Impariamo a conoscere le famiglie unipersonali

In aumento anche in Italia, le single person household hanno esigenze specifiche. Siamo sicuri di saperle interpretare? (da Mark Up 293 - ottobre 2020)

L’emergenza Covid-19, che ha messo a dura prova la convivenza domestica, ha permesso a molti di affrontare con più tranquillità i cambiamenti intimi e lo stravolgimento di abitudini. Sebbene le relazioni solide hanno aiutato a superare il momento, secondo l’allarme degli psicologi saranno in molti a scegliere la separazione dopo lo shock della convivenza forzata (così è successo in Cina). Qualunque cosa accada esistono studi che ci dicono che la solitudine non è una brutta parola, che deve portare a immagini di emarginazione e isolamento; la solitudine è un’occasione per scoprirsi, per scegliere con chi stare per il tempo che si ha voglia di dedicargli, senza dipendenze o costrizioni. Una condizione privilegiata, se vogliamo leggere in questo senso il rapporto diretto tra l’aumento delle famiglie composte da una sola persona e l’aumento del Pil, come evidenziato dal report “Living alone” di Our World in Data.
Il rapporto, partendo dai dati, fa una fotografia demografica delle famiglie monoparentali o unipersonali, che negli Stati Uniti sono raddoppiate negli ultimi cinquant’anni, ma che stanno aumentando anche in Italia, dove in vent’anni sono cresciute di 10 punti percentuali, arrivando al 33%. La single person household sembra essere la forma di famiglia più diffusa. Certo, non tutte le solitudini sono volontarie: separazioni e vedovanze incidono, ma non è detto che questi traumi non portino a nuovi equilibri personali in cui non si sente più il bisogno di stare in coppia. Secondo Our Worl in Data è proprio nei paesi in cui è più alta la percentuale di famiglie unipersonali (cioè Danimarca e Svezia) che è più rara la dichiarazione di sentirsi soli. È con l’industrializzazione che si è iniziato a vivere da soli ed è con l’aumento del Pil che si è moltiplicata questa opportunità, che come tale è spesso vissuta nei paesi ricchi. Ci sono dunque nuovi stili di vita e di consumi in una società fatta di micro famiglie che si connettono tra loro, magari componendo famiglie allargate di amici, colleghi, reti di vario tipo, che stringono patti di mutua alleanza, mantenendo però l’indipendenza e la reciproca libertà di improvvisare. Uno stile di vita che va tenuto in considerazione sia per il modo in cui si comunica la solitudine sia nel creare opportunità per il carrello. Abbiamo individuato cinque gruppi di esigenze nel fare la spesa da tenere in considerazione per chi, nella solitudine, trova l’ebrezza della libertà.

Neancheil frigorifero può condizionarli

Chi ama l’indipendenza da orari e aspettative pretende questa spensieratezza anche nella spesa o nel rapporto con il brand. Pensare di dover tornare a casa per la verdura o il pesce che va a male nel frigorifero è già un elemento di disturbo, quindi si pianifica poco e si improvvisa molto, secondo il gusto, l’occasione, il sentimento. Soprattutto nel fresco si decide il giorno stesso cosa acquistare, e il frigo non è mai pieno, se non di bottiglie di vino o birra per essere pronto all’ospite. La scadenza è uno degli elementi che pesano sulla spesa, perché la vita di un single è spesso ricca di imprevisti, e i prodotti devono garantirgli la stessa flessibilità che si chiede a un amico. Il latte è spesso preferito a lunga conservazione. Gli impegni sono selezionati e dalle marche ci si aspetta di non avere pressioni o vincoli: serendipità è la parola da interpretare per affiancarsi a questo tipo di consumatore.

La spesa comunica

Nelle famiglie unipersonali i fornelli sono in festa quando si organizzano cene in casa propria o si contribuisce a quelle degli amici. Prendersi cura degli altri attraverso la spesa, raccontare qualcosa dei loro viaggi e delle loro esperienze attraverso le ricette, usare la tavola come occasione per approfondire i legami o per conquistare intimità: le persone che vivono da sole rinunciano a un loro pezzetto di libertà in quei momenti, per sperimentare la condivisione, che ha ancora il sapore della sorpresa e non della quotidiantà. Per questo si sceglie con cura, si cerca la qualità del conta- dino o l’eccentricità del prodotto esotico o curioso.

Minimalismo anche nelle confezioni

Chi sceglie di essere single person household ha scelto di muoversi nella vita in maniera agile eliminando il troppo. Chi ricorda il film "Sopra le nuvole” ha presente l’arte di fare lo zaino del protagonista, che seleziona l’indispensabile per non avere i costi esistenziali del superfluo. Quando si parla di single si pensa immediatamente alle monoporzioni, dimenticando che chi vive da solo ha anche un’esigenza di risparmio: la monoporzione o le piccole confezioni fanno volare il prezzo al kg e perdono la loro convenienza. La flessibilità di consumo può essere ricercata nello sfuso (magari il sabato mattina, quando ci si può organizzare con i contenitori) o può essere aiutata segnalando modi alternativi di utilizzare il prodotto, con più ricette monoporzione in cui si può distribuire una confezione più grande, senza rendere monotona la dieta.

Poche cose su cui poter contare

La vertigine della libertà è l’ansia, per questo è necessario comunque avere dei punti fermi. La passata di pomodoro, qualche verdura surgelata, spezie, vino e alcolici per ospiti, cioccolata (viene spesso nominata) e qualche snack per chi è di passaggio. Per le pulizie il single deve ottimizzare carichi di lavatrici e lavastoviglie: lavare i piatti a mano o fare la lavatrice multicolor fa parte delle sue abitudini. Anche l’orario prolungato del supermercato risolve l’esigenza di fermarsi fuori dopo l’ufficio.

Gli amici: una seconda famiglia

Nei gruppi di amici c’è sempre il più ospitale, quello che organizza e che resta, economicamente parlando, con il cerino in mano. Invitare costa, anche quando “ognuno porta qualcosa”. Chi tiene le redini della socializzazione ha in carico una “seconda famiglia”, spesso mutevole nella sua composizione, e spesso non ha il tempo di godersi pienamente la festa. Trovare soluzioni che premino e sostengano questo sforzo di inventare nuovi modelli sociali, in un mondo di famiglie unipersonali in equilibrio precario tra la libertà che apre al mondo e il bisogno di legami significativi, potrebbe essere la nuova call to action per i brand.

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