Inclusività il nuovo mantra delle aziende

Per i brand è aperta la strada per incidere sulla qualità della vita delle persone con azioni concrete e inclusive

Kira Robinson è una ragazza diciottenne iscritta alla scuola di ballo dell’Università dell’Oklahoma. Qualche mese fa il suo video su TikTok, in cui racconta l’emozione di ricevere per la prima volta nella sua vita un paio di scarpette a punta del colore della sua pelle, è diventato virale. Nel video racconta come fino ad allora avesse dovuto coprirle con il fondotinta per uniformarle al tono del suo incarnato, un’evidenza forte della lentezza del mondo della danza ad accettare ballerini di colore, che rappresentano ancora una minoranza nei principali corpi di ballo del mondo. Il video, che ha raccolto oltre un milione e mezzo di visualizzazioni, trasmette l’incredula felicità di una giovane donna che si sente per la prima volta riconosciuta per quello che è e per quello che vorrebbe diventare. Una vera e propria rivoluzione, come la definisce lei stessa, resa possibile grazie a un brand, Suffolk, che ha ampliato la sua offerta superando una tradizione il colore rosa standard delle scarpette che si tramanda inalterata da più di 180 anni.
È solo un esempio tra i tanti dell’importanza centrale che nella scena contemporanea del consumo sta acquistando l’accoglimento delle diversità, intesa a tutti i livelli: dall’identità culturale alla razza, dal genere ai diversi gradi di disabilità. Ma è particolarmente significativo perché ci fa comprendere quanto questo tema tocchi profondamente la vita delle persone. Sono sempre di più i marchi e le aziende dal beauty al fashion, passando per retail edesign che stanno intercettando fette più o meno cospicue di consumatori che ancora non si sentono sufficientemente rappresentate. Questo sentimento, già molto presente, è senza dubbio amplificato dal momento difficile che il mondo sta vivendo con una pandemia che sta inevitabilmente esacerbando le disuguaglianze preesistenti.

L’attivismo dei brand

Tra uomini e donne, in primis. I dati parlano chiaro: dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% sono donne, il 98% nel solo mese di dicembre. Negli Stati Uniti il 55% dei 20 milioni e mezzo di lavori persi ad Aprile 2020 erano svolti da donne (Bureau of Labor Statistics). E dove la leadership di governi e istituzioni latita, sono i brand a prendere iniziative concrete. Come American Express, che nel novembre scorso, in partnership con IFundWomen of Color, ha offerto la cifra di 25.000 dollari a 100 donne imprenditrici di colore e 100 giorni di accesso gratuito al programma di business education, mentoring, marketing e virtual networking. O, ancora, Amazon e Ups, che sulle loro piattaforme di eCommerce hanno deciso di met-tere in risalto nelle ricerche i marchi e le aziende fondate da donne. Non è solo il lavoro il luogo in cui emergono le disparità. Abbiamo tutti letto e purtroppo leggiamo tutti i giorni di quanto la convivenza forzata dei reiterati lockdown abbia fatto aumentare i fenomeni di violenza domestica. A questo proposito la Secretaría de Cultura, Recreación y Deporte della città di Bogotá ha istituito Calma, una linea telefonica di ascolto dedicata agli uomini, con l’intento di invitarli ad aprirsi senza timore di essere giudicati. Un tentativo lodevole che tenta di scardinare una certa idea di machismo molto presente in un paese come l’America Latina e che scommette sul lungo periodo, aiutando non le vittime bensì i potenziali aggressori a gestire meglio i conflitti e le emozioni. Vero è che un’idea nuova di mascolinità, sempre meno spaventata di mostrare i propri lati deboli, si sta facendo largo anche nel mass-market e nell’advertising. La presenza di prodotti come gli assorbenti per le perdite maschili, ad esempio, è un segnale del fatto che si comincia a parlare apertamente e a un pubblico allargato di argomenti prima considerati tabù per il genere maschile. Ed in questo risiede forse il vero senso del purpose che tanti brand stanno incorporando nel loro business, nella capacità, cioè, di empatizzare con le persone e stabilire una connessione a livello umano. Non necessariamente con tutte, anche perché forse sarebbe impossibile oltre che controproducente, ma con relativamente piccoli sotto-gruppi i cui bisogni e aspettative ancora oggi hanno poca considerazione.

Alcuni esempi

Lo scorso anno in Israele, Ikea ha collaborato con Milbat e Access Israel, due Ong impegnate nella rimozione delle barriere architettoniche, per rendere i suoi prodotti più accessibili a tutti. Con l’aiuto dell’agenzia McCann Tel Aviv ha realizzato il progetto ThisAbles rendendo disponibili nello store di Tel Aviv e su un sito dedicato alcuni piccoli adattamenti per i suoi mobili più diffusi che ne facilitano l’uso da parte di chi ha esigenze speciali: piedini per alzare la seduta del divano, una maniglia semplice da afferrare per l’apertura di porte o tende, un pulsante più grande per spegnere e accendere la lampada da tavolo, un supporto per il bastone da ancorare al letto e via così. Gli accessori, inoltre, possono essere scaricati liberamente online e stampati in 3D. E da gennaio di quest’anno, il marchio svedese, che è da sempre in ascolto delle esigenze delle persone, ha introdotto uno speciale servizio di consulenza gratuita in-store per proporre soluzioni ad “alta accessibilità” a tutti coloro che hanno una mobilità temporaneamente ridotta.
Un’altra iniziativa che va in questo senso è quella di Lego che ha creato i Braille Bricks, degli speciali mattoncini progettati per insegnare l’alfabeto Braille a bambini con disabilità visive. I mattoncini sono ovviamente compatibili con quelli originali ma i bottoni superiori sono disposti in modo da formare le lettere e i numeri nell’alfabeto per non-vedenti. Ogni mattoncino, inoltre, ne riporta anche la versione stampata per poter essere utilizzati contemporaneamente dai compagni di gioco o dagli insegnanti. L’idea del marchio, infatti, è di distribuirli man mano in tutti i Paesi (in Italia arriveranno quest’anno) a scuole selezionate e servizi per l’educazione, con l’aiuto delle istituzioni. Ad oggi il kit con 300 mattoncini è disponibile gratuitamente in Brasile, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti e dà la possibilità ai bambini ciechi e ipovedenti di imparare a leggere e scrivere attraverso il gioco, attività che permette di sviluppare anche una vasta gamma di abilità tattili. Entrambi sono esempi di marchi capaci di innovare in modo coerente con le rispettive vision aziendali. Si aprono, quindi, per i brand più ricettivi grandi opportunità di incidere in modo decisivo sulla qualità della vita delle persone, aumentando la propria memorabilità e rafforzando, con azioni concrete, la propria purpose.

(*) Ricercatrice e consulente strategica, co-curatrice di Trend Almanac

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