con lui e fra di loro) in possesso di contatti di potenziali clienti da poter condividere. Si mette, così, a fattor comune la potenzialità di quel network di persone.

Quando si parla di Referral Marketing a cosa si fa riferimento?

Il Referral Marketing è un gioco di squadra. È un tipo di marketing che permette alle persone di scambiarsi referenze. Il presupposto di questo è la conquista della fiducia. È una squadra di persone affiatate che portano ad avere contatti grazie alle proprie conoscenze.

Quindi, quali sono i vantaggi concreti per chi si iscrive?

Iscrivendomi in un Capitolo di trenta persone, una volta conquistata la loro fiducia, allora avrò trenta “agenti commerciali”, ovvero persone che fanno passaparola in modo proattivo. Il passaparola esiste da sempre, ma noi abbiamo cercato di sistematizzarlo e renderlo professionale, con incontri tra le persone su base settimanale.

Piattaforme come LinkedIn sono per voi competitor?

Disponiamo di Bni Connect, piattaforma molto simile a LinkedIn. Bni Connect è per noi una commodity e nasce dalla necessità di dare alla nostra rete un social network come servizio in più. Tuttavia, noi vogliamo continuare ad essere, come modello di business, un’organizzazione che si basa sul network fisico in primis e per questo la app è un servizio collaterale che non ci fa sovrapporre, in termini d’azione, a LinkedIn.

Che obiettivi avete per il futuro?

Vogliamo portare avanti un’economia collaborativa tra le persone e non competitiva. Un Capitolo Bni ha tra i suoi membri delle persone che si aiutano ad ottenere dei risultati economici e non sono in competizione tra loro. Si propone non solo un’economia collaborativa, ma anche un’economia co-creativa dove non solo collaboriamo sulle opportunità di mercato, ma mettendoci insieme riusciamo a crearne di nuove.

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