Influencer marketing: la condivisione del purpose nella fluidità comunicativa

Con investimenti di circa 300 mln di euro, la collaborazione tra brand e influencer è strategica per arrivare a nicchie di mercato specializzate (da Mark Up 317)

Gli influencer rappresentano per i brand un’opportunità di relazione di lungo periodo, capace di intercettare sentiment e bisogni anche di community di nicchia, soprattutto alla luce di una continua trasformazione della narrazione digitale. La rinnovata attenzione da parte delle aziende all’influencer marketing con investimenti che, secondo la recente survey Upa, nel 2022 hanno sfiorato i 300 milioni di euro, è una chiara dichiarazione d’intenti rispetto alla crescita di questa forma di collaborazione, mirata a raggiungere nuovi segmenti di consumatori, migliorare l’engagement o accrescere la brand equity. Una strada in divenire, che fa ancora un po’ fatica ad integrarsi nel marketing mix, come emerge dall’Osservatorio InSide, curato da Pulse Advertising, perché molte aziende insistono nel focalizzare la comunicazione sul prodotto, anziché sui contenuti e si concentrano su campagne one shot. “Il focus è l’intrattenimento, non il prodotto - spiega Christoph Kastenholz, co-founder & ceo di Pulse Advertising- ed è per questo necessario, per le aziende, puntare sulla creatività dei creator e sulla possibilità di produrre non solo semplici video, ma interi spettacoli capaci di far vivere all’utente esperienze coinvolgenti che rendano lo shopping un’attività divertente”.

Quale influencer scegliere

Influencer, celebrity o creator? Con che fanbase e con che caratteristiche? Micro-nano, macro e top influencer sono le categorie che identificano non solo il numero di follower, ma soprattutto il tipo di relazione che si va a instaurare con chi segue, che passa dal riconoscersi all’aspirare, a seconda del punto della piramide in cui si trova l’influencer/creator. Per quanto si tenda a semplificare e portare tutti sotto la categoria di influencer -definiti da Iap (Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria) come quei “soggetti che hanno la capacità di influenzare i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand”- ognuno di questi professionisti ha delle proprie caratteristiche. Tra creator e influencer, per esempio, ci sono diversi punti di relazione, precisa Marco Marranini, ceo di OpenInfluence Italia: “Ci sono influencer che sono content creator e content creator che non sono influencer. Gli influencer hanno un’audience fedele unita alla capacità di influenzare rispetto a opinioni e scelte, essendo molto credibili nel trattare un determinato tema. I content creator, a fronte di un’audience organica limitata, hanno una spiccata capacità creativa che porta alti livelli di engagement e di intrattenimento con la possibilità di ragionare, insieme al brand, sul tipo di costruzione narrativa, di avere una forte elasticità rispetto allo sfruttamento dei diritti e nella possibilità di utilizzare i contenuti in una campagna paid media omnicanale digitale”. La fase di scouting diventa dunque centrale e, come sottolinea l’Osservatorio InSIde, parte dall’osservazione quali-quantitativa delle attività dell’influencer per andare a verificare l’effettivo allineamento all’asset della marca o del pubblico target. Un’analisi che considera tutte le tracce digitali, i social coinvolti, i format utilizzati e il tipo di linguaggio, ma anche la dimensione della fanbase, il tasso di engagement medio dell’audience, il livello di credibilità e l’earned media value. Il secondo livello di scelta passa dal tipo di specializzazione rispetto ai canali utilizzati, ai temi trattati e al livello di expertise riconosciuta rispetto al settore.

Una questione di fiducia

La scelta della persona determina il tipo di immedesimazione e la risposta a bisogni e desideri di intrattenimento dei follower che, secondo una survey a cura di Toluna, vedono questi protagonisti del digitale come divulgatori di novità che portano a conoscere le marche, stare al passo con le tendenze, provare qualcosa per la prima volta e, ancora, come product reviewer e veri e propri sponsor-venditori (il 47% acquisterebbe prodotti di una marca creata dall’influencer/creator preferito). Non solo: la stessa ricerca conferma la logica di ispirazione e fiducia che lega le personalità digitali alla loro fanbase, sottolineando l’impatto sul miglioramento della vita di tutti i giorni grazie a informazioni utili, insegnamenti, e nuove abitudini. Anche nel What’s next report 2022 di TikTok emerge con chiarezza il tema della fiducia tra gli utenti della piattaforma: in Italia il 58% afferma di avere maggiori probabilità di fidarsi dei marchi dopo averne sentito parlare dai creator di TikTok e oltre il 60% di fare affidamento sui loro consigli per decidere che cosa acquistare online.

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La ricerca di un contatto sincero, people to people, dove le persone possono riconoscersi e sentirsi a proprio agio nel richiedere informazioni, porta verso la necessità di nuovi approcci all’influencer marketing

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