Intervista esclusiva a Massimo Potenza Ad di Barilla

Intervista di copertina – Barilla: bakery dall’Italia all’Eu, pasta da ingrediente a soluzione. Massimo Potenza parla dell'identità e responsabilità di un gruppo che ha rivisto la sua vision focalizzandola su idee e passione. (Da MARK UP 177)

Massimo Potenza è amministratore delegato di Barilla da più di un anno. Ha un background di finanza e controllo ma ha idee di strategia, di marketing e di prodotto nuove. MARK UP lo ha intervistato subito dopo la sanzione dell'Antitrust per una supposta creazione di cartello sui prezzi.

Dottor Potenza, partiamo dal valore delle marche che il gruppo ha in portafoglio. Come fate, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, a misurare la loro forza economica e di marketing?

È il nostro lavoro da sempre. Tutto sommato è semplice, anche in momenti di transizione come questo. Possiamo ricondurre la misurazione a una domanda: quanto il consumatore compra i prodotti di una marca e soprattutto quanto li riacquista? Mi rendo conto che la spiegazione può sembrare riduttiva rispetto a ciò che potrebbe dire un professore universitario, ma questo per me è quello che conta. Certo, si può ricorrere a strumenti più sofisticati quali la brand awareness, la brand experience, però...

Però?

Parliamoci chiaro: soprattutto in momenti come questi bisogna essere pragmatici e rifarci ai basic del nostro lavoro. Non le pare? Il successo della marca lo decretano gli acquirenti: inchiniamoci a questa semplice constatazione.

Cosa significa riacquista?

Significa quanto è legato a Barilla o a Mulino Bianco. Il valore della marca è dato cioè dalla fedeltà alla marca stessa.

Dalla risposta che dà vuol dire che il riacquisto delle vostre referenze va a gonfie vele?
Diciamo che le nostre marche ci stanno dando buone soddisfazioni, tengono bene in questo periodo di crisi.

Be', allora chiudiamo qui l'intervista.

Ma no, ma no... Stando ai luoghi comuni il settore alimentare è anticiclico, ovvero quando siamo in presenza di un'espansione generalizzata della domanda registriamo incrementi risibili rispetto, per esempio, ai prodotti tecnologici. Nei momenti di crisi, come questo, le nostre oscillazioni sono altrettanto risibili. Personalmente non credo al dualismo ciclico-anticiclico, credo invece nel saper fare bene il proprio lavoro. I risultati stanno dando ragione a molte scelte di lungo periodo che abbiamo compiuto negli anni scorsi e soprattutto negli ultimi mesi. Invece di rispondere tatticamente alla crisi...

A cosa pensa?

Alle promozioni spinte che si vedono tutti i giorni o alle dissennate politiche di prezzo adottate da alcuni.

Come ha fatto Barilla a resistere al canto delle sirene?

Con un portafoglio di marche forti, i prodotti di qualità venduti a un giusto prezzo e un patrimonio valoriale molto solido. Il consumatore acquista i nostri prodotti, le nostre marche, valutando prezzo, qualità ed esperienza offerte. Per noi è davvero una soddisfazione, professionale e umana. Produciamo prodotti di qualità e comunichiamo le nostre marche, ma anche i nostri valori: chi acquista ne è consapevole e ci premia.

Mi perdoni la domanda altrettanto basica: più Barilla o più Mulino Bianco?

In questa fase storica Mulino Bianco è avvantaggiato perché il ripensamento della marca e le conseguenti decisioni implementate sono iniziate cinque anni fa. Pertanto sta reagendo bene alla crisi.

Mentre pasta Barilla?

Ha qualche difficoltà in più. I costi delle materie prime, le decisioni conseguenti sui prezzi, il contesto competitivo sia orizzontale sia verticale rendono la situazione diversa da quella della bakery. Dobbiamo capire bene come sarà il mercato quando la crisi sarà finita. Dobbiamo capire con chi e come ci confronteremo, visto che non ci sono e non ci saranno più, probabilmente, gli stessi competitori, gli stessi prezzi, perfino gli stessi prodotti. Per non parlare della forte competizione delle private label, che offrono prezzi molto diversi rispetto al passato. Che dire poi delle promozioni che stanno ricominciando ad aumentare?

