Imprese italiane e innovazione: investimenti digitali a +2,8% nel 2020

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Big data e cyber security le priorità di spesa per il prossimo anno. Il 33% ha già creato un innovation manager. I risultati dell'Osservatorio Polimi

Continuano a crescere gli investimenti delle imprese italiane per l’innovazione digitale, che registrano il segno più per il quarto anno consecutivo. Nel 2020 il budget Ict aumenterà in media fra il 2,8% e il 2,9%, trainato dalle grandi imprese, che prevedono un incremento nel 45% dei casi, concentrato soprattutto su tecnologie come big data analytics, cyber security e sistemi Erp.

Questi alcuni risultati della ricerca degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), in collaborazione con PoliHub.

Solo il 23% delle pmi, invece, destinerà più risorse, in particolare per sistemi Erp, Crm e Mobile Business. Per gestire i processi di innovazione le imprese prevedono di aprirsi a nuove idee e a modelli organizzativi collaborativi, provenienti in particolare da startup, università-centri di ricerca, aziende non concorrenti.

Un fenomeno che è già realtà tra le grandi imprese: il 73% ha avviato iniziative di open innovation e circa i due terzi hanno attivato collaborazioni con startup (35%) o hanno in programma di farlo (27%). Mentre appaiono ancora in ritardo le pmi, fra le quali solo il 28% adotta pratiche di innovazione aperta e appena il 4% lavora insieme alle nuove imprese innovative.

L’innovation manager sta iniziando ad entrare nelle aziende, con oltre il 30% delle grandi imprese che ha già creato un ruolo o una Direzione Innovazione. Il Mise ha introdotto un albo dedicato a questa figura professionale e un voucher a fondo perduto per le pmi. Una misura importante, anche se i 75 milioni di euro complessivamente stanziati permetterebbero di sostenere non più di 2000 imprese: oggi ne è a conoscenza appena il 32% delle pmi e fra queste soltanto l’11% ha intenzione di usufruirne.

Secondo l’identikit tracciato dai responsabili innovazione, le mansioni principali dell'innovation manager sono valutare e selezionare nuove opportunità di innovazione di potenziali partner come startup e centri di ricerca, gestire il portafoglio dei progetti di innovazione e il relativo budget, favorire il cambiamento culturale, introdurre nuovi modelli organizzativi. Le competenze più importanti secondo le aziende sono leadership, capacità di motivare, ispirare i collaboratori e poi “change management”, per superare la sindrome del “si è sempre fatto così”. La principale difficoltà da superare è la scarsa propensione al cambiamento presente in molte aziende. La sua retribuzione oscilla tra 60.000 e 100.000 euro annui, con picchi oltre i 150.000 euro.

Il budget Ict 2020 – Nelle stime per il 2020 le risorse destinate agli investimenti digitali aumentano nel 45% delle grandi imprese e nel 23% delle pmi, con un tasso di crescita fra il 2,8% e il 2,9% (più elevato del +2,6% del 2018). Il 27% del campione prevede un aumento del budget superiore al 10%, il 18% compreso fra l’1% e il 10%, il 47% lo lascerà invariato e soltanto l’8% lo diminuirà.

Le principali sfide organizzative percepite dalle aziende per gestire l’innovazione digitale sono la ricerca-verifica-sviluppo di competenze digitali, insieme all’introduzione di nuove metodologie di lavoro (indicate entrambe dal 50% del campione). Le imprese cercano di superare queste sfide anche con nuovi modelli organizzativi: più di un’impresa su tre prevede team dedicati a ogni specifico progetto di innovazione digitale (36%), nel 9% dei casi ci sono “comitati interfunzionali" e un terzo delle imprese (33%) ha inserito un singolo ruolo dedicato o una Direzione innovazione.

La capacità di gestire l’innovazione è strettamente legata alla diffusione di un’attitudine imprenditoriale. quasi sette grandi imprese su dieci si stanno attivando con stili di leadership indirizzati al change management da parte dei manager (43%), formazione (40%), percorsi di apprendimento per stimolare l’innovatività dei dipendenti (30%), contest e hackathon interni (26%) e attività con startup (10%).

Il ruolo delle startup – Oltre sei grandi aziende su dieci vedono nelle startup un interlocutore per lo sviluppo di innovazione digitale. In particolare, il 35% già collabora con nuove imprese innovative, il 27% ha intenzione di farlo in futuro, mentre il 34% non manifesta interesse per il tema e il 4% ha collaborato in passato. Nella maggior parte dei casi le grandi imprese si servono di startup come fornitori spot (51%), ma una buona parte le usa come unità di ricerca e sviluppo (37%) e come fornitore di lungo periodo (30%). La startup può essere anche un partner commerciale, parte di un programma di incubazione, partner per la co-creazione di modelli di business, acquisita o partecipata in Equity. I principali benefici sono la possibilità di accedere a nuove tecnologie e conoscenze di frontiera, la possibilità di testare l’innovazione con un iniziale progetto pilota, con tempi e budget definiti e quindi rischi ridotti e l’opportunità di arricchire il proprio sistema di offerta e aprirsi a nuovi mercati. Le pmi sembrano meno pronte a collaborare con le nuove imprese innovative: l’85% non è interessato, l’11% sta programmando di farlo in futuro, solo il 4% ha già avviato collaborazioni. Per le pmi la startup è soprattutto un partner commerciale (20%) e un fornitore spot (14%) o di lungo periodo (12%).

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