Rapporto Censis-Confimprese: nelle feste natalizie, restrizioni paragonabili al confinamento di primavera taglierebbero di 25 miliardi le spese delle famiglie

Natale. Di quest'anno, ovviamente, lo stramaledetto 2020. Questo è l’orizzonte temporale di ultima sopportazione degli italiani, secondo il Rapporto Censis Confimprese, Il valore sociale dei consumi, realizzato con il contributo di Ceetrus. Oltre non è garantita, secondo lo studio, la tenuta psico-nervosa della popolazione italiana: la metà degli italiani è disposta ad accettare i rigori della seconda ondata dell’epidemia solo perché è convinta (ahimé erroneamente, ndr) che a breve arriverà una cura risolutiva o il vaccino. Lo dicono soprattutto i residenti del Sud (il 55,2% rispetto alla media nazionale del 49,7%) e gli anziani (il 53,5%).

A fine anno, a causa della seconda ondata di restrizioni in aggiunta al primo confinamento (lockdown), il Rapporto Censis-Confimprese stima un crollo dei consumi per un valore complessivo di 229 miliardi di euro (-19,5% in termini reali in un anno), con un megataglio fino a 5 milioni di posti di lavoro (stime più prudenti si limitano a 3 milioni di posti di lavoro a rischio: ma siamo sempre su bilanci da Caporetto, ndr). Il solo retail subirà una sforbiciata di 95 miliardi di euro di fatturato (-21,6%) e nel comparto si rischia la perdita di oltre 700.000 posti di lavoro. Nelle feste natalizie, restrizioni paragonabili al lockdown di primavera farebbero sfumare 25 miliardi di euro di spesa delle famiglie.

Nella prima ondata, quasi 4 milioni di famiglie hanno già fatto ricorso a prestiti e aiuti da parte di familiari e amici, soprattutto quelle con redditi bassi (il 25%). Sperimentate e sotto pressione le reti di sostegno informale, ora per chi entra in sofferenza è alto il rischio di ritrovarsi soli.

Paura e incertezza si attaccano solo o preferibilmente alle persone povere o con redditi più bassi: il 60,3% (contro il 37,2% medio) taglia i consumi per risparmiare soldi da utilizzare in caso di necessità. Ma per il 76,9% degli italiani sostenere i consumi è una priorità per il benessere delle persone e per dare un supporto concreto all’economia. Per il 15% il lockdown costa troppo, ci vogliono altre soluzioni. Per il 43,3% per garantire il giusto equilibrio tra la tutela della salute e la difesa dell’economia bisognerebbe distinguere il rischio di contagio nei diversi territori, blindando i territori ad alto rischio e allentando la presa sugli altri (Fig.2). Per il 30% la tutela della salute impone lacrime e sangue, quindi è inevitabile la sofferenza economica.

Per il 57,1% degli italiani il benessere soggettivo dipende molto dalla libertà di acquistare i beni e i servizi che si desiderano. Gli acquisti riflettono l'identità e i valori di una persona (lo sostiene il 79,4%). Il 70,3% ritiene i consumi un pilastro della libertà personale: acquistare prodotti, soprattutto desiderati (e quindi non i soliti necessari) è una parte importante dell’autonomia individuale.

Stato d'emergenza e cambiamenti

Lo stato di emergenza ha accelerato cambiamenti -alcuni già in atto- nelle abitudini di consumo degli italiani. I cui comportamenti sono diventati più sfuggenti e infedeli: 18 milioni hanno modificato le proprie abitudini, cambiando negozi o marchi di riferimento, gestendo diversamente la spesa, modificando i criteri di scelta dei luoghi di acquisto. Dall’inizio della pandemia, 13 milioni hanno sostituito i negozi in cui di solito fanno gli acquisti alimentari.

Nel periodo dell’emergenza, il 42,7% ha acquistato online prodotti che prima comprava nei negozi fisici: sono soprattutto giovani (52,2%) e laureati (47,4%). In generale, dopo il Covid-19 il 38% degli italiani afferma che non tornerà alle vecchie abitudini di consumo (Fig.3).

Mario Resca, presidente Confimprese

"La situazione del commercio– afferma Mario Resca, presidente Confimprese – è già durissima oggi che abbiamo soltanto chiusure parziali, poiché già quando una settimana fa si è cominciato a parlarne, la flessione è stata immediata, i clienti si sono diradati e distribuzione, ristorazione e commercio hanno già intravisto i giorni bui di marzo e aprile. Immagino che nessuno voglia che il crollo dei consumi metta a rischio l’economia, ma per mantenerli entro la caduta fisiologica l’esecutivo deve aiutare subito il commercio e la distribuzione. Altrimenti, la fotografia che ci offre il Censis sarà presto una dura realtà".

I dati 2019 indicano che nel retail operano quasi 1,3 milioni di imprese per circa 3,4 milioni di occupati e un fatturato stimato in 445 miliardi di euro. Nel periodo più recente (2014-2019) il settore ha prodotto dati in crescita:

  • +3,5% gli occupati negli esercizi commerciali, con valori sopra la media per telefonia e apparecchiature telefoniche (+16,7%) ristorazione (+9,8%), farmaci e articoli sanitari (+7,6);
  • +6,4% crescita reale del fatturato (+6,6% il dato nel totale economia): valori sopra la media per telefonia e apparecchiature telefoniche (+73,3% reale), intrattenimento e cultura (+11,3% reale), energia elettrica e gas e beni per la casa (+7,9% reale) e ristorazione (+7,3% reale);
  • +1,7% numero di esercizi commerciali (+1,7% il totale economia) con una crescita marcata nei settori energia elettrica e gas (+54,7%), ristorazione (+9,6%) farmaci e articoli sanitari (+10,3%).

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