L’innovazione? Me la faccio da sola

Incontriamo Cristina Allodi, neo imprenditrice e consulente di lungo corso nel food marketing. La storia di una startup che non è né tecnologica e nemmeno firmata millennials, una startup fuori dalle regole e tutta al femminile (da Mark Up n. 288)

Cristina Allodi, mamma single, donna curiosa, esperta di marketing e strategie e oggi imprenditrice con Le Acciughine, un insaporitore da usare al posto del sale a base di acciughe del mar Cantabrico. Ma andiamo con ordine: qual è la Cristina Allodi di ieri? “Da bambina, spesso passavo i sabati negli uffici della Barilla dove ho visto nascere il Mulino Bianco. Ho seguito come è nato il marchio, i suoi prodotti, tutto quello che ci stava dietro (ricerche, studi, riflessioni). Stavo buona a giocare con la macchina da scrivere o disegnavo, ma intanto ascoltavo tutto cercando di capire, e qualcosina deve essere passato. Poi la curiosità per tutto ciò che è nuovo mi ha accompagnato tutti questi anni. Dopo il diploma mi sono laureata in Economia con una tesi fatta con l’aiuto del Prof. Fabris e, dopo la laurea, mentre già lavoravo, mi sono iscritta a Lettere e Filosofia perché sentivo che alla mia formazione mancava una parte umanistica e filosofica, per me indispensabile. Ed era simpatico frequentare, durante la settimana, i master alla SDA Bocconi e nel week end andare ai convegni su Catullo o sulla Regina Teodolinda. Dopo dieci anni da dipendente ho deciso di fare la consulente perché l’obbedienza a superiori gerarchici non è mai stata il mio forte.

Il passaggio ad imprenditrice come è avvenuto?

Per passione, quella vera, che scuote, che ti fa sentire viva nonostante le difficoltà e che ti fa essere sempre “sul pezzo”. Per intenderci, quella dove la parte economica viene in secondo piano e dove metti tutto ciò che hai (facendo anche molti sacrifici) in un progetto in cui credi. Solo gli amici più stretti e i professionisti che mi hanno aiutato concretamente ne erano a conoscenza e i miei figli. La mia famiglia, mio padre (con cui ho lavorato solo due volte), lo ha saputo a cose avvenute. Quindi non è stato un passaggio semplice, soprattutto di questi tempi e soprattutto per una donna sola non più giovane. Io sono stata facilitata dal fatto che, essendo laureata in Economia e Commercio, ho competenze trasversali: marketing strategico, qualche conoscenza di ricerca e sviluppo, conoscenza del consumatore e di Ricerche di Mercato, approvvigionamenti di materie prime (il lavoro più difficile), conoscenza delle normative sanitarie varie, contabilità dei costi, redazione di un business plan e comunicazione. Poi ho avuto la fortuna di avere amiche (tutte coetanee e molto competenti in campi come l’Estero e il commerciale) che credono con me in questa avventura e sono disposte a scommetterci.

Un altro motivo è stato quello della soddisfazione, sempre legato al tema della passione: lavorare sodo, sviluppare un prodotto intelligente di potenziale successo per vederlo sminuito all’interno di aziende, che non concepiscono il costo di R&D e in comunicazione come un investimento. Era un malessere vedere sprecato l’ingegno.

Perché proprio le Acciughine?

Perché conosco bene il settore. Le prime aziende clienti come consulente erano nell’ittico. Assieme a loro ho studiato il mercato, il consumatore ideato prodotti spesso rimasti nel cassetto.

L’idea di questo prodotto la ebbi nel 2001 durante una sessione creativa che guidai personalmente con un team di ricerca e sviluppo. Quando parlai di un insaporitore stabile alle acciughe gli altri si misero a ridere e lo scartarono… io no, e iniziai a maturare dentro l’idea di fare io questo prodotto. Ogni volta che organizzavo una ricerca per qualcuno i dati mi davano ragione, secondo me era il prodotto mancante che risolveva molti problemi che avevano le acciughe sott’olio, prodotto con una bassissima penetrazione nel mercato (tanto che in vent’anni la sua dimensione è sempre rimasta sui 100 milioni di euro). Le acciughe vengono utilizzate soprattutto per dare sapore a pietanze, gli amanti dell’acciuga la metterebbero ovunque ma spesso non ce l’hanno in casa, quella rimasta in frigo è poca o magari non più tanto buona, la pasta d’acciughe (tranne la marca leader) è fatta spesso con scarti di produzione e non ha una elevata qualità inoltre non è molto pratica (tant’è che il mercato è in continuo calo).