La devo interrompere. Se lei fosse a capo di una catena di distribuzione, userebbe la leva promozionale in questo modo?

No di certo. È una risposta per me facile, ma non voglio mettermi nei panni di nessuno. Torniamo invece al problema del valore. Noi crediamo che il valore non vada mai confuso con il prezzo. I tagli prezzo sono una strada facile e una spirale senza ritorno. È difficilissimo rinunciare alla controcifra dell'anno precedente senza rinunciare ai volumi. Oggi tutti sono ossessionati dai prezzi ma, nel farlo, stanno venendo meno a uno dei cardini dell'impresa: produrre ricchezza, un obiettivo profondamente diverso dal produrre profitto. Credo sia necessario fermarsi e ripensare a come produrre ricchezza sia per l'azienda sia per la società.

Rimaniamo ancora sul trade: la marginalità è in pericolo?

Il discorso si complica ma preferirei non occuparmi di questioni che devono essere valutate da una prospettiva non sempre completamente disponibile per un produttore.

Lo faccia.

Il trade ha di fronte diverse possibilità. Può recuperare marginalità a monte, lungo tutta la filiera, oppure a valle, nel prezzo finale. Può rendere più efficienti le sue strutture e i suoi processi, o eliminare alcuni costi di filiera. Ma occorre farlo mantenendo stabili e buone relazioni con tutti i suoi interlocutori. Mi sembra però che, a parte poche eccezioni, a oggi manchi la volontà di guardare oltre il prezzo e la promozione.

Ritorniamo allora al problema della creazione di valore. Come si fa a ritornare su questa strada dopo anni di sconti?

Con le idee. Il valore, la ricchezza si creano con nuove idee e con il coraggio. Manca spesso un disegno di lungo periodo, un tracciato, entro cui collocare le idee e svilupparle. In questo momento in cui tutti sono occupati a chiudere il trimestre, il mese, c'è sempre meno attitudine a pensare e a fare cose durature. Che non significa fare un piano pluriennale, ormai tecnicamente impossibile, ma riprendere strumenti, idee, disciplina, che si ritengono spesso superate, riattualizzandole e sapendo esattamente dove si vuole andare.

Ne elenchi alcuni.

Lo scorso anno abbiamo ripensato, attualizzandola, la nostra mission, ovvero chi siamo e dove vogliamo andare. Non l'abbiamo cambiata, l'abbiamo rifocalizzata e riportata al centro della nostra attenzione. Abbiamo dichiarato nuovamente la nostra identità, assumendoci le nostre responsabilità, diffondendola ai nostri stakeholder. Abbiamo definito un nutritional manifesto e declinato il profilo di leadership che vogliamo i nostri manager sviluppino.

Come nell'ultimo film istituzionale?

Sì. L'ultimo film è parte del processo di cambiamento in atto. Avere una mission e una vision chiare è un esercizio utile che ha accresciuto stimoli e motivazione in tutte le nostre persone nonostante il momento particolarmente turbolento.

Posso dire, forzando il suo ragionamento, che avete tenuto il timone fermo e al centro?
Assolutamente sì, con grandissima tranquillità, nonostante alcune decisioni importanti che abbiamo dovuto prendere.

Quali?

Gestire l'aumento dei costi e il conseguente aumento dei prezzi. Le relazioni con i distributori nostri partner, il dialogo con loro anche se non condividiamo alcune loro iniziative. Mantenendo la tranquillità anche quando si è accusati, pur ritenendosi assolutamente estranei ai fatti contestati, e vedendo che taluna stampa ci ha dipinto in modo non veritiero...

Dottor Potenza, vi ha fatto più male la multa dell'Antitrust o gli articoli dei giornali?

Né l'una, né gli altri. Sapevamo bene di non aver commesso nulla, se non delle ingenuità. È stata riportata la notizia da alcuni, più sottolineata e colorita da altri. Ma non abbiamo registrato un accanimento nei nostri confronti. Fa parte del gioco mediatico e ne abbiamo preso atto.

Non ha inciso nemmeno la multa? Era pesante se non sbaglio.

