Intelligenza artificiale, conoscenza e retail

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 272)

Intelligenza Artificiale. Argomento sempre più trattato in incontri, seminari e convegni. Di fatto fattore che sempre più nei prossimi anni sarà disruptive per strategie e organizzazioni nel retail. Anziché sull’aggettivo vorrei però porre l’attenzione sul sostantivo. Intelligenza: con questa parola intendo didascalicamente riferirmi alla capacità di ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse, apprendere rapidamente e dall’esperienza. E dunque, oggi quanto è intelligente il retail? Si parla di Big data e non c’è dubbio che la quantità di informazioni oggi disponibili sui nostri clienti sia davvero impressionante. Eppure da consumatori si ha spesso la sensazione che il retail non ci conosca e continui a farci proposte che non tengono conto delle nostre preferenze. Certo si dirà che questo challenge è più facile per gli eTailer. Tuttavia che un retailer “tradizionale” non sappia riconoscere un cliente in modo univoco nonostante i sempre più numerosi touchpoint dimostra, più che una lacuna tecnica, una lacuna culturale, forse solo in parte dipendente da una storica contrapposizione tra It e marketing. Se il cliente deve essere al centro delle strategie del retail (da quanti anni sentiamo ripeterlo?) il retail deve conoscerlo, anche abbattendo barriere di incomunicabilità e gelosie tra funzioni. All’interno di questo nuovo paradigma le carte fedeltà possono, devono, assurgere a un ruolo centrale attraverso i diversi touchpoint. Ancora una volta è Amazon a dimostrare come questa sia la strada vincente con la trasformazione di Amazon Prime nel programma loyalty di Whole Foods.

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