Così, l’anno scorso, dopo la scadenza del contratto con un produttore, ho deciso di sviluppare il prodotto e poi depositare il brevetto di invenzione con un testo ampio allargato ad altri ingredienti e processi che mi consentisse di includere altre innovazioni e modalità produttive così da essere tutelata.

Una startup da una over fifty, donna per giunta, hai incontrato difficoltà?

Qualcuna sì... per esempio oggi viene considerata startup innovativa una neo azienda con un contenuto innovativo ma tecnologico. I vantaggi fiscali per gli investitori che decidono di entrare in una startup riguardano solo quelle tecnologiche, e non era il mio caso ma non è giusto.

Poi avevo i requisiti per ottenere un finanziamento a fondo perduto del MISE per le neo aziende che sviluppano un prodotto che nasce da un brevetto di invenzione, ma il mio deposito è troppo recente e purtroppo non sono riuscita. Però la cosa positiva che non ho considerato è che il MISE eroga finanziamenti a tasso zero per le neo imprese di persone fino ai 35 anni ma per le donne non c’è limite di età. Spero di trovare qualcosa che faccia il caso mio.

L’età la vedo un elemento molto positivo. Da un lato, c’è esperienza, si è più scaltre, navigate nel mio caso poi conoscenza del largo consumo e delle sue dinamiche e del prodotto. Dall’altro, trovo che l’energia, che a questa età dovrebbe iniziare a vacillare, in realtà alimentata dalla passione si autogenera e consente di fare cose che anni fa nemmeno mi sarei sognata. Il tutto ovviamente sola, perché divorziata, con due figli part time e con un papà che a ottantatre anni si è messo in testa di fare l’agricoltore. L’altra fortuna è che con i professionisti intelligenti, con cui ho sempre lavorato ho delle ottime relazioni interpersonali; ho persone, amici e amiche, che credendo nel progetto hanno lavorato praticamente gratis rimandando l’emissione della fattura al primo successo commerciale. Avere persone che credono in ciò che fai e ti aiutano come possono è senz’altro meglio che avere un fondo o un investitore praticamente anonimo.

Le altre difficoltà sono state soprattutto economiche, di lucro cessante. Per un anno ho lavorato a questo progetto e diminuito le consulenze, ma i risultati devono ancora venire.

Quanto è apprezzata/valutata l’innovazione #alfemminile?

La prima risposta che mi viene è che quando lavoravo per le aziende se un’idea veniva da me valeva molto di meno. Sono stata umiliata, combattuta, colpita ed affondata, da direttori commerciali, imprenditori maschilisti a livelli imbarazzanti, messa a tacere da buyer senza la minima idea di cosa sia il marketing, ed ostacolata da responsabili marketing (uomini e donne) che vedevano me, consulente, come una minaccia.

Per il resto in questa avventura spero solo che la distribuzione moderna mi dia udienza, apprezzi che un prodotto davvero innovativo venga proposto da una donna che ha veramente fatto tutto da sola e perlomeno ascolti come è nato il prodotto e che studi seri di marketing e R&D ci stanno dietro, e mi conceda una chance.

Io ho intenzione di far crescere questa azienda minuscola, di poter dare lavoro a persone in gamba, investire in comunicazione e sviluppare fatturato ed innovare anche nel modello organizzativo: piramide piatta, lavoro di team, over fifty, molte donne, smart-work. Un progetto che funziona ma che non genera ansia in nessuno e le fondamenta ci sono già, perché dopo 46 aziende clienti in vent’anni, posso dire di aver imparato da errori miei ma soprattutto degli altri.

Sei un’esperta di foodmarketing qualche consiglio per chi vuole fare “marca”?

Secondo me la cosa fondamentale è avere “passione” per la propria azienda e la propria marca. Arricchirla di valori, renderla profonda, raccontarla bene in modo veritiero. Poi sicuramente investire in comunicazione intelligente ed integrata (online ed offline) fatta da veri professionisti delle singole discipline. Da ultimo, ma non per importanza, rendere il brand dinamico che investe in R&D ed è capace di innovare.

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