È una multa salata ma non ci metterà in crisi. Cosa avremmo dovuto fare del resto? Abbiamo dovuto, come ha detto lei, mantenere il timone al centro ben sapendo di essere estranei ai fatti che ci venivano contestati. Questo sì che ci ha fatto male! Abbiamo commesso, come ho ricordato, alcune ingenuità, ma di certo non abbiamo costituito un cartello.

Ingenuità cosa vuol dire?

Abbiamo dovuto gestire uno straordinario stato di crisi sul costo non “di una” materia prima, ma “della materia prima” principe con cui si fa la pasta, a cui si andava associando l'aumento anche di altri fattori di produzione, a livelli tali da rischiare di compromettere l'esistenza stessa delle imprese pastarie. In questo contesto è normale che le aziende si incontrino in sede associativa per confrontarsi, per scambiarsi informazioni, sullo scenario di crisi generatosi, nella misura necessaria per non prendere drastiche decisioni di riduzione dell'occupazione, o addirittura di chiusura. Ma, contrariamente al punto di vista espresso dall'Autorità, le informazioni erano di carattere “storico”, non prospettico, non ci fu accordo su aumenti di prezzo: del resto i prezzi di sell-in dei singoli pastifici furono dagli stessi decisi e comunicati alla distribuzione in modo autonomo, in tempi e per quantità diversi… mi chiedo dove stia il cartello!

Perché non potevate fare un cartello?

Perché il nostro mercato è fatto di decine e decine di produttori, per la stragrande maggioranza relativamente piccoli. Anche se avessimo voluto, come potevamo sintonizzarli tutti? Non c'era interesse di nessuno in tal senso, tantomeno per Barilla.

Avete fatto ricorso?

Sì.

Mi scusi l'impudenza. Non dovevate comunicare al consumatore quanto stava avvenendo sul fronte della speculazione delle materie prime e spiegare l'inevitabilità dell'aumento dei prezzi della pasta? Il giudizio di MARK UP è che questo sia stato l'errore vero e proprio.

I pastai lo hanno fatto attraverso l'associazione, che ha rilasciato interviste alla stampa; ma le interviste hanno sortito l'effetto infausto di scatenare l'indagine: erano rivolte invece a far capire ai consumatori l'inevitabilità di aumenti generalizzati a causa dell'incontrollabile e vertiginoso aumento delle materie prime, e sono invece state fraintese al punto da considerarle… una prova dell'esistenza di un cartello!
Comunque potevamo farlo, certo, ma saremmo dovuti essere per forza di cose generici.

Perché?

Perché la formazione del prezzo di vendita è frutto di numerosi fattori, dei quali solo alcuni determinati dal produttore.

Ma l'Antitrust avrebbe così dovuto tenerne conto, non crede?

L'Antitrust si è attenuta alle norme di legge, sostenendo che le aziende pastaie, compresa Barilla, si sarebbero messe d'accordo formando un cartello. Ma non è andata così. Forse avremmo potuto fare una comunicazione diversa, più puntuale ai consumatori. Eravamo confidenti, durante tutto il 2007, di poter contenere i prezzi. Ma è andata diversamente. Pensavamo che l'aumento dei costi fosse temporaneo e che rientrasse gradualmente. Invece…

Invece?

Invece c'è stato un aumento repentino delle materie prime, anzi un raddoppio, e non abbiamo potuto mantenere più i prezzi di un tempo. Comunque abbiamo imparato anche da questa lezione e stiamo cambiando le relazioni fra l'azienda e gli stakeholder. In futuro aumenteremo l'informazione oltre che il dialogo con gli stessi.

Come sarà, allora, il futuro di Barilla?

Stiamo lavorando a nuove strategie. Stiamo superando due punti fermi che negli ultimi decenni hanno contrassegnato le nostre scelte.

Quali?

Mulino Bianco come gioiello della bakery italiana da una parte e dall'altra la leadership mondiale della pasta Barilla. Hanno guidato le strategie dell'azienda per anni. Ma queste strategie dovevano evolversi.
Abbiamo cominciato a pensare al futuro in un modo diverso. La strada da percorrere è chiara: il marchio Barilla è molto forte e rappresenta l'italianità nel cibo e non solo. Ha la possibilità di ospitare prodotti complementari e può andare anche oltre.
Dobbiamo considerare pasta e sughi insieme come piatto completo, qualcosa di più della semplice pasta, un caposaldo della dieta mediterranea di cui siamo stati e saremo diffusori e difensori. Nella bakery siamo stati i primi a parlare di prima colazione all'italiana, un altro concetto che riprenderemo e cercheremo di diffondere il più possibile.

