Il valore aggiunto della comicità vive anche nel marketing

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Germano Lanzoni, attore, comico, docente, formatore e webstar, founder di Hbe Humor Business Experience
Nella comunicazione l’uso dell’ironia facilita il dialogo, apre le menti e consente un transfert persistente. Ne parliamo con Germano Lanzoni, attore e comico prestato al branded content

Giullare contemporaneo, così ama definirsi Germano Lanzoni, attore, comico, docente, formatore, webstar, da tutti conosciuto come il Signor Imbruttito, serio portavoce della comicità come strumento di conoscenza e di gestione efficace delle relazioni interpersonali e della comunicazione. Lo incontriamo con un po’ di curiosità e veniamo subito conquistati dal suo estro e dal suo affabulare degno dei suoi maestri milanesi Fo, Gaber e Jannacci. Ambassador dell’ironia relazionale, Lanzoni, con Hbe - Humor Business Experience, sperimenta l’uso dell’umorismo come forma di comunicazione perché, come lui stesso afferma, “noi comici siamo osservatori della realtà”.

Che ruolo ha la comicità nella comunicazione?
La comicità è uno strumento ingaggiante e funzionale. Ha la capacità di attrarre il pubblico e abbassare le sue difese. È in questo istante che le persone sono predisposte a ricevere un’informazione di valore. Si crea una relazione intima nella quale il pubblico è disposto a dare tempo e attenzione. Come affermava il comico statunitense George Carlin, la comicità sposta verso il basso le difese e il compito di noi attori sta nel sedimentare i valori, le esperienze di vita, dando una visione attenta della realtà, conquistando la fiducia del pubblico. Grazie all’ingaggio comico si riesce a costruire con il consumatore un piano di relazione basato sull’ascolto.

L’ironic selling proposition è una tecnica spesso usata. Quanto l’arrivo del digitale e dei social ha inciso nel suo sviluppo?
Con i social la comicità arriva direttamente al pubblico in modo esponenziale. In passato le piattaforme erano i palchi dei teatri con gli spettacoli live, ma il pubblico era un numero circoscritto e, solo quando si diventava interessanti dal punto di vista culturale e commerciale, si poteva accedere a mezzi di comunicazione di massa come radio e televisione dove, però, i tempi e i contenuti sono standardizzati. Poi sono arrivati i social ed è cambiato il rapporto con il pubblico: più diretto bypassando tutti i filtri. Danno la possibilità di sperimentare ciò che si vuole, quando si vuole e se si trova l’idea giusta è un percorso nuovo ed efficace.

Nel marketing la gamification è sempre più utilizzata per poter catturare l’attenzione del target. La comicità è l’equivalente della gamification per la comunicazione?
Sono due processi paralleli che spesso si intersecano. Il gioco e la comicità hanno in comune che divertono e aprono verso una consapevolezza maggiore, spingono a una partecipazione con un processo cognitivo diverso al quale si unisce la leggerezza. Del resto, il gioco è senza giudizio, la comicità è senza peso …

Spesso la comicità usa un linguaggio non inclusivo creando situazioni di contrapposizione che possono escludere parte del target. Così facendo la comunicazione comica non diventa per pochi?
La comicità è soggettiva e occorre fare molta attenzione a non escludere. Se si sbagliano linguaggio, argomento e approccio, la comunicazione comica diventa uno strumento di separazione. Per questo la responsabilità dell’azione comica è quella di ridere con la vittima e non della vittima, facendo leva su quattro punti focali dell’umorismo: la community, la vittima, l’astrazione di sensibilità e l’esercizio di intelligenza. Con la community bisogna avere un linguaggio comune, trovare un punto di contatto, ingaggiare passando per l’identificazione. Essendo l’ironia una chiave per accedere alle relazioni umane, puntando sull’autoironia, il comico ride con la vittima creando così empatia con la vittima stessa e con le persone che gli stanno attorno all’insegna del benessere e dell’inclusione. La comicità è un processo collettivo di umiltà, dove il comico mette in evidenza dei limiti, un’operazione che fa bene alle aziende. Usare la comicità per un brand vuol dire essere empatico, significa porsi allo stesso livello dei consumatori, avvicinarsi, raccontare il proprio mondo, senza dimenticare la coerenza con la propria vision. Inoltre nelle aziende è cambiato il linguaggio. Non esistono più funzioni inavvicinabili: oggi il ceo parla con lo stagista, lo ascolta. Il flusso delle informazioni è fluido, si assiste a un processo di umanizzazione. E in tutto questo scenario l’importanza della mia funzione comica è maturata. Mi considero un giullare contemporaneo che, proprio come accadeva nel passato, dà voce a ciò che non si può dire. Racconto le criticità, perché il valore aggiunto della comicità sta proprio nell’evidenziare le problematicità con ironia.

Oggi i brand cercano di creare fiducia. Non è un controsenso perseguirlo “scherzando”?
No, le cose serie possono essere raccontate in modo divertente. Nel processo di assimilazione l’ironia facilita l’apprendimento, è uno strumento potente e istantaneo. Ma bisogna avere le idee chiare su cosa si vuole comunicare, come lo si vuole comunicare e, soprattutto, chi è il tuo destinatario per entrare in sintonia con la sua persona.

Portare la comicità in ambito business richiede delle competenze di business. Altrimenti diventa impossibile esasperare gli elementi chiave. Oppure c’è una strada diversa?
Se si vuole fare ironia in un settore devi conoscerlo, altrimenti il rischio è quello di raccontare degli stereotipi oppure di essere fuori contesto vista la velocità del cambiamento. Bisogna esplorare, essere contemporanei. L’errore che può commettere un comico è quello di pensare che il pubblico non sia “vivo”. Arianna Forni, art strategist, ha scritto “la lettura della realtà è un dono che non tutti hanno e che non tutti voglio avere”. Decidere di voler leggere la realtà significa informarti, conoscere, e quando fai tuoi tutti gli strumenti per conoscere la realtà ti preferiscono. Ma non tutti i comici sono autori, molti sono solo interpreti con un pool di autori capaci di sostenere i tempi e i ritmi delle aziende.

Infine, oggi si cerca soprattutto la relazione in quanto ponte tra soggetti e se ne studiano tutte le dinamiche. Cos’è l’umorismo relazionale?
È la consapevolezza di creare e sostenere la relazione con l’ironia e l’autoironia. La relazione, infatti, non è solo con gli altri, ma è anche con noi stessi. Saper ridere con noi -non di noi- aiuta a comprendere la distanza tra reale e ideale. Guardando al reale con ironia, siamo in grado di accettare i limiti propri e degli altri perché i limiti non sono delle barriere ma un punto di vista temporaneo da vivere con leggerezza per accettare le realtà. Anche quelle aziendali.

Da Mark Up n.308

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