I mercati come sono divisi?

In Europa abbiamo due piattaforme commerciali importanti: Francia e paesi nordici. Abbiamo inoltre alcune criticità da superare in Spagna, Germania e Russia. L'obiettivo che ci diamo per i prossimi tre-cinque anni è di espandere il business della bakery in Europa. Le nostre strategie sono semplici: diverse per i due business su piattaforme di paesi comuni.

Insomma, due velocità e due strategie diverse.

Sì. Nella pasta/meal solution ci sarà un brand mondiale, un unico modello con nuove categorie. Nella bakery, invece, ci saranno più brand che dovranno tenere conto di gusti differenti a seconda del paese e dei target: Mulino Bianco e Harry's come marche trasversali per tutti i target, Wasa nel comparto salutistico, Alixir quale marchio di prodotti funzionali vicino al settore nutraceutico, settore oggi in espansione.

Dottor Potenza, perdoni la domanda. Perché con Alixir siete partiti dal mass market anziché dalla farmacia?

Per due motivi. Il primo è che non conoscevamo il canale farmacia. Avremmo dovuto appoggiarci a un distributore specializzato che non ci avrebbe consentito di esplorare alcune situazioni. Non potevamo rinunciare alla fase di learning e regalandola ad altri. In questo momento stiamo facendo un test in farmacia: il risultato è che le rotazioni che registriamo in questo canale sono identiche a quelle che avvengono nella Gda.

È una sorpresa?

Sì. Anche perché le rotazioni nella distribuzione associata sono sottodimensionate rispetto alle aspettative. O meglio: i prodotti stanno ruotando ai livelli che avevamo stimato nelle piccole-medie superfici, ma meno negli ipermercati.

Come mai?

È quasi una banalità dirlo: cercare un prodotto, una marca nuova in un ipermercato è un'avventura. È più semplice, invece, in una superficie medio-piccola.

Chi è Massimo Potenza

Nato a Bari nel 1960, si laurea nel 1983 in Economia aziendale. Ufficiale della Guardia di Finanza negli anni 1983-1984, frequenta un master in Terziario avanzato (1984-1985).
Entra in Barilla nel maggio del 1985 dove, dopo differenti esperienze e responsabilità in ambito finanza e controllo, viene nominato direttore generale Business Unit Bakery nel 2003 e amministratore delegato nel 2008. Sposato, con una figlia, è appassionato di musica.

La vision e la mission rifocalizzate

“Aiutiamo le persone a vivere meglio, portando ogni giorno nella loro vita il benessere e la gioia del mangiar bene”

Come si declina la mission:


dal 1877, Barilla è l'azienda alimentare, italiana e familiare che interpreta l'alimentazione come un momento conviviale di gioia, ricco di gusto, affetto e condivisione;


Barilla propone una offerta di qualità fatta di prodotti gustosi e sicuri;


Barilla crede che la cucina italiana rappresenti un modello alimentare ideale grazie alla combinazione di ingredienti di qualità superiore e di ricette semplici che regalano esperienze uniche ai cinque sensi;


Il senso di appartenenza, il coraggio e la curiosità intellettuale ispirano il nostro modo di essere e identificano le persone con le quali lavoriamo;


Barilla riconosce che la sua crescita durevole ed economicamente sostenibile è possibile se gli obiettivi aziendali e quelli generali della società sono indissolubilmente legati.

L'impegno sui grandi temi della nutrizione

Un centro di analisi e raccomandazione sui grandi temi mondiali della nutrizione e alimentazione. È stato inaugurato a metà marzo a Milano il “Barilla Center For Food & Nutrition”. Un centro di analisi e raccomandazione guidato da un advisory con Umberto Veronesi (oncologo), Gabriele Riccardi (endocrinologo), Joseph Sassoon (sociologo), Mario Monti (economista), Barbara Buchner (esperta di ambiente) e Camillo Ricordi (immunologo). La sua azione si sviluppa su quattro aree tematiche: food per tutti, per la sostenibilità, per la salute, per la cultura. È una sovrastruttura di marca invidiabile.

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